Trascrivere intercettazioni e atti processuali coperti da segreto istruttorio. Farlo per 5 euro l’ora. Rischiando di essere perseguiti per un errore, minacciati da imputati, indagati e intercettati, senza garanzie e rispetto dei contratti. Il caporalato elettronico, quello del XXI secolo ha (anche) la faccia di Rosaria. Come lei, mille e duecento persone, in gran parte ragazzi lavorano (o lavoravano) ogni giorno nei tribunali o da casa usando una password per entrare nel portale. Fanno parte di 400 gruppi d’appalto e sono inquadrati come metalmeccanici o lavoratori per servizi privati. «Sono un tecnico del suono – racconta Rosaria, 38 anni – inquadrata come metalmeccanico. Siamo personale con corsi e qualifiche certificate richieste, tanto che per aggiudicarsi l’appalto sono state fornite come garanzia al ministero. Giro i tribunali da 10 anni, ma da mesi sono a casa senza stipendio. Da un giorno all’altro hanno trovato un’altra ragazza al mio posto. Alla faccia del contratto a tempo indeterminato che avevo sottoscritto. Il vero paradosso è che il ministero della Giustizia che dovrebbe per primo rispettare e far rispettare le leggi, si fida di persone inette che non rispettano contratti e leggi».
Il contratto di Rosaria era da 1.050 euro al mese con la Meeting, azienda di sottoappalto di Astrea consorzio «nato nel 2003 dall’aggregazione delle più importanti aziende di verbalizzazione», come si legge sul sito. Quattro anni fa il consorzio ha vinto l’appalto unico. «Le cose sono andate bene per un po’. Poi sono arrivati i problemi, i disservizi dovuti ad un’organizzazione del lavoro basata sul massimo ribasso». E a rimetterci sono stati i lavoratori.
«Io lavoravo per la Meeting, l’azienda non si è mai fatta vedere, noi dovevamo anticipare i soldi della benzina per raggiungere i tribunali». Solo quando arrivava lo sciopero, «l’amministratore unico arrivava elargendo acconti per placare le reazioni, come è accaduto ad Udine». Sono stati i magistrati ad accorgersi per primi dei problemi di questi lavoratori. «Lavoriamo fianco a fianco con loro tutti i giorni. Quando gli spiegavamo la situazione non ci credevano, molti hanno anche scritto al ministero ma la risposta è stata di segno contrario.
L’unico loro problema è che il lavoro fosse fatto e allora hanno disdetto il contratto per disservizio alle aziende che lavoravano male. Ma le stesse persone hanno poi aperto altre aziende con altri nomi, come nelle scatole cinesi, ricattando molti miei colleghi. Gli dicevano che per continuare a lavorare dovevano prima dimettersi e poi abbassarsi ad accettare il contratto di job-on-call a 5 euro l’ora: lavori solo quando ti chiamo io».
In questa giungla di passaggi di lavoratori da un’azienda ad un’altra sono poi accadute cose assai particola- ri. «A chi lavora da casa “in remoto” viene affidata una password. Una volta ci siamo accorti che una nostra col lega che non stava più lavorando, risultava aver trascritto atti in Calabria in un processo molto a rischio». Sulla vicenda sta indagando la procura. Ad alcuni ragazzi che trascrivevano intercettazioni da un ufficio di un’azienda, dalla sera alla mattina, è capitato di vedere sparire i computer dai quali lavoravano. La nuova azienda li aveva prelevati e spostati nella nuova sede.
Finalmente la scorsa settimana la questione è diventata sindacale. Fp, Filcams e Fiom Cgil hanno chiesto un incontro al nuovo ministro della Giustizia Nitto Palma, che si è impegnato ad un nuovo appalto unico su tutte le intercettazioni. Le tre federazioni Cgil speravano di mettere un po’ di regole nella giungla contrattuale. Prima fra tutti la clausola sociale e dunque il rispetto dei Contratti collettivi nazionali di lavoro nel prossimo bando di appalto. Ma la risposta arrivata dal ministero della Giustizia è più che negativa: lo staff del ministro ha risposto che non ci sarebbe stato alcun incontro e che a quei lavoratori l’amministrazione non è interessata in quanto non rientrano nel suo organico. «Da un lato – denunciano ora i sindacati – con le ultime manovre del governo, si tagliano quasi 300 milioni di euro al sistema giustizia. Dall’altro, una massa enorme di informazioni sensibili viene gestita da società che sfruttano il lavoro e non garantiscono che questi dati vengano trattati con la dovuta accortezza.
Aziende che licenziano liberamente, non pa- gano per mesi gli stipendi, non appli- cano i contratti e utilizzano contratti precari che agevolano il dumping so- ciale e mal si conciliano con la sensibi- lità dei dati trattati. Non verificando le condizioni di lavoro di chi offre un servizio così delicato e non preten- dendo dalle società appaltanti il ri- spetto di leggi e contratti, il Ministro Nitto Palma non solo viene meno agli obblighi di legge che sono in capo al suo Dicastero in qualità di stazione appaltante ma, allo stesso tempo, di- mostra di non essere per nulla preoc- cupato dei rischi che questo sistema dissestato comporta per la sicurezza dei dati. C’è contraddizione tra i proclami del governo sulle intercettazioni e la poca attenzione sul tema della sicurezza dei dati», si chiude polemicamente la nota.
L’Unità 06.11.11