"Così parlò Lavitola", di Francesco Merlo
«Io faccio caccia grossa» dice, e non è solo un mitomane, è un filosofo teoretico della ribalderia. Valter Lavitola è il bracconiere di Stato che racconta se stesso così: «Quando sparo a un animale pericoloso, pure se è caduto io, dopo che è caduto a terra, gli sparo un´altra volta». E, parola dopo parola, il pescivendolo diventa il trucido protagonista della Pulp Fiction italiana: «Poi gli metto la canna del fucile vicino all´occhio per vedere se si muove». «E poi gli risparo un´altra volta pure se è morto. E che ci perdi, una cartuccia ? Che te ne fotte?». Poi però il feroce cacciatore lavora ai fianchi le segretarie-perpetue che diventano infatti la sua risorsa, anche se non lo rispettano: Marinella è «bella» ed è pure «la freccia alata», e Nadia è «tesoro mio». Le segretarie lo disprezzano perché, meglio di tutti, conoscono ed interpretano i veri umori del «capo», ma sono loro che glielo fanno trovare nella macchina, lo infilano in un ufficio, gli ritagliano dieci minuti: «Tu ti piazzi nella nostra anticamera e …