Oggi a San Giovanni la manifestazione del Pd: «Noi pilastro imprescindibile dell’alternativa». Ci sarà anche il segretario della Cgil Camusso. Al via una sottoscrizione per le zone alluvionate. «Con il cambiamento l’Italia ce la farà». Dal palco di San Giovanni oggi Pier Luigi Bersani lancerà parole «di fiducia», illustrando le proposte del suo partito per uscire dalla crisi e puntando a dimostrare non solo che un’alternativa al berlusconismo può già esserci, ma che il Pd ne è un «imprescindibile pilastro». Il leader dei Democratici sa che la prossima settimana si giocherà in Parlamento una partita decisiva, perché sembrano essersi create le condizioni per la caduta del governo ma anche perché a seconda di come si aprirà la crisi si capirà che direzione prenderà il dopo Berlusconi. E Bersani, che con Dario Franceschini sta valutando se presentare una mozione di sfiducia sia la mossa più conveniente per raggiungere l’obiettivo («certo, in un Paese normale non accadrebbe che in una situazione di crisi così grave si debba stare attaccati al voto di una o due persone»), sta lavorando perché il tutto non si risolva poi in «un ribaltone».
Se nel centrodestra c’è infatti chi lavora a un governo guidato da Gianni Letta che possa aprire all’Udc, il segretario del Pd ha messo in chiaro in tutti i colloqui avuti negli ultimi giorni che il suo partito sosterrà soltanto un esecutivo che segni una netta «discontinuità», poggi su un consenso «larghissimo» e sia composto da persone autorevoli in Italia e all’estero. Ne ha parlato anche con Pier Ferdinando Casini, con il quale il leader del Pd non dispera di chiudere quando sarà il momento un accordo elettorale, anche se è già stato messo a punto un piano B che prevede un patto di legislatura basato su pochi punti programmatici condivisi da far valere dopo il voto (lo stesso leader Udc non nasconde di volersi tenere le mani libere al voto perché poi «la nostra forza sarebbe quella di costringere il vincitore a venire a patti»).
DAL PREMIER BATTUTE AGGHIACCIANTI
Che si vada effettivamente verso un governo di transizione o che Berlusconi riesca a impedirlo e a portare il Paese alle elezioni anticipate, Bersani (convinto comunque che si voterà prima del 2013) oggi vuole mostrare da San Giovanni la forza organizzativa e programmatica di cui dispone il Pd. Dal palco tricolore, con alle spalle la scritta «Ricostruzione: un grande Paese merita un futuro migliore» e ai lati le parole «In nome del popolo italiano», il segretario Pd non solo attaccherà a testa bassa un premier che continua a negare la crisi facendo «battute che fanno rabbrividire, agghiaccianti» e un governo che con la sua mancanza di credibilità ci ha portato «sul fronte più esposto» della crisi. «Essere sotto tutela per un grande Paese come il nostro è un fatto che ci toglie libertà e anche un po’ di dignità», diceva ieri dopo i pronunciamenti di G20 e Fmi, e oggi ribadirà il concetto, dicendo che se ci sarà un cambio politico ci vorrà poco a recuperare la credibilità persa perché il Pd ha proposte alternative per superare la crisi e perché «il mondo ha capito che un conto è Berlusconi e un conto sono gli italiani».
In piazza dalle 12 ci saranno, oltre al gruppo dirigente del Pd (“rottamatore” Matteo Renzi compreso) anche esponenti dell’Idv (guidati da Antonio Di Pietro), di Sel, dei Verdi, associazioni come Articolo 21, il segretario della Cgil Susanna Camusso. Dal palco, dove suoneranno Roberto Vecchioni i Marlene Kuntz e altri, parleranno prima della chiusura di Bersani la portavoce dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) Laura Boldrini, l’assessore all’Ambiente del comune di Calice al Cornoviglio, in provincia di La Spezia, Alessandra Rossi (il Pd lancerà proprio da qui una sottoscrizione in favore delle zone alluvionate di Liguria e Toscana), il vicepresidente della Dc cilena Jorge Burgos e il leader della Spd tedesca Sigmar Gabriel, giunto a Roma ieri pomeriggio. Nella serata un impegno improvviso ha trattenuto invece a Parigi il socialista francese François Hollande, che ha registrato un videomessaggio che verrà trasmesso prima dell’intervento di Bersani.
L’Unità 05.11.11
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Bersani in piazza:“Ora tocca a noi”
Sarà perché il suo animo emiliano lo fa restare ancorato con i piedi per terra che Pierluigi Bersani non riesce a sembrare intimamente certo di un crollo ad horas di Berlusconi, al punto da lanciare oggi da piazza San Giovanni il segnale ai militanti che il governo di emergenza sarebbe comunque solo un passaggio, ma l’orizzonte politico resta il voto. Altrimenti non si vede perché lo slogan forte del comizio odierno, sarà una sorta di «adesso tocca a noi», più bellicoso rispetto alla decantazione di «larghe intese» sempre poco allettanti per il popolo della sinistra.
