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Il Pd al tempo dei giovani «Unito e con più coraggio», di Maria Zegarelli

A Bologna parte la kermesse di Serracchiani e Civati. «Primarie per i parlamentari, lotta per la legalità e all’evasione, più scuola e una nuova politica». Chi sono? «Innovatori, non rottamatori». Il Pd? «Più coraggioso». Scenografia minimal, niente effetti speciali, il bianco a farla da padrone, unica nota di colore le bandiere del Pd, niente cartelline ma cartoni della pizza per contenere il materiale. Toni sobri e freddo intenso al mattino, che stempera nel pomeriggio, ma sempre piena la tensostruttura in piazza Maggiore a Bologna, dove va in scena la kermesse organizzata da Pippo Civati e Debora Serracchiani, «Il nostro tempo».
Sette minuti a testa per gli interventi, ospiti sul palco a coppia e con un tema preciso di cui parlare, una sveglia a dettare i tempi, big e giovani amministratori, dirigenti navigati e
esordienti. Quanti sono in platea? Tanti, piene le 1200 sedie, gente in piedi, chi va e chi viene.
INNOVATORI NON ROTTAMATORI
È una platea che si autodefinisce, attraverso un «instant-pool» innovatrice al 75%, rottamatrice soltanto un po’ (il 5%), che in buona parte aderisce a Areadem e alla corrente di Ignazio Marino ma contiene una dose di «curiosi» e una fetta di «maggioranza» bersaniana. È una platea che si scalda quando si chiede più coraggio al partito, quando si parla di lotta per la legalità, contro l’evasione fiscale, quando si chiede più scuola, più cultura, formazione e partecipazione. Che vuole il limite dei tre mandati e le primarie per eleggere i parlamentari se resta questa legge elettorale e vuole subito una nuova legge elettorale se vince il centrosinistra. Si inizia con la coppia Civati-Serracchiani che si ispira a Fazio-Saviano o se volete a Crozza-Bersani. «Vado via solo se alla fine inizia una grande
mobilitazione», «resto solo se tassiamo le grandi rendite», «vado via se iniziamo a litigare dopo le elezioni», «resto in carica solo un po’ poi vado via». Rosy Bindi arriva «contenta
perché mi hanno invitato e da qui possono venire fuori proposte interessanti». Invitata qui, ci tiene a sottolineare, ma non a l’Aquila, né a Firenze. Ricambio generazionale? «A Bologna c’è già la nuova classe dirigente, sono giovani amministratori, dirigenti», dice. Aggiunge, parlando con i giornalisti, che però bisogna stare attenti con le regole rigide: «Non vedo molti Enrico Berlinguer o Aldo Moro in Parlamento, né Tina Anselmi o Nilde Iotti: quelle persone non ci sarebbero state se qualcuno avesse deciso di affidare la selezione delle classi dirigenti ai tre mandati e Giorgio Napolitano non sarebbe presidente della Repubblica se fosse stato consegnato all’oblio dopo tre mandati». Dieci anni di mandato, replica Matteo Richetti, presidente dell’Assemblea dell’Emilia Romagna, possono
