«Ho l´ambizione di ridurre la distanza che spesso divide la realtà virtuale che emerge dai media, a volte autoreferenziale, dalla vita reale coi problemi di tutti i giorni che voi, noi, tutti affrontiamo». «Una distanza per cui oggi i giornali hanno sempre più difficoltà a leggere la realtà e i cittadini non riescono più a leggere i giornali. Come si è visto durante l´ultima campagna elettorale (…) i media si sono occupati di gossip e non di argomenti concreti». Con questa lezione di giornalismo, Augusto Minzolini si era presentato il 9 giugno 2009 agli spettatori del Tg1. Un bel salto in alto per uno che in vent´anni di professione era stimato dai colleghi soprattutto per una specialità del giornalismo, il pettegolezzo sulla vita privata dei politici, sì, proprio l´orrido gossip che il Minzolini dell´epoca rivendicava come suprema missione dei giornali.
La poltrona del Tg1 era arrivata in fondo a una serie di estasiati articoli pubblicati su La Stampa sui miracoli compiuti da Silvio Berlusconi a L´Aquila e dintorni, al cui confronto i mitici cinegiornali dell´Istituto Luce sono un esempio di misura anglosassone. Per avere un´idea, Luca Sofri citava subito dopo la nomina, un singolo articolo di Minzolini su La Stampa, il famoso giorno del predellino: «Silvio Berlusconi tocca il cielo con un dito. Non s´aspettava un successo del genere. Come pure non s´aspettava il veleno, le accuse e gli insulti che gli hanno riversato addosso in questi giorni i suoi alleati. E visto che l´uomo risponde alle difficoltà come un leone, in quattro e quattr´otto, come quando discese in campo, ha deciso di rivoluzionare il campo politico italiano». Seguiva l´intervista, di cui vale la pena di ricordare l´incipit: «Ho l´impressione che lei non sopporti più le accuse dei suoi alleati, che cosa è stato a ferirla di più in questi giorni?».
Ma torniamo alla dichiarazione d´intenti del professor Minzolini. Ed ecco come ha ridotto la distanza fra la realtà virtuale dei media e i problemi concreti.
Seppelliti da una risata
Prendiamo una settimana a caso, la scorsa, dal 22 al 28 ottobre. Quella in cui sui media del mondo, non soltanto i nostri, esplode in tutta la sua gravità il caso Italia. Gli ultimatum dell´Europa, la lettera di Berlusconi, il vertice Merkel-Sarkozy, le polemiche all´interno della stessa maggioranza sull´opportunità che il premier faccia un passo indietro nell´interesse del Paese. L´immagine simbolo della settimana, per tutti i notiziari del mondo, è la risata di Sarkozy e Merkel nella sala stampa di Bruxelles dopo la domanda sull´affidabilità di Berlusconi. Il Tg1 semplicemente la censura. Non compare, non esiste, non risulta. La risata è coperta dalle parole del conduttore, il servizio da Bruxelles parte subito dopo e spiega che c´è stato in effetti un momento d´ilarità, ma soltanto perché il presidente francese si aspettava «una domanda sull´Italia». Ma la domanda era su Berlusconi e non sull´Italia. Avendo censurato la notizia, il Tg1 nei giorni seguenti sarà costretto a non riferire delle moltissime reazioni, comprese quelle di Berlusconi e dello stesso Sarkozy. In maniera incomprensibile, almeno per lo spettatore del Tg1, il 25 ottobre invece Giuliano Ferrara in Radio Londra lancia i suoi strali nei confronti del «ridicolo Sarkozy» e della Francia tutta, in risposta alle «risate su Berlusconi che tutti i telegiornali vi hanno inflitto». Dimentica di aggiungere: tranne quello che avete appena visto.
I veri problemi: la guerra del formaggio
Sempre nella settimana dal 22 al 28 ottobre nei titoli del Tg1 non si trovano tracce di fatti rilevanti come la risalita verso quota 400 dello spread fra titoli pubblici italiani e bond tedeschi o dell´aumento della pressione fiscale in Italia. Il Tg1 è anche l´unico notiziario, compresi quelli Mediaset, a non menzionare la lettera in cui i dissidenti del Pdl chiedono al premier un «passo indietro». La polemica fra Berlusconi e Bossi sulla riforma delle pensioni è molto attenuata, ma offre lo spunto per un paradossale servizio sulla necessità di riforma il sistema pensionistico nella solita, perfida Francia. La quale, s´intende, «sta molto peggio dell´Italia». A dimostrazione della spaventosa crisi francese, il Tg1 per ben tre giorni di seguito informa dal fronte della «guerra del formaggio» fra Italia e Francia, attestando il poderoso sfondamento di gorgonzola e fontina nella risibile linea Maginot eretta dai sordidi cugini intorno al camembert.
