L’era che si è conclusa del ministro Gelmini lascia molte macerie nel nostro sistema di istruzione. Ci vorrà tempo per ricostruire e non sarà sicuramente possibile iniziare a farlo in questa fase di transizione e di emergenza che si sta aprendo.
In questa fase è augurabile e sicuramente possibile che sia posto termine al metodo degli abusi e delle sopraffazioni che i nostri precedenti governanti hanno adottato incessantemente e senza alcuno scrupolo nell’attività legislativa e soprattutto nelle sua gestione amministrativa.
Una legislazione spesso realizzata sul filo e oltre la correttezza costituzionale, condotta incessantemente con gli strumenti del Decreto legge e del voto di fiducia e una gestione amministrativa nella quale le norme che presiedono al suo esercizio sono state ripetutamente violate.
Tutto ciò è avvenuto sulla base del principio autoritario tipico del populismo berlusconiano secondo il quale “alla maggioranza può essere consentito tutto”. Ci saranno altre occasioni per ripercorrere compiutamente il percorso e la natura di queste violazioni a partire dal piano programmatico fantasma e dai regolamenti inesistenti che hanno consentito di emanare circolari che hanno distrutto decine di migliaia di posti prima che i decreti che prevedevano la riduzione degli organici fossero entrati in vigore.
In questa nota mi voglio soffermare su due vicende di tipo giuridico e amministrativo che si sono verificate in questo ultimo periodo con caratteri di totale assenza di trasparenza e con tentativi di varia provenienza di occultare e di impedire la conoscenza dei dati di fondo che li caratterizzavano. Si tratta della vicenda della cancellazione, ai fini della carriera economica del personale docente e ATA, delle tre annualità 2010-2011-2012 e della vicenda degli esuberi di personale docente conseguenti alla cosiddetta riforma.
Con la manovra attuata con il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, si è prevista la cancellazione permanente di tre anni (2010-2011-2012) della carriera del personale docente e ATA (articolo 9, comma 23), e si è contestualmente stabilità la possibilità della retribuzione degli scatti maturati dal medesimo personale nello stesso periodo a valere su parte delle risorse destinate alla valorizzazione del merito, secondo quanto stabilito all’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008.
Come previsto dalla relazione tecnica al detto decreto-legge, tale scelta avrebbe comportato un grave danno economico per la categoria dei dipendenti del comparto scuola, pari ad un risparmio della spesa pubblica stimata in 18,72 miliardi di euro al 2047.
Quello che si è voluto assurdamente nascondere, nessun giornale economico e nessun quotidiano nazionale ne ha parlato sino ad oggi, é un fatto evidente in tutti i documenti legislativi e di programmazione approvati dal Parlamento Si è voluto in ogni modo nascondere all’opinione pubblica, e soprattutto al milione di dipendenti direttamente coinvolti, che la previsione di retribuire gli scatti maturati nel triennio 2010-2011-2012, per un ammontare rispettivamente di 410, 664 e 956 milioni di euro (qualora tali risorse derivanti dal taglio degli organici fossero state confermate nei rispettivi bilanci annuali), non aveva comunque modificato gli effetti economici e giuridici di cui al comma 23 dell’articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, e cioè la cancellazione nella successiva carriera economica della validità di quelle tre annualità.
Tale circostanza aveva trovato conferma nella decisione di finanza pubblica 2011-2013, ove tali tagli erano stati indicati, alla tabella 2.10, rispettivamente in 320, 640, 960 milioni di euro, come componenti del saldo primario.
Analogamente, tale decisione risultava confermata nel documento di programmazione economica e finanziaria 2011, e segnatamente alla tavola VI.I della Sezione I ove erano indicati riduzioni di spesa per 418 milioni di cui 320 riferibili alla scuola nel 2011, 812 milioni di cui 640 per la scuola nel 2012 e 1.124 milioni di cui 960 per la scuola nel 2013.
Il Ministero dell’economia e delle finanze, con la circolare n. 12, emanata ad aprile 2011 e resa nota nel giugno successivo ha interpretato il decreto-legge n. 78 del 2010 confermando che: «L’articolo 9, comma 23, primo periodo, stabilisce che per il personale docente, amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) della Scuola gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle disposizioni contrattuali vigenti. Ferma restando la non utilità ai fini della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici dell’intero triennio 2010-2011-2012, si evidenzia comunque la possibilità di intervenire sugli effetti della norma in esame ai sensi del combinato disposto di cui all’articolo 8, comma 14, e all’articolo 9, commi 1 e 23, ultimo periodo, del decreto legge in esame, come modificato in sede di conversione».