«bastare per dare il meglio di sé». Lui, rottamatore doc, è qui «per capire » e spera che Civati e Renzi possano trovare «intersezioni nelle proposte». Intanto Civati è impegnato a rispondere ad una domanda frequentissima: «Ma Bersani viene a Bologna?». «Gli fischieranno le orecchie al nostro segretario – dice a fine pomeriggio -. Noi lo abbiamo invitato, ci farebbe piacere se venisse, certo». A chi gli chiede della sua rottura con Renzi assicura: «Non saremo come Veltroni e D’Alema». Al segretario annuncia una «cartolina da Bologna per dirgli che il nuovo Ulivo di cui parla sia anche un Ulivo nuovo».
LE DOMANDE E LE RISPOSTE
Gli interventi più applauditi sono quelli di Luigi DeMagistris, Vasco Errani e Nicola Zingaretti (standing ovation in piedi), tre amministratori in prima linea. «Qualcuno parla di antipolitica, in realtà c’è una voglia di politica che non si vedeva da anni, ma – dice il sindaco di Napoli – se noi non riusciamo a dare uno sbocco politico alla rabbia e all’indignazione diventerà sempre di più violenza». Spetta alla politica, dice questo compito. Aggiunge anche con il Pd c’è feeling, «bisogna lavorare da subito, per l’alleanza di governo». E sul tema torna Zingaretti: «Il tema delle alleanze del Pd cambia se noi ci presentiamo a questo dibattito più forti e radicali». Tocca a lui e Errani parlare di semplificazione della Pubblica amministrazione:
«La semplificazione vera – dice il presidente della provincia di Roma – poi, non è tanto nell’abolizione degli organismi eletti dai cittadini, ma in quelli nominati dalla politica». Plauso a Civati e Serracchiani, stoccata a Renzi: «Questa iniziativa ha dimostrato che è possibile discutere, unire e innovare perché in questo movimento troppo si è diviso». Ed Errani,
che critica i quattro livelli di governo del territorio («non hanno più senso, dobbiamo dirlo»), benedice l’evento bolognese e affonda contro i «cavalieri bianchi» del centrosinistra e il «populismo sia di destra che di sinistra». Sul palco si alternano Mila
Spicola, insegnante siciliana, Francesca Puglisi e Francesca Barracciu, Sergio Staino, Ettore Rosato, Andrea Morrone, Luigi Manconi, Stefano Boeri. Tra gli ospiti anche Fabrizio
Anzolini, giovane dirigente Udc. Romano Prodi non c’è ma ha inviato il suo «in bocca al lupo». Il segretario non ci sarà, per impegni presi in precedenza. «A volte però è bene esserci », commenta alla fine Civati.

