L’unico che l’aveva detta vera era stato Alfano, dietro la porta chiusa di un vertice del Pdl nel pomeriggio: dobbiamo a ogni costo arrivare a Natale. Arginare le defezioni nella maggioranza. Approdare a gennaio, quando la caduta del governo non potrà più essere rimediata dalla nascita di un altro esecutivo, ma solo seguita dalla corsa a elezioni a marzo.
C’era solo questo calcolo, politica spiccia di mediocre livello, dietro al tentativo che ieri sera – mentre chiudevamo questa edizione – stava invece portando il governo sugli scogli di una abdicazione definitiva.
Berlusconi voleva provare a salvarsi dal diktat europeo con un decreto che si limitava alla faticosa riscrittura della letterina redatta la settimana scorsa da Brunetta. Ma sul punto di varare il decreto, la giustificata diffidenza di Napolitano e la resistenza di Tremonti sembravano ieri sera avere avuto la meglio.
Se è saltato il decreto, è saltata la manovra salva-governo. Ed è saltato il governo medesimo, verrebbe da concludere obbligatoriamente.
Alla vigilia della scadenza, il G20 di Cannes, alla quale ci si sarebbe dovuti presentare finalmente con le carte in regola. E in chiusura di una giornata convulsa, attraversata da indiscrezioni sulla tentazione di Berlusconi di arrendersi, e da notizie contrastanti su una consistente fuga di parlamentari dal cuore del Pdl.
Cruciale è stato, ed è, il ruolo del capo dello stato. Napolitano ha dovuto registrare l’incapacità del centrodestra di darsi e di dare alternative a un trascinamento incompatibile con le assolute urgenze del paese. Ha visto infrangersi contro l’intangibilità di Berlusconi la ribadita disponibilità delle opposizioni. Ma ha tenuto fermo il punto: non ci salva con gli artifici, non ci si salva senza che tutte le forze politiche e sociali siano chiamate ad assumersi le proprie responsabilità.
Questo, a quanto è dato di sapere, l’argomento usato contro il ricorso al decreto, che avrebbe tagliato via qualsiasi ipotesi di collaborazione.
Ma al Quirinale ieri sera non potevano non sapere che non è più una questione procedurale: fermare Berlusconi sulla scaletta dell’aereo per Cannes vuol dire fermarlo per sempre.
Stefano Menichini
Pubblicato il 3 Novembre 2011