"Lo strappo delle minoranze violente", di Marco Rossi Doria
Il corteo si sta formando. Giovani dottori e infermieri da anni a contratto. Docenti precari e non. Disabili a cui tolgono aiuto. Operai in cassa integrazione da mesi. Donne giovani e non giovani, spesso con i figli, che stanno perdendo il lavoro e la dignità. Immigrati che lavorano al nero nei campi e nell’edilizia. E tanti ragazzi, universitari e lavoratori. Da Nord e da Sud. E non sono venuti con i bus e i treni speciali pagati dalle grandi organizzazioni, ma a spese proprie. Ci sono i suoni e i colori uguali agli altri 900 cortei del mondo. Bande, bongos, striscioni costruiti fuori da partiti e sindacati, teatro di strada. Colpisce l’assenza di astio e faziosità. Non è una piazza antiberlusconiana. E’ come se fosse il giorno nel quale nessuno s’interessa più a quell’anziano signore del tv color, come se finalmente si sapesse che abbiamo altro da fare. Cos’è questa piazza? C’è la richiesta di poter fare bene il proprio lavoro o di poterne fare uno. Ma il tema è il mondo che vogliamo. Attenzione: …