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«Parole e proposte nuove. Da noi nessun complotto»

L’europarlamentare Pd: «Non remiamo contro il partito, diamo una mano sui temi che interessano alla gente: lotta all’evasione, patrimoniale, scuola» Intervista a «singhiozzo» con Debora Serracchiani, co-organizzatrice insieme a Pippo Civati della due giorni bolognese. «Dobbiamo fare presto, devo presentare i prossimi ospiti», dice mentre le comunicano l’ennesimo cambio di scaletta.
Serracchiani,qui a Bologna si incontrano i giovani che vogliono il rinnovamento senza rottamazione ma con accompagnamento “dolce” alla porta per i vecchi dirigenti?
«Qui ci sono quelli che hanno l’ambizione di dare una mano al partito, con le idee e anche con le parole perché una nuova politica ha bisogno anche di nuove parole».
Per esempio quali? «Per esempio iniziamo con il dire che oggi abbiamo cercato di parlare
di politica senza annoiare le persone e mi sembra che ci siamo riusciti. E arriviamo alle parole: patrimoniale, lotta all’evasione,diritti, scuola, difesa del suolo, lotta al precariato, pensione. Sono questi i temi che interessano le persone comuni, i cittadini ai quali il Pd deve rivolgersi dando risposte chiare. Della difesa del suolo oggi su questo palco hanno parlato Boeri, Dall’Olio, gli Ecodem: abbiamo fatto delle proposte, vorremmo che il Pd nazionale le accogliesse e ne discutesse in vista delle elezioni che vogliamo vincere».
C’è chi rimprovera voi giovani del Pd di esservi organizzati mantenendo intatta la logica delle correnti. I bersaniani a l’Aquila, Areadem e la corrente di Marino qui, i rottamatori e un bel pezzo di Modem a Firenze. Insomma, non riuscite a emanciparvi dai padri. «Questo è quello che piace raccontare alla stampa. Io sono andata a l’Aquila, oggi sono qui e chissà che non vada anche a Firenze. Qui ci sono, tra gli altri, Vasco Errani, Luca
Zingaretti, Stefano Bonaccini, Matteo Ricci, Ivan Scalfarotto, Rosy Bindi: mi dica lei se fanno tutti parte di Areadem o della corrente di Marino. A noi non interessa liberarci del padre, ma fare un accordo con la sorella e il fratello. Abbiamo bisogno di esperienze, di quelle di chi è arrivato prima di noi in politica, ma anche di nuove competenze. Vogliamo conquistarci il futuro senza regali da parte di qualcuno. Siamo qui per unire e non per assaltare la ditta».
Serracchiani, una delle critiche che muovono a lei è quella di aver criticato l’establishment e di essere diventata subito dopo una «franceschiniana doc».
«Lo so cosa dicono, ma forse mi rimproverano di non essermi candidata in un Paese dove ci sono più candidati che elettori. Io siedo al parlamento europeo e faccio politica sul territorio come segretario regionale, mi misuro con la nostra gente e con i loro problemi e vengo giudicata per il mio lavoro, le mie idee e il mio impegno».
Che cosa inizia da Bologna?
«Lo spirito che c’è qui è quello di lavorare tutti insieme nel Pd, non siamo quelli del complotto. Vogliamo che il nostro partito sia un partito coraggioso, in grado di fare grandi
campagne nel Paese per cambiare l’Italia. Dobbiamo essere netti nelle proposte, con un programma che sia il nostro tratto distintivo rispetto alla destra. Dire che siamo contro l’evasione fiscale, per la patrimoniale, per una scuola pubblica qualificata, per una sanità efficiente, per la legalità, contro il precariato e per riforme coraggiose ci permette di farci riconoscere dalla gente come la vera alternativa, come quelli che hanno in mente un’idea di Paese diversa da chi ci ha governato fino ad oggi».
Non siete quelli «del complotto». Si riferiva a Renzi che punta a candidarsi alle primarie?
«A me non interessa quello che fa Renzi. Quello che posso dire con certezza è che da Bologna non verrà fuori un candidato, ma il Pd. Renzi fa Renzi».
Lei andrà alla Leopolda?
«Ho impegni presi in precedenza, non so se avrò tempo, ma non lo escludo».
Non correte il rischio di apparire come una nuova classe dirigente già separata e divisa?
«No, non corriamo questo rischio perché non vogliamo ripetere gli errori dei “padri”. Noi possiamo avere idee diverse, possiamo dividerci sui contenuti, ma il progetto resta lo stesso: il Pd. Ripeto, io sono andata all’Aquila, Ricci che era uno degli organizzatori di quell’appuntamento, oggi è qui. Se anche Matteo è interessato a discutere di contenuti ed è disposto a fare giocodi squadra come noi, siamo pronti a lavorare insieme».

L’Unità 23.10.11

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Né Renzi né D´Alema, né Veltroni nel Pd arrivano “i ricostruttori”, di MARCO MAROZZI

