Maggioranza e governo nella commissione Bilancio del Senato hanno bocciato l’emendamento presentato dai senatori del Pd Lusi e Vita con i quali si restituivano al Fondo per l’editoria i 75 milioni di euro tagliati questa estate. L’emendamento si poneva l’obiettivo di garantire le risorse necessarie per assicurare l’esistenza a quel centinaio di quelle testate non profit, cooperative, di partito e di idee che non rispondono alle logiche del mercato e che rischiano seriamente di chiudere alla fine dell’anno. Sollecitato dai direttori di queste testate il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nei giorni scorsi aveva lanciato un appello al governo e alle forze politiche affinché venisse tutelato il pluralismo nel nostro paese. Aveva auspicato che, in un quadro di forte rigore nei criteri di assegnazione del finanziamento pubblico, fossero garantita l’esistenza a realtà editoriale significative per la storia sociale e politica del nostro paese. A rischio sono testate come il Manifesto, Avvenire, Europa, l’Unità, il Secolo d’Italia, il Riformista, sino a Salvagente, a Rassegna sindacale, ai settimanali diocesani, che danno voce all’Italia dei «territori». L’appello del Colle non è stato ascoltato. Almeno per ora. E forse neanche per una determinazione politica, ma per la confusione che regna nella maggioranza e nello stesso governo in queste ore. Mal’atto di grave irresponsabilità resta. Lo ha sottolineato in una nota il «Comitato per la libertà e il diritto all’informazione», la sigla che raccoglie tutti i soggetti dalla Fnsi alla Cgil a Mediacoop e Confcoopeartive, alla Federazione dei settimanali cattolici e l’Associazione articolo 21. «Il Presidente della Repubblica – commenta – aveva rivolto nei giorni scorsi un appello a ripristinare i fondi per l’editoria e per tutta risposta oggi al Senato, Governo e maggioranza, in commissione Bilancio di Palazzo Madama, hanno bocciatounemendamentoche si proponeva di reintegrare i 75 milioni di euro tagliati nella manovra di agosto. Unavera e propria vergogna, un atto che si connota come un attacco al pluralismo e alla libertà di stampa ». Il Comitato annuncia «nuove iniziative in sede regionale e nazionale » perché correggere la scelta. L’effetto di questa bocciatura sarebbe devastante per oltre cento testate e metterebbe a rischio quattromila posti di lavoro tra giornalisti, poligrafici e indotto. Si lavorerà per sensibilizzare i parlamentari e far passare gli altri emendamenti presentati al disegno di legge di stabilità. «È assolutamente vergognoso quello che è successo al Senato. Rappresenta un altro colpo durissimo e antidemocratico all’informazione libera» commenta Fulvio Fammoni (Cgil) che aggiunge «Questa maggioranza di un governo che ormai ha fatto la sua storia non tollera l’espressione del libero pensiero e impone i tagli all’editoria come grimaldello per chiudere giornali e testate scomode». «Questo governo – conclude Fammoni – è intollerante all’informazione democratica e anche per questo deve andare a casa al più presto». Ora, in un quadro segnato dall’incertezza, si attende il «maxi emendamento» del governo alla legge di stabilità, che sostituirà il decreto per lo sviluppo. Vi sono altri emendamenti «trasversali» a difesa dell’editoria no-profit. I giochi non sono ancora completamente chiusi.
L’Unità 09.11.11