«Mondo salvato dai ragazzini», di Marina Boscaino
C’è stato un tempo, molto tempo fa, in cui ho creduto fortemente che questa nostra professione, quella d’insegnante, rappresentasse di per sé una condizione elettiva, intrinsecamente nobile, profondamente etica. Con il passare degli anni sono rimasta di questo avviso rispetto al concetto, ma ho compreso, giorno dopo giorno, che si tratta di un’idea astratta, fortemente condizionata dalle caratteristiche di chi la concretizza e la interpreta. E che, come ovunque, tra noi insegnanti c’è di tutto: motivazione, orgoglio, dedizione, competenza, responsabilità e l’esatto contrario. Come ho quindi rivisto le mie romantiche e ingenue convinzioni precedenti, nello stesso modo ho rifiutato le ricette di facile impatto che, misto di arroganza e demagogia, i nostri governanti hanno artatamente spalmato sul nostro lavoro e sulla nostra identità professionale, soprattutto negli ultimi lustri. A un Berlusconi che prometteva, con la consueta eleganza, durante la campagna elettorale del 2001, di «ricoprire d’oro gli insegnanti», risponde un Brunetta, che – nel corso della sua infelicissima (per noi) e purtroppo non ancora conclusa esperienza di ministro – ha gettato fango sulla scuola e …