«Nel ´94 è finita la Prima Repubblica, ora finisce la Seconda». La melanconia con cui Berlusconi nell´ultimo vertice del Pdl ha dato il via libera alla candidatura di Monti è forse condita da un eccesso di solennità.
Ma dà bene il senso del passaggio che si è consumato nel giro di 12 ore. L´idea che non solo la stagione politica del Cavaliere è finita ma anche quella del berlusconismo è racchiusa in quella frase. E infatti le conseguenze politiche che derivano dalla nascita di un esecutivo guidato da un “esterno” vanno bel al di là di una semplice e ordinaria successione a Palazzo Chigi. Si chiude un ciclo che, però, apre una serie di questioni dentro e fuori gli schieramenti.
Basti pensare all´esplosione che sta subendo il Popolo delle libertà. Il principale partito italiano sembra deflagrare in mille correnti e gruppi di potere proprio come accadde 17 anni fa con la Dc e il Psi. Una miriade di corpuscoli alla ricerca di un nuovo agglomerato e attratti dal Terzo polo di Casini. Non solo. Nel campo del centrodestra la Lega deve fare i conti con una novità assoluta: la rottura dell´asse tra Bossi e il premier uscente. Dopo più di dieci anni si ritrova a navigare in solitaria e con i sondaggi che indicano un costante declino per il Carroccio. Non è un caso che tra le ultime garanzie reclamate da Bossi ci sia quella di liberare la presidenza della Regione Lombardia trasferendo Formigoni nel nuovo gabinetto («Lui è contento – ha ripetuto ieri il Senatur al premier – e Maroni può andare al Pirellone»). Come se i leghisti volessero rinchiudersi nel fortino lombardo per allontanare i rischi del crollo definitivo.
Nelle trattative per uscire di scena, anche il presidente del consiglio chiede assicurazioni. Sulle sue aziende e sulla giustizia. Del primo punto ha parlato con Fedele Confalonieri, del secondo ha discusso con Gianni Letta chiedendogli di rimanere nel nuovo gabinetto sponsorizzando anche la conferma di Nitto Palma. Mentre si volta pagina, dunque, tutti sembrano chiedere dei bonus per il futuro. Anche il centrosinistra. Che con la prosecuzione della legislatura ha rinunciato ad una probabile vittoria elettorale e ha accettato una fase in cui gli attuali equilibri interni verranno rimessi completamente in discussione. A cominciare dalla pole position di Bersani per la futura premiership.
In questo quadro l´accelerazione dei tempi per le dimissioni di Berlusconi e l´approdo a Palazzo Chigi di Monti è stata segnata dallo shock che si è abbattuto sui nostri titoli pubblici e sulla borsa. Una scossa senza precedenti che ci ha sospinto verso il baratro. Il presidente della Repubblica Napolitano è dovuto intervenire due volte per spiegare ai mercati – copiloti determinanti di questa crisi politica – che le dimissioni del governo erano scontate. I tempi di approvazione della Legge di Stabilità e del probabile nuovo governo sono così dettati dall´agenda europea e dalla quotazione dei Btp. Il Quirinale vuole infatti chiudere la partita entro lunedì prossimo per presentare Monti alla riapertura dei mercati. Ma sulla compagine governativa che la prossima settimana si sottoporrà all´esame del Parlamento e dell´Euro, pesa un altro fattore: il tempo di durata. Molti – a cominciare da diversi esponenti democratici – non credono che una maggioranza con Pdl e Pd possa durare fino alla fine della legislatura. E qualcuno – come gli ex An, Alfano e Bersani – potrebbero essere interessati ad una stagione di breve durata per tornare al voto alla fine della prossima primavera (a giugno). Nella speranza di aver messo una toppa al cratere che si era aperto nella credibilità internazionale dell´Italia, senza però perdere le attuali posizioni di vantaggio. Anche perché un esecutivo in carica fino al 2013 comporterebbe lo svolgimento del referendum elettorale o la definizione di una riforma del sistema di voto. Una vera spina per Monti e un´ipotesi che terrorizza trasversalmente quasi tutti i partiti.
La Repubblica 10.11.11