La relazione della Corte dei Conti, che accompagna il rendiconto 2010 del bilancio del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ha rilevato, cogliendo di sorpresa lo stesso Ministero oltre che le organizzazioni sindacali, che vi è «indisponibilità di risorse da destinare al recupero dell’utilità dell’anno 2011, ai fini della maturazione delle posizioni di carriera e stipendiali del personale del comparto scuola».
Si tratta di ben 664 milioni di euro che dopo le riduzioni apportate in sede di legge di assestamento non risulterebbero in gran parte più disponibili nel bilancio 2011, ciò a causa della norma di salvaguardia che opera in conseguenza del mancato raggiungimento nel bilancio 2010 degli obiettivi di riduzione della spesa previsti dall’articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008; l’articolo 16, lettera b).La relazione tecnica di tale articolo prevedeva per i tre anni in questione un fondo di 410.543.412; 664.088.565 e 956.686.979 euro. Quello che si è voluto occultare è il fatto che tali risorse figurano fra i tagli apportati strutturalmente al Bilancio e la loro ricollocazione nel capitolo 1298 era destinata alla finalità di erogare dei premi per il personale. L’utilizzazione di questi fondi per garantire il pagamento degli scatti non avrebbe fatto venire meno la riduzione della spesa di bilancio dovuta per il taglio dei medesimi scatti. In definitiva il Bilancio del MIUR risulta decurtato per gli anni in questione delle cifre sopraindicate e gli scatti sarebbero stati retribuiti con le risorse accantonate nel capitolo 1298, qualora confermate in sede di verifica dei risultati conseguenti ai tagli.
Si deve inoltre ricordare che nell’anno scolastico 2010-2011, utilizzando i 320 milioni dei fondi immessi nel bilancio 2010 (Missione fondi da ripartire capitolo 1298), si è provveduto con D.I. n. 3 del 14 gennaio 2011 a garantire il pagamento degli scatti maturati con l’anno 2010:
Per il 2011 la Corte dei Conti, su evidente segnalazione Ministeriale, individuava una riduzione della previsione dei 640 milioni dello stanziamento inserito nel bilancio 2011 al capitolo 1298 della missione “Fondi da ripartire” dovuta al mancato raggiungimento delle riduzioni di organico previste e alle nomine effettuate sull’organico di fatto per i docenti di sostegno nominati in seguito alla sentenza della Corse Costituzionale su tale questione.
La vicenda del blocco degli scatti retributivi, che riguarda, con annualità diverse ma con modalità analoghe che escludono peraltro ogni retribuzione compensativa, anche il personale docente dell’Università, ha avuto uno sviluppo con il decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni dalla legge n. 111 del 2011.
Questo provvedimento ha stabilito la proroga fino al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni previste dalle disposizioni medesime; tale previsione ha determinato nella scuola una proroga, senza una copertura finanziaria analoga a quella individuata per l’articolo 9, il comma 23, del decreto-legge n. 78 del 2010, del blocco degli scatti retributivi che saranno maturati negli anni 2013 e 2014.
Questa misura, insieme alle altre previste all’art.16 del DL 98/11 e in parte confluite nella legge di stabilità 2012, potrà essere attuata da un apposito regolamento di delegificazione che rappresenta una delle prime grane per il nuovo esecutivo. Di pozzi avvelenati come questo il Ministro Tremonti ne ha disseminati parecchi.
Un altro pozzo avvelenato nel settore scolastico è rappresentato dal fenomeno dei 10.000 docenti di ruolo perdenti posto (definiti nel gergo burocratico-amministrativo “esuberi”) in seguito alle dissennate riduzioni di organico soggiacenti alla sedicente riforma Gelmini.
Poiché non esistono dati ufficiali su questa materia, come in quasi tutte quelle altre che consentirebbero una lettura trasparente di quello che è avvenuto nel sistema scolastico italiano in questi tre ultimi anni scolastici, si può tentare di effettuare un’analisi del fenomeno e del suo intrecciarsi col recente avvio del piano di nomine a tempo indeterminato.
