Una delle cose che il paese, e l’Europa, si aspettano dalla nuova fase politica che si sta aprendo in Italia è che il racconto della verità si sostituisca alle cortine fumogene copiosamente sparse al vento dal marketing di stile berlusconiano. Non sarà facile. Ancora in queste ore le litanie propagandistiche di tanti (quasi ex) ministri del governo dimissionario riempiono stampa e televisione. Una su tutte: che erlusconi e Tremonti stiano lasciando in eredità un bilancio pubblico già programmato per il pareggio nel 2013.
Non è vero. D’altra parte, se fosse vero non si capirebbe perché fin dall’inizio di luglio, appena letto il testo del primo
decreto-manovra, gli analisti europei e internazionali abbiano lanciato l’allarme sul fatto che l’Italia non stesse mantenendo gli impegni. E infatti quella manovra cifrava molto meno di quanto promesso nei documenti di programmazione concordati con l’Europa ad aprile (25 miliardi contro 42). Il problema, purtroppo, è restato tutto intero anche dopo le numerose manovre e correzioni di luglio e di agosto. È vero che il complesso della manovra è stato portato alle mirabolanti cifre di 54 e 59 miliardi nel 2013 e 2014, e cioè le cifre citate con sicumera dai (quasi ex) ministri quando pontificano che il governo uscente ha pienamente corrisposto ai suoi «compiti» europei (ma allora perché da tutta Europa, e dal resto del mondo, si è levata un anime una sola voce corale: andatevene!). Peccato che una parte consistente di quella cifra globale sia solo scritta sulla carta (sulla sabbia?) e ancora da reperire con misure concrete. Si tratta delle entrate legate alla delega fiscale e assistenziale, cifrate in 4, 16 e 20 miliardi rispettivamente nel 2012, 2013 e 2014.
Come si fa a tirare fuori venti miliardi dalla delega fiscale e assistenziale? La delega dice che bisogna tassare di più le cose e di meno le persone, a parità di gettito complessivo. Da qui allora non esce niente. Dalla spesa assistenziale, che in Italia vale circa 50 miliardi, è impossibile tirarne fuori venti, al massimo qualcosa in termini di efficienza.
Restano una «clausola di salvaguardia»: se entro settembre 2012 la delega non avrà partorito il gettito programmato, allora sarà il ministro dell’Economia a provvedere con suoi decreti riducendo le agevolazioni fiscali esistenti, anche con tagli lineari, e/o aumentando Iva e accise. Ridurre le agevolazioni fiscali esistenti con tagli lineari significherebbe aumentare drammaticamente l’Irpef per i redditi bassi e medio bassi, che sono quelli beneficiati dalle più importanti detrazioni (per lavoro, carichi familiari, spese sanitarie, ecc.). L’Iva e le accise sono già state aumentate fra luglio e agosto. Insomma: altro che pareggio di bilancio programmato per il 2013! La polpetta avvelenata che Berlusconi e Tremonti lasciano in eredità al nuovo governo è proprio questa. Per scalare la montagna del debito occorrerà partire non da zero, ma da meno venti. Cari (quasi ex) ministri Brunetta, Gelmini, Sacconi e compagnia: per favore, tacete e risparmiateci, almeno per un po’, la vostra arroganza propagandistica. Tanto, come dovreste aver capito, l’Europa non si abbindola con il marketing. E a voi ormai non crede più nessuno.
L’Unità 12.11.11