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"Licenziati subito o al lavoro fino a 67 anni?", di Bruno Ugolini

Il governo in sostanza ha annunciato due provvedimenti. Uno dice che metalmeccanici tessili, postini, infermieri e via elencando andranno in pensione a 67 anni. L’altro che, nello stesso tempo potranno essere licenziati quando si vuole senza possibilità di reintegro abolendo quei rompiballe di giudici del lavoro (capito Santoro?). Due scelte un po’ contrastanti. Una ti promette di farti lavorare fino allo sfinimento (soprattutto se stai sulle impalcature edili o adibito ad altri lavori simili). L’altra ti promette di farti perdere il lavoro quando la cosa frullerà in testa al padrone (basterà inventare un qualche problema organizzativo). Dalla padella nella brace.

Due misure che hanno ispirato una mesta testimonianza su Facebook a un simpatico autore che si firma Testoneblob (http://vengodalontanomasodoveandare.blogspot.com/2011/10/marco-e-il-lavoro.html?spref=fb). Ha raccontato lo sfogo di un padroncino che ha un dipendente di nome Marco, 55 anni, comunista, sistemato nella gerarchia aziendale. Con la nuova legge se lo dovrebbe tenere fino a 67 anni. Ma potrebbe anche licenziarlo. Per assumere un ventenne che costerà di meno e che non sarà costretto a sopportare per tutta la vita. Licenziabile anche lui.

Una storia che angoscia Testoneblob che vede riflessa un po’ della propria vita. E che lo fa interrogare sulle sorti del Paese. Tra licenziandi e ultrasessantenni. È la crudele morsa inventata dagli eredi del LibLab (Sacconi, Brunetta, Cicchitto) ispiratori della lettera di Berlusconi alla UE. E che purtroppo trova (o trovava) sostanziali ammiratori anche nei meandri della sinistra. Ma si rincuori Testoneblob, la partita non è finita e un vero BigBang potrebbe suonare per lorsignori. Magari stabilendo un’alleanza non con un immaginifico “centro” ma con chi lavora (pensionando o licenziando che sia)

L’Unità 31.10.11