Per i docenti all’inizio dell’anno scolastico 2011-12 avrebbero dovuto essere vacanti 31.486 posti, gli esuberi avrebbero dovuto essere 10.014 (di cui 1.904 nella scuola primaria;1.243 nella scuola secondaria di I°; 6.902 nella scuola secondaria di II°) e le nomine a tempo indeterminato da effettuare 21.472.
Per gli ATA i posti vacanti 42.035 gli esuberi 149 e le nomine 41.886
A seguito della sessione contrattuale del 19 luglio 2011, realizzata per dare attuazione al piano triennale previsto dall’art. 9 del Decreto legge 70/11 riguardante la nomina del personale precario della scuola, è stato emanato il Decreto interministeriale 3 agosto 2011 che disponeva per l’anno scolastico 2011-2012 l’assunzione di 30.300 unità di personale educativo e docente, di cui 10.000 a completamento della richiesta di assunzioni effettuata per l’anno scolastico 2010-11, e di 36.000 unità di personale ATA.
A testimonianza di uno stile che ha caratterizzato tutta la gestione di questo ministro, il cui Direttore generale per la Comunicazione ignorava che è un preciso obbligo posto dalla legge, che regola la gestione del piano statistico nazionale, rendere pubblici divulgare tutti i dati che caratterizzano l’evoluzione del sistema, di tutta questa partita delle nomine non se ne saputo niente di ufficiale finora.
Pertanto si ignora quante siano state, delle 30.300 e delle 36.000 annunciate rispettivamente per Docenti e ATA le nomine effettuate e in particolare:
quante quelle complessivamente effettuate a tempo indeterminato per i docenti, gli educatori, e per gli ATA
quanti dei suddetti posti siano stati accantonati per il personale docente in esubero;
quanti siano stati accantonati per il personale dichiarato inidoneo e destinato all’inquadramento di ruoli del personale ATA;
quanti posti ATA siano stati accantonati per i concorsi interni;
quanti dei sopraindicati posti disponibili non siano stati complessivamente utilizzati per le nomine a tempo indeterminato del personale precario.
Anche partendo dal dato, reso noto dal MIUR, che per i docenti inidonei sarebbero stati accantonati 1.293 posti, che per consentire la mobilità professionale degli ATA era stato previsto l’impiego di 3.185 posti e che per le nomine nei concorsi ATA erano stati accantonati altri 4.393 posti, oggi non è dato conoscere quanti precari siano stati effettivamente nominati per l’anno in corso.
Ma il fenomeno degli esuberi del personale docente oggi drammaticamente oggetto delle misure sulla mobilità stabilite dalla legge di stabilità merita un approfondimento specifico.
Oggi ci si deve interrogare come sia stato possibile che con un operazione che aveva l’obiettivo di eliminare in tre anni scolastici 87mila posti di docente e 45mila di ATA al fine , si diceva, di sradicare il fenomeno del precariato, e di risparmiare circa 8 miliardi della spesa pubblica si sia ottenuto il risultato di avere in servizio 10.000 docenti di ruolo privati del loro posto e 115 mila unità docenti precari pari al 14,9% del totale, dato questo percentualmente identico a quello registrato nell’anno scolastico 2005-06.
Il fenomeno degli esuberi nella docenza è da ricondursi unicamente alla pedestre “non riforma gelminiana” fatta unicamente con la realizzazione di tagli lineari indifferenziati nel territorio e nei diversi ordini scolastici. Dei diecimila docenti, di cui nessun giornale si è finora occupato, si è dianzi visto che 1.904 sono insegnanti della scuola primaria;1.243 della scuola secondaria di I°;e ben 6.902 nella scuola secondaria di II°. Di questi ultimi circa 3.400 sono insegnanti tecnico pratici dell’istruzione tecnica e professionale che hanno perso il posto perché la riforma epocale di questo tipo di istituzioni, cosi care al Prof Prodi e oggi destinate, in assenza di una netta inversione di marcia, ad un rapido declino, non prevede più la centralità dell’uso dei laboratori!
Dal prossimo anno scolastico 2500 di costoro rischiano prima due anni di cassa integrazione a metà stipendio e poi il licenziamento. In alternativa alla “Marchionne” è stato loro già proposto di andare a fare gli aiutanti tecnici!
da ScuolaOggi 14.11.11