«Questa è una delle più grandi stragi sul lavoro del Paese, quelle donne stavano lavorando in un luogo non idoneo. Non è che ci solleviamo se si tratta di cinesi e per gli altri non vale. Ora bisogna avere un grande rispetto per le vittime e le loro famiglie. Poi, dopo il dolore e l’attenzione alle famiglie, bisogna riflettere seriamente su come si fa a far ripartire un’economia legale in questa città, nel Mezzogiorno e in tutto il Paese».
Così il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, a Barletta per i funerali pubblici delle quattro operaie senza contratto, morte schiacciate dal palazzo crollato di via Roma. Con loro c’era anche la figlia 14enne del titolare della ditta. Nessun commento esplicito è giunto dal segretario generale sulle parole del sindaco Nicola Maffei, che non si era sentito di criminalizzare chi, pur di dare un lavoro, sottopagava gli operai. Il segretario generale, però, pur precisando che «non voglio interpretare né credo sia utile farlo», ha detto che «il tema della sicurezza sul lavoro va affrontato e non si può giustificare né l’evasione né il lavoro nero. Forse bisognerebbe ripartire e ricostruire certezza delle regole, luoghi. Questo mi pare il vero messaggio di questa giornata con tutto il rispetto ovviamente per tutte le famiglie e per il loro dolore».
Secondo i dati della Cgia, infatti, in Italia risultano lavoratori a nero quasi 3 milioni di persone, il che «dimostra che l’idea del Governo di contenere il fenomeno attraverso un aumento dei rapporti di lavoro flessibile è miseramente fallito», ha detto Cesare Damiano, capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera. Secondo i dati della Cigl Puglia, invece, i lavoratori a nero risultano essere circa il 30% su un milione e 200mila impiegati. Tanti i motivi di questa diffusione del sommerso. Nella provincia Bat, per esempio, sarebbe stato l’avvento della concorrenza internazionale e, più in particolare cinese, a far fallire la filiera del tessile. Fino alla fine degli anni 90, infatti, Barletta era la capitale della produzione di abbigliamento. Ricche commesse da case di moda italiane avevano portato lavoro. Ha spiegato il segretario generale della Cisl, Raffale Bonanni, che «appena quindici anni fa Barletta aveva un sistema economico abbastanza florido e realizzava prodotti assolutamente apprezzati. Questi sono stati esposti alla concorrenza internazionale e non sono stati sorretti in Italia. Questo è il punto vero e su questo bisogna riflettere con molta forza da parte di tutti».
Quindi, sarebbe in parte la competizione con produttori più economici, alla base del sommerso. Un’idea da combattere, per il segretario generale Cgil, che afferma: «Accettare l’idea che si competa in questo modo ci porta a quelle condizioni. Invece dovremmo avere la forza e la capacità di competere meglio e di sapere che l’obiettivo è quello che altri non debbano più lavorare così e non che noi dobbiamo lavorare come loro».
La Guardia di Finanza, dunque, ha alzato il tiro e, su disposizione della Procura della Repubblica di Trani ha disposto una serie di controlli su larga scala. Da martedì infatti ci sono accertamenti a tappeto in tutti i maglifici di Barletta, al fine di stanare chi si serve di manodopera a nero e sottopagata. Inoltre accertamenti sono in corso per identificare l’esatto numero di “micro-maglieri” abusive disseminate in tutte la città e concentrate in strutture fatiscenti, per sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine.
L’Unità 07.10.11