Davvero i diritti rischiano di non abitare più in Italia. Abbiamo già accumulato abbastanza discredito internazionale per l´incapacità di gestire la crisi. E anche per l´impresentabilità oltre frontiera del Presidente del consiglio. Ora si è fatta ancor più palese la vocazione censoria della maggioranza di centrodestra con le ultime iniziative contro la libertà d´informazione, e il mondo comincia a guardarci con il giusto sospetto verso chi mescola prepotenza e ignoranza. Prepotenza, perché siamo davvero di fronte ad uno di quei casi classici di “tirannia della maggioranza”, della quale parlò Alexis de Tocqueville, i cui scritti i sedicenti liberali italiani non hanno nemmeno annusato. Ignoranza, rivelata dal modo in cui è stata affrontata la questione dell´informazione e della conoscenza su Internet, con norme incompatibili con la natura stessa della rete, come ha denunciato proprio oggi Wikipedia, con una pagina che già sta facendo il giro del mondo (la parziale marcia indietro su questo aspetto della legge non fa venir meno il discredito che già ci è caduto addosso).
I fatti di ieri sono chiarissimi. Con il nuovo emendamento presentato dal Governo, diventa totale il blackout sulla pubblicazione dei contenuti delle intercettazioni, anche per riassunto, fino all´udienza-filtro, di cui rimangono incerti i tempi. Registrando questa novità, la presidente della Commissione giustizia, Giulia Bongiorno, si è dimessa da relatrice del provvedimento, smentendo con questo suo gesto le dichiarazioni rassicuranti del ministro della Giustizia, che ha sostenuto che nulla sostanzialmente cambia rispetto al testo già approvato in commissione. La finalità puramente censoria dell´iniziativa del Governo è rivelata dalla situazione contraddittoria e paradossale che si verrebbe a creare per effetto dell´emendamento. Anche prima dell´udienza-filtro, infatti, i contenuti delle intercettazioni non sarebbero più coperti dal segreto, e godrebbero quindi di un particolare regime di pubblicità derivante dal fatto che esse compaiono negli atti giudiziari a disposizione delle parti, come l´ordinanza con la quale viene disposto l´arresto di una persona. Nulla vieterebbe, quindi, alle parti stesse e ai loro avvocati di utilizzarle nel modo ritenuto più conforme al diritto di difesa, parlandone con altri, trasmettendole a consulenti, periti, investigatori. Si creerebbero così due circuiti comunicativi, che si vorrebbero non comunicanti anche quando le intercettazioni rivelano vicende gravi o comunque rilevanti per la valutazione politica e sociale dei comportamenti delle figure pubbliche.
Questo è un classico meccanismo censorio. L´obiettivo dichiarato di impedire la pubblicazione delle parti non rilevanti delle intercettazioni non può essere perseguito vietando la pubblicazione di tutti i contenuti delle intercettazioni. Non si può trasferire nel mondo dei diritti fondamentali l´irragionevole tecnica che sta a fondamento dei tagli lineari in economia. E, per quanto riguarda la sbandierata tutela della privacy, bisogna invitare per l´ennesima volta a leggere la norma cha limita la tutela per le figure pubbliche ai soli casi in cui le informazioni che le riguardano non hanno “alcun rilievo” per l´informazione dei cittadini. Di una disciplina differenziata per le figure pubbliche, per i “cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche”, parla l´articolo 54 della Costituzione, stabilendo che quelle persone devono comportarsi con “onore e disciplina”. E tutti noi siamo titolari del diritto di poter valutare se ci si comporta in modo conforme a questi principi.
Da qui il dovere di informare e il diritto di essere informati come snodo essenziale del processo democratico, che sarebbe gravemente inquinato da quel doppio registro ricordato prima, perché rendere segreto quel che già è pubblico fatalmente, e quasi doverosamente, spinge a creare condizioni perché il meccanismo censorio non possa funzionare. Si può ancora fare appello alla responsabilità del legislatore perché non crei inammissibili situazioni di conflitto? Per esperienza sappiamo che solo un forte movimento nella società può indurre a qualche ripensamento, e stimolare le opposizioni. E poiché la buona politica deve essere nutrita da buona cultura, in questo difficile frangente vale la pena di ricordare le parole di Ronald Dworkin: “l´istituzione dei diritti è (…) cruciale perché rappresenta la promessa della maggioranza alla minoranza che la sua dignità ed eguaglianza saranno rispettate. Quando le divisioni tra i gruppi sono molto violente, allora questa promessa, se si vuole far funzionare il diritto, dev´essere ancor più sincera”. Se quella logica viene travolta, allora è l´idea stessa di costituzione a scomparire e, con essa, il fondamento moderno del sistema dei diritti.
