Il fantasioso ministro Renato Brunetta l’altra sera a «Porta a Porta» ha sostenuto, con la sua incontenibile veemenza, che il governo di unità nazionale non s’ha da fare perché quel tipo di governi ha prodotto nel nostro Paese un aumento enorme del debito pubblico. Uno pensa che l’Italia abbia avuto chissà quanti governi di unità nazionale e per tempi così lunghi da riuscire a rovinare i conti dello Stato. Ma, come è noto, di esecutivi così ce ne sono stati quattro: uno dopo la guerra (1945-1947), uno nel periodo del terrorismo (1976-1979), uno durante la
bufera di tangentopoli (1993-1994) e l’ultimo dopo la crisi del primo Berlusconi (1995-1996) . Solo sette anni su sessantasei di vita repubblicana. In quei periodi, come è facile desumere dai dati ufficiali, il debito pubblico fu tenuto sotto controllo e anzi, prima Ciampi e poi Dini realizzarono, con il patto sociale, importanti riforme strutturali che consentirono risanamento nei conti. Il debito prese a volare, invece, nel decennio dei governi pentapartito tra gli anni ’80 e ’90 quando grazie a Craxi, Andreotti e Forlani si fece un uso disinvolto della spesa. La conclusione è che la tesi di Brunetta non sta in piedi per difetto di materia prima. Ps. Dimenticavamo di ricordare che il professore, come recita la sua biografia ufficiale, negli anni ’80 e ’90 ha collaborato in «qualità di consigliere economico con i governi Craxi, Amato e
Ciampi». Il leader socialista fu capo del governo e alleato stabile di altri premier della Dc nel periodo di esplosione del debito pubblico che infatti passò, tra l’80 e il ‘92, dal
57,7% al 107,7% in rapporto al Pil. Che dire? L’allora
consigliere evidentemente non ha consigliato bene.
L’Unità 09.11.11