Le forze che avranno deciso di far parte dell´alleanza decideranno come scegliere il leader
La gente vede un Paese in crisi e noi persi nello scontro interno. Bisogna cambiare registro, non abbiamo ancora vinto. Dario Franceschini non si sente un bersaglio di Matteo Renzi. Non è offeso dai suoi modi, ritiene una ricchezza il dibattito della Leopolda, e pensa che il sindaco di Firenze stia facendo una cosa utile: occupare l´ala destra del partito. Ma il presidente dei deputati democratici pensa anche che non sia questo il momento giusto per parlare di leadership, o di primarie.
Cosa pensa dello scontro aperto nel Pd?
«Mi metto nei panni di un cittadino o di un nostro elettore che vede la maggioranza di Berlusconi che perde pezzi ogni giorno, un Paese sprofondato nella crisi economica e nell´emergenza sociale, il governo che propone licenziamenti liberi. E poi vede noi persi nello scontro interno su chi farà il premier. Come se le elezioni fossero domani, come se avessimo già vinto».
Lo scontro porta alla sconfitta?
«Dovremmo muoverci in un altro modo. Quello di questi giorni è un dibattito ricco che rischia di essere rappresentato in modo fuorviante, perché tutto incentrato sul tema della leadership. Invece dobbiamo aver presente che non abbiamo già vinto, il rischio reale è che Berlusconi tiri a campare fino al 2013, fino alla fine della legislatura, contando su una maggioranza parlamentare raffazzonata, impossibilitato a fare qualsiasi cosa. Se il rischio è questo vorrei che si rimettessero in fila le cose, che nel nostro dibattito le rimettessimo in ordine».
Qual è l´ordine giusto?
«Serve una moratoria sul tema leadership della coalizione, non si può cominciare dalla coda. Guardo con un misto di stupore e ammirazione quelli che annunciano di voler scendere in campo senza preoccuparsi di specificare quale sia il campo, cioè l´alleanza che si candidano a guidare».
Appunto, a Firenze il dibattito si è spostato dallo scontro generazionale alle idee per cambiare il Paese. Non è a partire da questo che si definiscono campo e alleanze?
«Ho molto apprezzato, e l´ho detto subito, che Renzi abbia abbandonato la linea di rottamatore generazionale. Perché nel frattempo l´anno scorso in due città difficili come Milano e Torino hanno vinto prima le primarie e poi le elezioni due candidati che non sono dei ragazzi: Pisapia e Fassino. Renzi ha occupato una posizione politica che chiamerei l´ala destra del Pd, una posizione di cui c´è anche bisogno per poi riuscire a costruire la sintesi».
Da cosa bisogna partire per fare questa sintesi?
«Bisogna compiere ogni azione politica in Parlamento e nel Paese perché il prima possibile cada il governo Berlusconi, che – lo ricordo a tutti – non è già caduto. Secondo: decidere l´alleanza con cui si andrà alle prossime elezioni, che siano nel 2012 o nel 2013. E continuo a pensare che il lavoro titanico di ricostruzione del Paese debba farlo un´alleanza costituzionale tra tutte le forze oggi all´opposizione».
Non basta la foto di Vasto, l´alleanza Pd-Sel-Idv?
«Così potremmo anche vincere le elezioni, ma per ricostruire c´è bisogno di un campo più largo, bisogna avere dietro la maggioranza assoluta degli italiani, un consenso sociale forte».
C´è un terzo punto?
«Certo. Le forze che avranno deciso di far parte di questa alleanza decideranno programma e criteri per scegliere il leader».
Primarie non scontate, quindi?
«A noi le primarie piacciono, sono la nostra scelta, ma per ricostruire il Paese e per essere credibili ci si presenta con una coalizione che ha al centro un programma di ricostruzione per l´Italia, non certo con la coalizione degli “amici delle primarie”. E del resto, cosa dovremmo fare: le primarie nel febbraio del 2012 per poi votare magari nel giugno 2013?».
La Repubblica 31.10.11