La Repubblica 06.10.11
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“Giusto conoscere ogni atto degli eletti a incarichi pubblici”. Dopo il taglio ai bilanci limitare anche le intercettazioni ci impedisce di risalire alle organizzazioni mafiose, di ALBERTO CUSTODERO
«È sbagliato mettere la sordina all´informazione. Fanno bene in America a pubblicare tutti gli atti relativi alla vita di chi è stato votato dagli elettori a ricoprire incarichi pubblici». Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria, magistrato di trincea nella lotta alla ´ndrangheta, boccia la legge bavaglio che vieta per anni la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche.
Dottor Gratteri, si parla di diritto di cronaca differito: ciò significa privare l´opinione pubblica per molto tempo della facoltà di controllare chi governa?
«Per me i cittadini che votano hanno diritto a sapere tutto delle persone che dicono di lavorare per il bene del Paese. Ciò che vogliono proporre oggi c´era già nel Codice Rocco, era una restrizione che consentiva di tenere segrete notizie che riguardavano i governanti ad esempio dopo la strage di Bologna o durante il sequestro Moro. Si tratta dunque di un regresso storico del Paese in contrasto con quanto sostiene la Corte Europea del Diritto dell´Uomo secondo la quale, al contrario, i cittadini devono essere informati il più possibile sulla classe politica che li amministra».
Cosa pensa a proposito della divulgazione (quando si potrà) di notizie di carattere privato e nel contempo estranee a obiettivi investigativi?
«Le notizie dei soggetti terzi che vengono casualmente intercettati, ma che nulla hanno a che fare con il reato, non devono essere pubblicate mai. Né rese note».
Al di là del divieto per i giornalisti di pubblicare le intercettazioni in fase delle indagini preliminari, l´udienza-filtro è utile per le indagini o è un ostacolo?
«Chi ha proposto questa legge dimentica che la Cassazione di recente ha imposto a noi pm di consegnare tutte le intercettazioni agli indagati e ai loro avvocati al momento stesso dell´arresto. Venti giorni dopo che queste bobine sono state consegnate in un´indagine di mafia mediamente a una cinquantina di legali, dovrebbe esserci l´udienza filtro nella quale in quella delicata fase preliminare si dovrebbe già decidere quale intercettazione sia utile per sostenere la condanna e quali per la difesa. Arriviamo alla follia, stiamo parlando di aberrazioni giuridiche».
Secondo lei l´udienza-filtro serve per raggiungere lo scopo di evitare che le conversazioni non utilizzabili restino nella cassaforte del pm?
«Se l´obiettivo è impedire che altri soggetti abbiano la disponibilità delle intercettazioni non utilizzabili, l´udienza-filtro non risolve questo problema. Che fine faranno infatti le copie integrali delle intercettazioni finite al momento dell´arresto nelle mani di quella cinquantina di legali? Come si comporteranno se qualche loro amico gliele chiederà in cambio di chissà che cosa? Quali sanzioni sono previste in caso di scambi?»
Con la nuova legislazione, c´è il rischio che siano compromesse le indagini per mafia?
«Certo. Limitare l´uso delle intercettazioni ci impedisce di risalire all´organizzazione mafiosa attraverso il reato cosiddetto “fine” commesso da chi è ai margini dell´organizzazione criminale. Il boss non usa mai il telefono, a lui, o a chi lo favorisce, però, arriviamo attraverso i suoi affiliati di secondo o terzo livello».
Ma ci possono essere altre vie investigative per sostituire le intercettazioni, nel caso la legge ve ne limiti l´uso?
«Purtroppo i tagli ai bilanci della Giustizia e delle Forze dell´Ordine ci impediscono di sostituire l´apporto investigativo degli ascolti telefonici e ambientali con pedinamenti o altre tecniche che richiedano l´impiego di molti uomini. Da 10 anni non si fanno assunzioni. E ciò comporta uno spaventoso scoperto di organico nelle polizie giudiziarie di cui nessuno parla».
La Repubblica 06.10.11