Non rottamatori: ricostruttori. Non sopportano D´Alema e Veltroni, non reggono nemmeno il «personalismo» di Matteo Renzi. Pippo Civati e Debora Serracchiani, nouvelle vague Pd, hanno scelto per la loro convention Bologna, «una città laboratorio». Contestano ma non rompono, sperano che oggi arrivi Pierluigi Bersani e proclamano «un culto della personalità» per Romano Prodi. Entusiasmo diplomatico: non ci saranno né il segretario del Pd, né il fondatore dell´Ulivo, i cui sodali principi, Arturo Parisi e Giulio Santagata, sono annunciati alla convention assai più hard il 28 ottobre nella Firenze del rottamatore Renzi. «Io e lui non saremo i D´Alema e Veltroni del futuro. Anche perché non sapremmo chi scegliere, chi fa D´Alema e chi Veltroni» dice il consigliere regionale lombardo Civati, che ha preso le distanze dal sindaco di Firenze dopo un pezzo di strada insieme.
I ricostruttori si sono riuniti a Bologna, per ragionare su «Il nostro tempo» e il loro futuro, in un tendone strapieno fino a tarda sera e che riapre oggi, in piazza Maggiore. Cinquecento persone nei momenti di stanca, 1.200 per molte ore. «A me la parola rottamatori non è mai piaciuta- ha esordito Debora Serracchiani – In questo momento ci chiedono di ricostruire l´Italia, non di affossarla». Nel gioco di equilibrismi, Civati lancia anche un avvertimento sulla scelta del candidato premier: «Se c´è Bersani, il Pd vota per Bersani. Invece, se ci saranno primarie alla francese, vedremo come dare il nostro contributo». Ovvero, se non ci si accorda bene, alle elezioni primarie ci sarà un rappresentante dei quarantenni contestatori. Rottamatori o ricostruttori. Il presidente del consiglio della Regione Emilia-Romagna Matteo Richetti, che ieri era a Bologna e il 28 sarà a Firenze, amico di Renzi e ponte verso i ricostruttori, attacca: «Le primarie non possono che essere aperte. Se non lo sono, allora i partiti si assumono le responsabilità di selezionare la classe politica, ma in questo caso si impedisce agli elettori di potersi esprimere».
«Prossima Fermata Italia» si chiama il rassemblement di Civati e di Debora Serrachiani, eurodeputato con mare di preferenze dopo l´attacco ai vecchi capi del Pd, segretaria del Friuli. Ieri sono stati salutati dal presidente della Regione, Vasco Errani, e dal segretario del Pd, Stefano Bonaccini, che hanno onorato chi li ha invitati e insieme definito Bersani il portatore del «progetto giusto», e dal sindaco Virgilio Merola, meno legato alle tradizioni bersanian-prodiane.
Grande star il napoletano Luigi De Magistris. Ovazioni per il romano Nicola Zingaretti, vissuto come il successore di Bersani. «Evviva a Civati e Serracchiani, – ha scaldato la platea – perché hanno dimostrato che è possibile discutere, ma anche unire e innovare. Un grande elemento per un movimento che si è troppo lacerato negli ultimi tempi». Una presenza coraggiosa quella di Rosy Bindi. Oggi tocca a Dario Franceschini e al toscano Enrico Rossi. Civati ha insistito sulla necessità di mandare a casa tutti i parlamentari dopo al massimo tre mandati, il renziano Richetti li ha abbassati a due. La presidente del Pd Bindi ha innalzato la storia: «Nessun partito seleziona la propria classe dirigente con una applicazione formale della regola e senza riservarsi uno spazio di discrezionalità politica», altrimenti non avremmo avuto Enrico Berlinguer e Aldo Moro. «E Napolitano non sarebbe dov´è se fosse stato consegnato all´oblio dopo tre mandati. Serve rinnovamento, ma anche meriti e competenza».
Né Civati né Richetti hanno mostrato di ascoltarla, uno ha citato Ciampi, per pochissimo in Parlamento, l´altro ha sparato: «Non prendiamo più in giro gli elettori molto sensibili su questi temi».
La platea era stile Michele Santoro, movimentista e mobile, diversissima e molto più giovane di quella che due giorni fa a due passi dal tendone aveva ascoltato Massimo D´Alema ricordare Pci e Dc. Civati e Debora Serracchiani hanno imitato Fabio e Saviano. «Vado via se cominciamo a litigare il giorno dopo le elezioni», «Resto se combattiamo il benedetto conflitto di interessi».

La Repubblica 23.10.11

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“Alla convention di Bologna Civati stuzzica i leader: io e Renzi non saremo i D’Alema e Veltroni di domani”, di Sara Bianchi

Compagni di strada fino a pochi mesi fa, ora hanno scelto percorsi diversi senza rinunciare a tenersi d’occhio, a distanza.
Giuseppe Civati e Matteo Renzi dopo la separazione organizzano due diverse convention, con l’intervallo di una settimana l’una dall’altra.
Il consigliere regionale lombardo ha scelto Bologna, assieme all’eurodeputata Debora Serracchiani, per l’iniziativa ‘Il nostro tempo’ (interventi serrati, molti video, diretta streaming e tanti tweet), Renzi tornerà alla Leopolda di Firenze.

