Un tempo c´erano Roma, Firenze, Venezia. Poi Barcellona, Berlino, Praga. Negli anni sono cambiati gli orizzonti, gli studenti, i costi ma nessuno ci ha mai rinunciato. È la gita scolastica, da sempre sospesa tra cultura e vacanza, didattica e divertimento, formazione e svago. Ora però il “viaggio d´istruzione”, come viene chiamato nei protocolli del ministero, rischia di sparire. Addio fuga dalla routine dei banchi, rito indimenticabile per generazioni di studenti. Per l´Osservatorio sul turismo scolastico del Touring Club nella scuola superiore c´è stato un calo netto: nel 2010/2011 le classi in gita sono passate dal 60 per cento al 38, gli studenti da 1,3 milioni a 760 mila, il fatturato da 340 milioni a 215. Nell´ultimo anno, dicono i ricercatori, hanno sicuramente pesato le manifestazioni studentesche contro la riforma, le proteste dei professori contro i tagli, ma da soli non spiegano la riduzione.
Nel 1992, una circolare del ministro Iervolino stabilì che le «visite d´istruzione» dovevano essere a carico delle scuole non delle famiglie. Così non è stato. «Da tempo i professori non hanno più la diaria e non hanno pagate le trasferte ma questo non è la vera causa del calo. Il motivo principale è il forte aumento dei costi. È un peccato, così si perde un´esperienza che può essere ancora formativa», spiega Mario Rusconi, vice presidente dell´Associazione nazionale presidi. «Sono aumentati i prezzi della benzina, degli hotel, degli autisti. Alcune scuole creano un fondo per sovvenzionare gli studenti che non possono pagare. A volte sono anche gli insegnanti, tanto bistrattati, a dare i soldi per chi non se lo può permettere».
Alle classi superiori il costo di una gita si aggira intorno alle 400 euro, una cifra significativa che rischia di creare discriminazioni. «È una bella fetta del reddito che può mettere in difficoltà. La gita va salvata ma deve tornare ad essere legata ad una motivazione culturale, al percorso di apprendimento. Non deve essere un viaggio alla moda». Come a volte è diventato, ma non per tutti. «Nel nostro istituto abbiamo un´adesione che non supera mai il 50%, non abbastanza, occorre un´adesione dei due terzi, quindi rinunciamo», dice Leandro Cantoni, preside dell´istituto professionale Cattaneo di Roma. «Accade nei professionali e nei tecnici, meno nei licei».
La gita è in crisi ma non solo per i soldi. «Negli anni c´è stata un´involuzione consumistica dei modelli educativi», spiega Benedetto Vertecchi, pedagogo. «L´uscita scolastica è un´esigenza legittima che deve essere organizzata sulla base di un percorso cognitivo non può diventare un´attività da agenzia turistica». Pochi fondi e molte critiche, così nella scuola si ridefinisce la rotta e il viaggio se vorrà sopravvivere dovrà cambiare. «Organizziamo ultimamente scambi culturali», dice il preside Rusconi. «Alcuni studenti sono andati ospiti a San Pietroburgo, ora sono venuti da noi i ragazzi russi. Si risparmia e rimane un´esperienza culturale importante per i ragazzi».
Già, i ragazzi. La gita ha accompagnato la vita di generazioni di studenti, per molti è stato il primo viaggio, per tutti occasione di risate, amori e ricordi. Impossibile tornare indietro. «Adesso i contributi scolastici servono per garantire quello che dovrebbe essere la normalità e addio viaggi», dice Sofia della Rete degli Studenti. «Ma partire è importante, rende reale quello che studiamo ed è un´opportunità per stare insieme. Non vogliamo rinunciarci».
La Repubblica 29.10.11