Il contrasto è stridente. L’inferno romano, i feriti, la guerriglia urbana, il terrore dei passanti. E tutti gli altri «Indignati» che nel resto del mondo, e nelle stesse ore, hanno manifestato senza incidenti: in Spagna i ragazzi hanno persino tentato di coinvolgere pacificamente l’erede al trono Felipe. Il discorso di Assange a Londra mentre la folla applaudiva e sorrideva. Tutto tranquillo in Germania, Nuova Zelanda, Australia, Giappone. Esiste un’«anomalia italiana», una differenza di fondo che contempla il ricorso alla violenza nei conflitti sociali, quasi come un rito? C’è chi ripensa al G8 di Genova. E il parallelo non appare forzato, per esempio, a Sergio Cofferati, oggi parlamentare europeo Pd ma nome storico del sindacalismo italiano, segretario della Cgil dal 1994 al 2002: «Se ripensiamo a Genova bisogna dire che quei giorni vennero conclusi con un atto inqualificabile e inaccettabile delle forze dell’ordine. Però erano cominciati nel segno della violenza di una parte minoritaria dei manifestanti». Dunque, Cofferati, lei crede sia reale la costante di uno «zoccolo duro» di aggressività? «Credo non si possa ignorare che …