ll discredito del governo Berlusconi umilia l’Italia e colpisce lasocietà, le imprese, i risparmi. Il commissariamento dell’esecutivo si fa ogni giorno più stringente, come dimostrano le decisioni prese ieri a Cannes. Il premier è stato prima piegato dall’Europa e dagli Usa e obbligato a sottoporre il piano di risanamento alla verifica del Fmi, poi è stato costretto a dire che era una sua libera scelta.
Siamo sprofondati nel punto più basso. E si ha timore nel dirlo perché, se Berlusconi dovesse ancora resistere nel bunker,potremmo precipitare ulteriormente. L’Italia oggi è in pericolo. Un pericolo erio, grave, incombente. Le successive manovre votate dal Parlamento sono state tutte travolte dai mercati, annullandone gli effetti. Cambiare il premier e restituire al Paese una guida autorevole e una solidità politica è ormai l’emergenza. Non può finire nel baratro, in default, uno dei Paesi fondatori dell’Unione europea. Siamo una nazione carica di storia, di creatività e ingegno, di aziende con grandi potenzialità, di lavoro di qualità, di reti di solidarietà umana, di famiglie capaci di sopportare tante disfunzioni del welfare. Nonostante il discredito e il debito pubblico continuiamo a essere uno dei Paesi più ricchi del mondo.E i nostri giovani, le donne, il Sud – cioè i più penalizzati dalla crisi e dalle politiche inique – continuano a chiedere di cambiare, di non essere esclusi, di mettere in gioco talenti e speranze.
Oggi la piazza del Pd, pure nel lutto per la tragedia di Genova, vuole dare voce all’Italia che non si piega, né si rassegna alla protesta individuale, oppure a quella generica che dà la colpa a tutti e nei fatti assolve tutti. Quando si tocca il fondo bisogna innanzitutto alzare la testa. E allungare lo sguardo. È forte la tentazione di rotolarsi nel fango, tra le macerie della credibilità italiana. Purtroppo è la cosa più facile. In tanti lucrano sul discredito che colpisce nel mucchio, sul rimpallo di responsabilità parziali, sulla depressione che affonda le speranze. Per il premier in declino il disprezzo della politica e la demolizione di qualunque alternativa è diventata la più efficace arma di resistenza. E su quella scia si trovano a marciare, ieri come oggi, influenti oligarchie economiche, spalleggiate magari da pseudo-radicalismi di sinistra.
La piazza del Pd parla invece di ricostruzione. Della pazienza, dell’umiltà, della necessità di costruire. Alzare la testa. Sì, bisogna essere più forti anche dei propri limiti. Perché i problemi, le diversità, le rivalità, le insufficienze, gli egoismi non mancano nel Pd e appesantiscono oggi le ali del centrosinistra. Invece i momenti migliori sono stati proprio quelli in cui il centrosinistra è riuscito a legare i propri interessi con il destino del Paese, con la sua unità, con il suo riscatto materiale e morale. Salvare l’Italia, farla risalire, dare un futuro ai giovani è oggi un’impresa non meno ardua di quella dell’euro che impegnò gli interi anni Novanta.
L’approdo non è certo. I sacrifici saranno pesanti e solo una misura di equità li renderà sopportabili. Anche i rischi sono molteplici: compreso quello di una perdita di consensi. Ma la politica si riscatta solo con il rischio. E con obiettivi limpidi. Il rinnovamento è una questione di contenuti, prima che di generazioni che chiedono giustamente spazio. Per ricostruire l’Italia bisogna voltare pagina. Non basterà cambiare un Berlusconi con un berluschino. Ci vuole un’Italia che torni a pesare in Europa e che contribuisca a cambiare le politiche europee.
Anche per questo è importante la manifestazione di piazza San Giovanni: perché accanto a Pier Luigi Bersani ci sarà il leader della Spd Siegmar Gabriel e il candidato socialista alle presidenziali francesi, François Hollande, sarà presente
con un videomessaggio. Prima di ogni formula interna, è questa alleanza tra progressisti che può aprire la strada verso un’Europa più forte, più comunitaria, più solidale nel giocare la partita della globalizzazione. Il Pd è nel dna un partito europeo. Ma ciò non vuol dire perdere lo spirito critico o rinunciare a battersi per cambiare ciò che non va nell’Unione (peraltro il fallimento della cura greca rischia di essere riprodotto da noi). Non sono mancate neppure le critiche per la convocazione della piazza. Ma i ricostruttori devono alzare la testa insieme. Per dare un segnale a tutta la società. Un segnale di altruismo. In piazza ci sarà il Pd. Ma non solo. Il partito più grande del centrosinistra deve tenere le braccia larghe. Anche perché così avrà più forza nel dire basta ai leader solitari, che soffocano i corpi intermedi per cercare il popolo che applaude. Questo è il berlusconismo che ha già deformato le nostre istituzioni e ci
ha portato sulla soglia del baratro.
L’Unità 05.11.11