Ha fatto dimezzare gli aborti e reso le coppie più consapevoli verso la maternità. Ha spezzato la clandestinità e spinto fuori dal silenzio il dramma secolare di milioni di donne. Adesso però la legge 194 rischia di scomparire. Nell´arco di cinque anni o poco di più. Travolta da un esercito di obiettori (il 70,7% dei ginecologi) che hanno desertificato i reparti di interruzione volontaria di gravidanza, mentre per i pochi medici non obiettori la vita è diventata una trincea: emarginati, vessati, costretti a fare soltanto aborti e a turni massacranti, penalizzati nella carriera. «Ho smesso perché non ce la facevo più – racconta M. G. ginecologa – lavoro in un ospedale pubblico delle Marche, dove la direzione sanitaria ha fatto dell´obiezione di coscienza la sua bandiera. Otto anni senza ferie, senza potermi occupare di né di parti né altri interventi, solo e soltanto aborti. Nel gelo e nel disprezzo degli altri colleghi, come fossi una ladra. Ho avuto un esaurimento. Ho detto basta. Adesso il servizio Ivg è chiuso». Infatti. I non obiettori sono ormai uno sparuto drappello il cui numero si assottiglia sempre di più. E se in Italia diventerà difficilissimo assicurare le interruzioni di gravidanza entro il terzo mese, sarà quasi impossibile effettuare gli aborti terapeutici. Ossia quelli più difficili e dolorosi, che seguono alla diagnosi di una malformazione del feto.
È l´allarme che arriva dai ginecologi della «Laiga», (Libera associazione italiana ginecologi per l´applicazione della 194) che domani si riuniranno nel primo convegno nazionale a Roma. «Nei prossimi cinque anni – spiega Silvana Agatone presidente della Laiga – molti di noi, medici non obiettori, andranno in pensione. Già adesso non siamo più di 150, ci sono interi ospedali del Sud privi di reparti di interruzione di gravidanza, perché la totalità di ginecologi, anestesisti, paramedici ha scelto l´obiezione di coscienza». E se per effettuare gli aborti nelle prime 12 settimane gli ospedali ricorrono a personale esterno, questo non è possibile quando si tratta di aborti oltre la ventesima settimana, per i quali servono medici “strutturati”, ossia in organico all´ospedale stesso. «Ma quasi tutti i nuovi assunti – aggiunge Agatone – subito dopo aver ottenuto il posto fanno obiezione di coscienza, alcuni per scelta ma molti per la carriera e per non finire in un “confino” dove si fanno soltanto aborti. Così i servizi si svuotano, le donne emigrano o approdano di nuovo alle cliniche clandestine».
Con il paradosso che mentre cresce sia la ricerca che il business della medicina prenatale, in grado di diagnosticare le anomalie del feto, aggiunge Anna Pompili, ginecologa e docente all´università «La Sapienza», «le donne dopo aver saputo che il loro bimbo sarà affetto da gravi patologie, restano sole, non sanno dove andare». Spesso infatti gli stessi medici che hanno fatto l´indagine sono obiettori e dunque se ne disinteressano…. Non solo. «Nelle scuole di specializzazione – sottolineano i medici della Laiga – non si insegna più come fare una interruzione di gravidanza, quasi non se ne dovesse parlare, così i ginecologi imparano uno dall´altro, in modo empirico, e questo crea seri pericoli per le donne».
E i rischi per le donne sono testimoniati dai dati: mentre gli aborti entro le 12 settimane diminuiscono di anno in anno, (52,3% in meno dal 1982), il numero degli aborti terapeutici cresce, passando dal 2,7% del 2007, al 3% del 2009, ma, dice ancora Anna Pompili, «la percentuale potrebbe essere addirittura doppia, visto il numero delle donne che abortiscono all´estero». E a 30 anni dal referendum che nel 1981 confermò la legge 194, oggi in Italia la situazione è assai peggiore di allora. Basta ascoltare le denunce delle donne. «Sono stata lasciata sola e in travaglio perché il medico non obiettore aveva finito il suo turno, e gli obiettori non mi hanno assistita» (Napoli). «Schernita e aggredita da un´infermiera del Movimento per la Vita». (Roma). «Senza antidolorifico perché il medico di guardia era obiettore» (Milano). «Costretta a vedere il mio bambino» (Ascoli Piceno). Ma anche testimonianze positive: «Ho abortito alle ventiduesima settimana, l´ostetrica mi teneva la mano, l´infermiera mi abbracciava, non le ringrazierò mai abbastanza» (Napoli). Storie e voci che non si dimenticano. Di una legge ormai però quasi inapplicabile. Spiega infatti Marilisa D´Amico, docente di Diritto Costituzionale. «Domani annunceremo un ricorso contro l´interpretazione troppo rigida della norma sull´obiezione di coscienza, che oggi viola diversi punti della Costituzione. Dall´articolo 3 sulla ragionevolezza della norma, all´articolo 32 sulla salute della donna, fino alla dignità della persona».
La Repubblica 20.10.11