Siamo alla crisi? «Mah, vedremo…», risponde cauto Bersani alla vigilia di una manifestazione che sarà ristretta nei tempi e nel folklore, per rispetto alle vittime di Genova e per il timore di acquazzoni sulla capitale.
E anche se la linea fissata resta quella trasmessa al Colle di una piena disponibilità ad un governo del Presidente, i paletti fissati dal leader Pd delineano un sì ben condizionato: «Un governo di transizione deve essere fatto innanzitutto da persone autorevoli in campo nazionale e internazionale», quindi niente governi a guida Pdl; secondo, «no a un ribaltone e a un governo che viva nel piccolo cabotaggio di uno o due voti», dice al Tg3 Bersani. Perché, dicono i suoi, «a un governo che sia una sommatoria di opposizioni e dissidenti del Pdl lui non ci sta». Per concludere infine che «se non c’è tutto questo si deve andare a votare prima del 2013». Facendo intendere di ritenere più probabili elezioni in primavera, anche se il Pd sostiene gli sforzi di Casini per raccogliere altri voti in grado di sostenere un’eventuale mozione di sfiducia. Intanto Bersani rassicura i mercati dicendo «siamo un grande paese, se dobbiamo fare sacrifici, sappiamo come farli», anche senza tutele e «la gente aspetta che qualcuno intervenga in modo equo, andando a prendere i soldi dove ci sono, con equità».
La Stampa 05.11.11
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“Il Pd in piazza per la spallata “Governo autorevole o voto”
Le condizioni di Bersani: servono misure eque”, di Giovanna Casadio
Oggi è il giorno della piazza. Tricolore. Con migliaia di persone (organizzati 700 pullman, 14 treni, 2 navi). Con il pensiero alla tragedia della Liguria e della Toscana (sarà lanciata la sottoscrizione per aiutare gli alluvionati, e ridotta la festa annunciata). Con l´obiettivo di fare sentire la voce dell´Italia migliore. Con le parole d´ordine: «Cambiamento, fiducia e ricostruzione. O si cambia il governo o si anticipano le elezioni come hanno fatto altri governi in Europa. Berlusconi deve fare un passo indietro». Pierluigi Bersani difende la scelta del Pd di una grande manifestazione in piazza San Giovanni: «Chi dice che la manifestazione democratica è inopportuna, sbaglia». La piazza della protesta civile può essere una delle tessere della spallata a un governo in agonia, in uno dei momenti più drammatici per l´Italia. L´inizio della liberazione: sperano i Democratici, sicuri che «Berlusconi teme le Idi di novembre, a marzo non arriva». E nelle trenta cartelle di discorso, circa un´ora, che Bersani ha finito di limare ieri sera, c´è la sfida per il “dopo”.
«L´Italia merita rispetto e un futuro migliore», ripeterà. Come già nello spot online della manifestazione preceduto dal filmato di Merkel e Sarkozy che ridono dell´affidabilità del premier italiano. Il Pd è certo che al 2013 questo governo non approda. Pronti a votare oppure ad appoggiare responsabilmente un governo tecnico. A condizione che sia «autorevole, composto da persone autorevoli in Italia e all´estero». Non ci sarà sponda insomma a un esecutivo di Gianni Letta o di Schifani. Insisterà quindi su un altro tasto, il segretario: l´equità. «Servono misure eque, nessuno pensi a fare macelleria sociale», è l´avvertimento. Quello che Di Pietro voleva sentir dire. Il leader di Idv sarà in piazza. Non ci sarà Vendola, ma presente una delegazione di Sel.
C´è l´incognita meteo (prevista pioggia in mattinata: per questo tra i gadget c´è anche il poncho impermeabile). Nel partito le polemiche scemano. Non ci sarà Follini, ma tutti presenti da Fioroni a Veltroni, D´Alema, Bindi e anche Renzi il “rottamatore”. Enrico Letta accoglierà dalle 9,30 i manifestanti che arrivano alla stazione Termini. Alemanno ha proibito i cortei, ma saranno sfilate alla spicciolata. Hollande non ci sarà, manda un video. Bersani parla alle 16. Musica dalle 12,30, e alle 14,30 Boldrini; il leader Spd, Gabriel; poi ancora musica con i Marlene Kuntz e Vecchioni.
La Repubblica 05.11.11
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«Basta con la politica dell’incomprensione. Investire sui giovani», di Roberto Brunelli
Il cantautore oggi sul palco di S. Giovanni: «Sarà la piazza della fiducia che vuole resettare gli anni bui del berlusconismo».
Professor Vecchioni, lei sarà sul palco di San Giovanni. Quella piazza chiede il riscatto del Paese. Ci sarà, questo riscatto?
