Pare che una delle chiavi per capire la politica italiana stia in una frase che Umberto Bossi s’è lasciato scappare poco meno di un mese fa a Somma Lombardo, in provincia di Varese, durante un comizio: “Tutto quello che guadagno lo metto in Lega, e mia moglie mi sgrida”. Bossi e famiglia abitano a Gemonio – all’imbocco della Valcuvia, il panorama dominato da un orribile cementificio in una villetta giallina, inizio Novecento. Meglio della casetta bianca del tempo Avanti Lega: ma comunque niente di che, una villetta piccolo borghese. Si può dire quel che si vuole, di Bossi: ma non che con la politica abbia fatto i soldi.
«Soprattutto da quando lui si è ammalato – racconta un importante leghista varesino – la signora è preoccupatissima per i figli. Teme che all’università e nel mondo del lavoro vengano penalizzati perché si chiamano Bossi. Vuole allora che abbiano un futuro nel partito: dove, però, vede nemici dappertutto». La signora è Manuela Marrone, 57 anni, seconda moglie di Bossi e madre di Renzo, Roberto Libertà e Sirio Eridano. Un mese fa Bossi è andato su tutte le furie perché Panorama le ha dedicato un servizio. «Lasciate fuori mia moglie», ha urlato ai giornalisti, e avrebbe certamente ragione se la questione non fosse ormai diventata una bomba politica all’interno della Lega. Dove molti accusano la signora Manuela di essere il capo di quel “cerchio magico” che condiziona tutte le scelte di Bossi, alleanza con Berlusconi compresa. Insomma tra moglie e marito non mettere il partito.
A una settimana dal burrascoso congresso in cui Bossi è stato contestato, la situazione sta degenerando. Da giorni non si fa che parlare di una lista di proscrizione preparata proprio dal cerchio magico: elencherebbe 47 «maroniani» da espellere dalla Lega, tra i quali nomi eccellenti come lo stesso sindaco del capoluogo, Attilio Fontana. Immediatamente gli amministratori locali del Varesotto fedeli a Maroni si sono detti pronti a presentare una «contro lista nera» che punta diritto al cerchio magico. E non è cosa da poco perché i maroniani sono in netta maggioranza nel partito, oltre a Varese hanno molti sindaci importanti: a Tradate, a Morazzone, a Buguggiate, a Caronno Varesino, a Gazzada Schianna.
Ormai le sdegnate smentite dei vertici della Lega («le solite balle dei giornalisti, spazzatura») non bastano più. La guerra interna è pubblica. Se molti parlano solo dietro garanzia dell’anonimato è perché la tensione è altissima: però sono sempre più numerosi gli scontenti che escono allo scoperto: in tanti si sono sfogati sul quotidiano La Provincia di Varese, il primo ad aver tirato fuori la storia della black list con i 47 nomi. E lo stesso sindaco Fontana ha chiesto spiegazioni con una lettera al nuovo segretario provinciale, Maurilio Canton, imposto dal cerchio magico nel congresso bulgaro della scorsa settimana.
Canton dice che la lista non esiste. Ma che la guerra ci sia, e che sia combattuta pure a colpi bassi, è evidente. Basta vedere su Internet il misterioso blog “Velina VerdE”. È un attacco continuo a tutti i maroniani. Chi c’è dietro la Velina Verde? Mah: la piattaforma internet è in Islanda, il server nelle Antille. I maroniani si dicono certi dello zampino del cerchio magico. Nel mirino del blog c’è anche un’associazione culturale che si chiama “Terra Insubre”, accusata di essere un centro di potere occulto dei maroniani. Uno degli animatori storici di Terra Insubre è un avvocato, Andrea Mascetti, considerato un ex simpatizzante dell’Msi: non è un caso che Bossi, dopo la contestazione della scorsa settimana, abbia parlato di «un gruppetto di fascisti». Anche se «di Terra Insubre – assicura un leghista varesino – al congresso non c’era nessuno».
Un brutto clima. «E tutto è nato – dicono i maroniani – quando la signora Manuela ha cominciato a preoccuparsi per suo figlio Renzo dopo le bocciature alla maturità. Ha iniziato a non parlarci più e a impedirci di parlare con Bossi. Si è convinta che Maroni abbia in testa chissà quali manovre per la successione. Invece, se c’è qualcuno che vuole bene a Bossi e ai suoi figli, è proprio Maroni».
Nipote di un martire della Resistenza (il siciliano Calogero Marrone, che da capo dell’Anagrafe del Comune di Varese forniva documenti falsi a ebrei e partigiani, e morì in un lager nazista), maestra elementare in pensione e ora direttrice di una scuola da lei fondata (la Scuola Bosina, a Varese), Manuela Marrone è sempre stata una donna riservata. La Lega è nata in casa sua: ma di lei si ricorda una sola intervista, quindici anni fa, a «Sette». L’ultima apparizione pubblica è a un comizio del marito a Cuveglio, nel settembre del 2010. Anche in quell’occasione non disse nulla. Ma nella Lega si sussurra che il vero capo sia lei, soprattutto da quando, nel marzo del 2004, il marito si sentì male. Attorno a quella sera sono circolate leggende metropolitane sulle quali è meglio lasciar perdere. Sta di fatto che da allora Bossi è sotto tutela di pochi fedelissimi guidati dalla moglie e dalla fedele Rosi Mauro, che da un anno ha preso casa a Gemonio a pochi metri dai Bossi. Ora si dice che proprio Rosi Mauro dovrebbe essere la protagonista di un nuovo repulisti, prendendo lei – al congresso che si terrà entro la fine dell’anno – il posto di segretario nazionale lombardo, che ora è del maroniano Giancarlo Giorgetti. Vero o falso? Se si andasse a voti, Giorgetti stravincerebbe. Insomma sarebbe una nuova battaglia di una guerra che, lo si voglia ammettere o no, è in pieno svolgimento.
La Stampa 17.10.11