Da Bologna Civati manda un messaggio al sindaco di Firenze: «Io e Renzi non saremo i D’Alema e Veltroni del futuro. Anche perchè non sapremmo chi scegliere, chi fa D’Alema e chi Veltroni». E poi: «Matteo ha deciso di fare da solo, ha detto che non aveva più bisogno di noi, ma il lavoro di Prossima Italia è proseguito». Tra rottamatori e aderenti al movimento di Civati e Serracchiani però i confini non sembrano così netti. Alla convention di Bologna ha fatto un salto anche Matteo Richetti, presidente del consiglio regionale dell’Emilia-Romagna e vicino a Renzi, per proporre una tregua. Richetti suggerisce di vedere se strumenti e contenuti coincidano, per poi fare proposte insieme, in particolare sui costi della politica e sulle riforme delle istituzioni.

La pensa diversamente Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma che a Bologna strappa un lungo applauso quando loda «Debora e Pippo» perché «stanno dimostrando una cosa semplice ma rivoluzionaria e cioè che é possibile discutere, unire ed innovare: un grande elemento per un movimento ha in questi anni ha troppo diviso e troppo lacerato». Zingaretti non lo nomina ma l’affondo sembra diretto al rottamatore Matteo Renzi.

Da Bologna Civati al Pd manda un messaggio chiaro: «Il nuovo Ulivo di cui parla Bersani, sia anche un Ulivo nuovo». E insieme a Debora Serracchiani fissa alcune parole chiave: «Primarie per scegliere i parlamentari, grande apertura verso le iniziative popolari, anagrafe degli eletti, rendicontazione di cosa si fa, riduzione dei costi della politica e dei rimborsi elettorali». E poi: maggiore vigore su questione morale, legalità e diseguaglianza, ma anche sui temi dell’ambiente.

Tra le misure indicate alla politica per rinnovarsi Debora Serracchiani cita cariche e termine e riforma della legge elettorale. Tra i messaggi lanciati dal palco anche la tassazione delle rendite, la riduzione delle tasse per chi produce e chi lavora, «quello che ci chiedono tutti i cittadini», dice l’europarlamentare.

Il presidente della Regione Emilia-Romagna Vasco Errani auspica una riforma dei livelli territoriali di governo locale, pur non arrivando a chiedere l’abolizione delle Province, «Quattro livelli di governo – sottolinea – non hanno più senso».

Quanto al rapporto con il Pd, i nostri, dice Debora Serracchiani «sono modi diversi di comunicare ma le idee sono quelle e noi le mettiamo a disposizione del partito in cui crediamo fermamente ma anche del Paese». Insomma nessun dubbio sull’appartenenza democratica: «L’abbiamo fatto per il partito e con il partito, vogliamo stare con forza nel Pd perché pensiamo che dobbiamo dare tutti un contributo».

Nessuna mira per eventuali primarie per la scelta del candidato premier, dice Civati. «Se c’è Bersani, il Pd vota per Bersani. Invece, se ci saranno primarie alla francese (aperte, ndr) vedremo come dare il nostro contributo».

A Bologna c’è anche il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, accolto dai circa duemila partecipanti quasi come una star. Da lui è arrivato un appello a dare uno sbocco politico alla voglia di partecipazione e alla rabbia, e un messaggio di unità. Per De Magistris, la chiave è creare «una connessione sentimentale tra istituzioni e cittadinanza», mentre oggi c’è «una ferita data dalla lontananza e dallo scollamento tra la cittadinanza attiva e chi la rappresenta nei palazzi della politica».

Il Sole 24 Ore 23.10.11