«Sì, sono ottimista. Il governo effetivamente è al capolinea: c’è voluto del tempo, ma era inevitabile che accadesse. Semplicemente non è possibile che una minoranza resistente del centrodestra nemmeno lo chiamerei centrodestra, per la verità tenga in vita un governo che fa ridere tutto il mondo mentre in un’Italia sempre più disperata tutte le categorie lavorative gli si rivoltano contro. Ci fossero solo gli operai e i precari, per dire, si potrebbe dire che è una cosa di parte… E invece no: la Confindustria, i commercianti, le parti sociali, tutti a ripetere che questo governo non ha più nessuna legittimità. Io credo che oggi questa piazza rappresenterà una parte molto grossa del pensiero della maggioranza italiana».
Intanto però c’è lo spettro dell’Europa. La Grecia è alla disperazione. L’Italia vi si sta avvicinando.
«Bisogna resettare. Abbiamo seguito politiche di incomprensione per anni e anni. Anche le sinistre non sono state eccezionali nel capire che fosse necessario un nuovo modo di pensare il presente, la società, il futuro. In questo, il nostro apporto ai giovani è stato piuttosto basso. Se davvero vogliamo cambiare la società, dobbiamo imparare a rischiare sui giovani. Fin dall’inizio, fin dai primi anni di vita, i giovani devono essere educati al prossimo, agli altri, al senso degli altri. In Italia abbiamo sempre avuto molto spiccato il senso di noi stessi, e abbiamo sempre avuto molta difficoltà ad agregarci, ad associarci, a sentire le altre persone uguali a noi. Troviamo più vantaggioso allearci con i simili: ci ritroviamo nei club, nelle congreghe, nelle sette. Raramente ha predominato il sentire civile in Italia. E invece i ragazzi lo devono imparare subito, sin dalle elementari. Deve essere una materia fondamentale».
Se n’è dibattuto molto in questi ultimi tempi: meglio andare a votare subito oppure è meglio andare ad un governo di transizione o, chiamiamolo così, di salvezza nazionale?
«Mah… io questo non lo so di preciso. Non sono un politico, sono un poetastro, uno scrittorastro, non so dire quali siano le cose migliori dal punto di vista politico. D’istinto mi viene di pensare che bisogna andare a votare subito. Però se il modo migliore per togliercelo di torno (Berlusconi, ndr) è un governo istituzionale o qualcosa del genere, va bene lo stesso».
Cosa ci rimarrà di tutti questi anni di berlusconismo? C’è chi pensa che il berlusconismo abbia attecchito anche in diversi ambiti della sinistra…
«C’era anche prima il berlusconismo. Non era aggregato, ma c’era: io, io io, il profitto, il guadagno, il potere, la deriva mediatica. Tutta roba da cui Paese si deve depurare. Dopodiché, il problema non è tanto lui, quanto quello che rappresenta: un mondo falso, un mondo di fiction, un mondo in cui l’unica cosa importante è comprare e vendere. È quel simbolo che va abbattuto. Guardi, è fondamentale che esista una destra, che esista un contraddittorio. Ma in Italia la destra non è Silvio, è Fini: quella è una destra storica con cui confrontarsi».
Intanto la crisi sembra avvitarsi intorno a se stessa, in una spirale autodistruttiva. Un meccanismo che pone molte domande intorno a cosa sia oggi la democrazia….
«È una domanda difficilissima. Grecia, Portogallo, Spagna: quando parliamo dell’oggi dobbiamo valutare gli errori fatti negli ultimi venti o trent’anni, le dimenticanze, le insensatezze, gli abbagli. Però la democrazia però non può, non deve essere messa in discussione. È l’unica possibilità che abbiamo di soppravvivere. Non è una scienza, non né perfetta, né vicina alla perfezione, ma non ne possiamo fare a meno. Se non ci fosse la democrazia, l’Italia oggi sarebbe in bancarotta. I tedeschi e i francesi stanno aiutando proprio perché c’è un senso comune della sopravvivenza, e un senso comune della democrazia».
Sul palco di San Giovanni ci sarà il capo della Spd tedesca Sigmar Gabriel, il francese Hollande manda un videomessaggio. In molti pensano che oggi, per rispondere alla gravità della crisi, l’unica possibilità sia «pensare europeo»…
«Certo che bisogna pensare europeo, ed è un trampolino per pensare mondiale. I Paesi del Vecchio continente, dal nord al sud, sono molto simili. Siamo quasi tutti indoeuropei o latini, e guardi quanto sono simili i nostri pittori, i nostri poeti… è la storia a renderci simili. Certo non possiamo rinchiuderci nella nostra piccola Italia. C’è addirittura che vuole dividerla, l’Italia: siamo alla follia. Non c’è bisogno nemmeno di commentare. Il presidente Napolitano ha già sottolineato il ridicolo».
Da New York a Roma, sembra che tutto il mondo stia manifestando. Si scende in piazza con proposte concrete. Pare quasi che sia in corso un diffuso cambiamento di mentalità… «Lo credo anch’io. Sono molto ottimista sul cambiamento: non si può andare avanti in un mondo in cui il 10% possiede tutto e il 90% quasi niente. Non è naturale. Non sono un economista, ma penso che le storture si possano riparare. Non solo nell’aldilà. Anche qui, nel presente. A cominciare da oggi».
L’Unità 05.11.11