Guardando gli ultimi anni di attacchi alla scuola pubblica sembra che ormai lo spazio pubblico della formazione italiana abbia ormai esaurito le sue potenzialità, abbia raggiunto uno stadio così detto «di non ritorno». Spulciando la finanziaria ancora una volta non abbiamo trovato un euro di investimento reale alla voce istruzione pubblica. Sarà che non ci siamo abituati alla logica della scuola come spesa e non come investimento. La soluzione alla crisi in salsa italiana, del resto, è l’impoverimento sociale e culturale del Paese, la cancellazione dei diritti, la distruzione di ogni dimensione pubblica. L’aumento delle classi pollaio, l’assenza di voci di bilancio sul diritto allo studio, i tagli all’offerta formativa, le poche briciole sull’edilizia scolastica con le scuole che cadono a pezzi, è solo il campanello di allarme dello stato in cui versa la scuola italiana da anni agli ultimi posti in Europa. Questo è il prezzo che il Governo Berlusconi fa pagare alle studentesse e agli studenti per una crisi e un debito causati dalla mala politica di questi decenni.
La sfida che lanciamo quest’autunno, a partire da domani, è tutta culturale e sociale. Pensiamo, infatti, che cambiare la scuola dal basso sia una possibilità reale. Abbiamo costruito in questi anni di mobilitazione un percorso che abbiamo chiamato AltraRiforma; scendendo in piazza, occupando e autogestendo, e ogni giorno nelle nostre aule vogliamo dimostrare come sia possibile trasformare la scuola pubblica dal basso.
Ad una valutazione autoritaria e basata su criteri soggettivi, sul voto di condotta e sul limite di 50 assenze proponiamo un nuovo modello di valutazione, basato sul confronto mensile tra studente e docente che analizzi e recuperi davvero le carenze, una valutazione che superi l’idea di sentenza e sia in grado di valorizzare davvero non solo le conoscenze, ma anche le competenze, le creatività e le attitudini. Stiamo sperimentando nelle scuole lo strumento del referendum per ribaltare il modello piramidale fondato sui presidi-manager, lo statuto dei diritti in stage, per tutelare i tantissimi studenti che vengono sfruttati durante i percorsi di alternanza scuola lavoro, senza tutele e diritti.
Ovviamente questo non basta. Per questo domani chiederemo una legge quadro sul diritto allo studio, di tagliare le spese militari per investire su trasporti gratuiti e borse di studio, sul libero accesso alla cultura e su un piano straordinario per l’edilizia scolastica. Vogliamo contare davvero.
Da domani, passando per la mobilitazione internazionale del 15, questo governo dovrà fare i conti con noi in oltre 70 piazze italiane, stanchi di subire le scelte scellerate, di non poter decidere anche noi cosa studiare, chi essere, cosa sognare.
*coordinatore nazionale Unione degli Studenti
L’Unità 06.10.11