Non ci dovrebbero essere “minori di anni 14” a vedere “Quando la notte”, il nuovo film di Cristina Comencini. Lo ha deciso la commissione di censura, il che come si sa, obbligherà gli esclusi, in questo caso i ragazzini, come sempre avidi di disubbidienza, a fare di tutto (ci sono tredicenni che sembrano maggiorenni) per poterlo vedere. Avessero riflettuto più realisticamente, i censori sarebbero stati zitti: perché un film come questo, molto adatto alle signore e a coppie intelligenti, è di quelli che poco attirano i bambini; infatti non è un cartone animato, non è una fiabona 3D, non ci sono pirati e neppure terminator. Ci sono molte bellissime montagne innevate, ma non basta certo a distogliere i piccini da altri svaghi molto più pericolosi ma di cui la censura non si occupa. Come giustamente, per carità, non si occupa delle notizie di cronaca che almeno un paio di volte al mese raccontano di buonissime mamme (e babbi) assassini della loro prole, anche a tre per volta, senza contare che non è da meno la prole, che decide di far fuori i genitori. Certi casi sono diventati cult, negli incubi instancabili di tanti vampiri tivù.
Diciamo subito che la Comencini racconta di una bella e affettuosa mamma che passa da sola una vacanza col suo piccino di due anni: il quale, francamente, almeno un paio di gentili schiaffetti al dì li meriterebbe, non smettendo mai di piangere, strillare, urlare per ragioni sue che non rivela all´affranta genitrice. Secondo l´alto giudizio dei censori, questa bella signora provvista solo di un marito telefonico ha un grande difetto, quello di essere “normale”, e qui ci si affida al Lombroso, per il quale le donne, anche madri, anormali si segnalano per la fitta barba e le orecchie a punta, e sono spesso prostitute e luetiche. Il ragionamento censorio è quindi questo: la Pandolfi non ha la barba né tutto il resto, anzi è carina e affettuosa come di dovere, quindi è “normale” ma se è normale non può innervosirsi neppure dopo una settimana che non dorme causa strilli, tutto il giorno sola con l´antipatico piccino che, se tace, rischia il suicidio arrampicandosi su scaffali pieni di bottiglie di liquore.
Certo una mamma meno “stressata” come viene bollata la poverina, essendo lo “stress” materno una cosa molto egoista, da vera pazza, dovrebbe sempre essere angelica. Anche se, sotto sotto, volendo dirla tutta, bando alla correttezza politica, le donne in quanto tali tendono alla pazzia, e da loro c´è da aspettarsi ogni possibile nefandezza. Nel film comunque. L´abile regista Comencini, mamma, femminista e fondatrice del movimento “Se non ora quando” che ha riempito e riempirà ancora le piazze (non è che è per questo che la censura giudica lei e il suo film pericolosi?), ci lascia nel mistero: nel film non si vede alcuna violenza, la mamma può essersela sognata, come anche il padrone di casa che, abbandonato prima dalla mamma e poi dalla moglie (e ci sarà pure una ragione), ha in odio tutte le mamme e arzigogola contro. Da adesso sappiamo che nella realtà dell´infanzia, il vuoto della volontà di una madre “normale” può essere molto più pericoloso di quello di una madre pazza.
La Repubblica 27.10.11