Liste di proscrizione e di prescrizione
I nomi di Angela Merkel e Nicholas Sarkozy si aggiungono a una lista di personaggi censurati dal Tg1 che non ha precedenti nelle tv pubbliche del mondo occidentale, dove si trovano capi di stato e artisti, eventi e calciatori, vescovi e terremotati. Il Tg1 dei problemi reali detesta e ignora anzitutto le manifestazioni di piazza antigovernative, cioè tutte. Ma anche quelle dove si contestano altre importanti istituzioni, almeno percepite come tali. Per esempio, la mafia. Infatti la marcia di 150 mila persone a Milano il 22 marzo del 2010, promossa da Libera per ricordare le vittime delle cosche, non merita alcuna notizia. Sono ignorate sistematicamente tutte le proteste dei terremotati abruzzesi, che smentirebbero l´evidenza del miracolo berlusconiano a L´Aquila. Sparisce nel luglio scorso dai servizi anche la manifestazione delle donne «Se non ora quando», al suo posto va in onda un servizio sulla «corsa sui tacchi a spillo», scatenando la lettera di protesta al direttore generale di tredici giornaliste della testata. Le censure sono talmente numerose che ogni tanto il direttore se ne dimentica, al punto da entrare in polemica con un editoriale contro la manifestazione per la libertà di stampa di cui lo spettatore del Tg1 non sapeva nulla.
Fra i nomi illustri dei censurati da Minzolini spicca, per l´idiozia della circostanza, il nome del capitano della Nazionale campione del mondo, Fabio Cannavaro, colpevole di aver replicato, peraltro in modo assai gentile, all´invito a non tifare Italia partito da Renzo Bossi, in arte il Trota. Censurata la regina d´Inghilterra, che al «mister Obamaaaa!» berciato da Berlusconi, risponde infastidita: «Ma perché quello deve gridare tanto?». Il grande regista e premio Oscar Bernardo Bertolucci fa un riferimento alla classe politica italiana nella cerimonia di accettazione della Palma d´Oro di Cannes alla carriera: cancellato.
Il 30 settembre 2010 si tocca il record: viene censurato Silvio Berlusconi in persona, che racconta una barzelletta sulla Bindi con bestemmia finale. Nei giorni successivi scompaiono dal Tg1 le reazioni del mondo ecclesiastico, a cominciare dalla nota dell´Osservatore Romano, ovviamente ripresa da mezzo mondo. A fare le spese del Minzulpop è perfino il più conservatore degli esponenti della chiesa cattolica, il cardinal Bertone, che s´era permesso una larvata critica ai comportamenti privati dei personaggi pubblici.
Un capitolo a parte meriterebbe l´informazione sulle inchieste e i processi riguardanti Berlusconi, i ministri e gli altri esponenti della maggioranza. Ma occorrerebbe un numero speciale di Repubblica. Si va dalla famosa «assoluzione» inventata per il caso Mills, dov´era soltanto scattata al solito la prescrizione, fino al rovesciamento grottesco della condanna a sette anni per mafia a Marcello Dell´Utri in un successo («Pena ridotta in appello, smontato il teorema dell´accusa»), senza mai usare in tutto il servizio la parola «condanna».
Quanto ci costa il Tg1 di Minzolini?
Dopo aver colmato in tutti questi modi la colpevole distanza dei media con «la realtà di tutti i giorni, i problemi veri», il Tg1 di Augusto Minzolini si è dedicato a colmare molte altre distanze. Per esempio quella degli ascolti fra il Tg1 e il telegiornale de La7, che Minzolini ha ridotto dalla proporzione di 10 a 1 a quella di 2 (scarso) a 1. In due anni il giornalista in rivolta contro i giornali «che nessuno più legge», ma intanto hanno continuato ad aumentare indici di lettura su versione cartacea e Internet, ha fatto precipitare gli ascolti del principale notiziario pubblico del 9 per cento di share, dal 29-31 della la gestione Gianni Riotta al 20-22 attuale. In termini economici, Minzolini costa all´azienda quanto una catastrofe naturale. Ogni punto di share quotidiano vale 25 milioni di euro di pubblicità, dato certificato. Si discute di quanto valga un punto di share in prima serata. Alcuni sostengono due terzi, altri molto di più, visto che la prima serata contribuisce a deprimere l´ascolto dell´intera giornata. Con una valutazione serena e generosa si può arrivare comunque a concludere che la direzione Minzolini faccia perdere alla Rai almeno 150 milioni all´anno, ovvero un settimo dell´intero ricavo pubblicitario. In qualsiasi impresa seria, un gruppo dirigente dotato di un minimo di dignità professionale avrebbe da tempo rimosso la causa di un simile disastro. La masnada piazzata dai partiti alla guida della prima azienda culturale del Paese preferisce invece parlare d´altro. Oppure accettare le comiche spiegazioni del direttore, il quale, dopo aver negato per mesi il calo di audience, ora attribuisce la colpa alla digitalizzazione «che ha polverizzato lo share di tutti i programmi». Peccato che in piena digitalizzazione i programmi di Santoro e della Dandini, per fare due esempi, abbiano guadagnato ascolti. Per questo, infatti, sono stati chiusi.
La Repubblica 01.11.11