Il nuovo ad di Finmeccanica chiude lo stabilimento aeronautico di Casoria e lo trasferisce a Nord, per la gioia di Bossi. «Più che di federalismo industriale parlerei di semplice accaparramento, da parte dei leghisti, di saldi di fine stagione prima che il governo cada». Gigi Moncalvo è stato direttore de La Padania, il giornale del Carroccio, ed è quindi uno che conosce bene il modo di pensare e di agire di Bossi e dei suoi uomini. Proprio per questo ha ancora più valore il suo commento, nel corso della trasmissione In Mezzora in onda domenica scorsa, al nuovo piano industriale dell’Alenia, la società aeronautica del gruppo Finmeccanica.
Piano che spoglierebbe il Centro-Sud di fabbriche d’eccellenza e posti di lavoro a favore del Nord, con grande gaudio dei dirigenti leghisti.
Per capire questa storia di egoismo territoriale, bisogna tornare indietro di qualche mese.
A inizio aprile il Tesoro ufficializza le nuove nomine per le più importanti società di proprietà statale, e ovviamente alla spartizione di presidenti e amministratori delegati partecipa anche la Lega. Bossi riesce a portare a casa un posto di peso, la poltrona di ad di Finmeccanica: lì si siede Giuseppe Orsi, ingegnere piacentino vicino alle posizioni del partito. Una vittoria politica che inizia a dare i frutti pochi mesi dopo, a settembre, quando i vertici dell’Alenia (controllata appunto da Finmeccanica) presentano il progetto di riorganizzazione della società. Il piano è una vera e propria doccia fredda per gli stabilimenti di Napoli e gli uffici di Roma, mentre regala alla provincia di Varese un’inattesa possibilità di sviluppo. Cominciamo con l’attacco al Sud: sono previsti 1.200 esuberi a livello nazionale, di cui solo la metà in Campania; dei quattro stabilimenti della provincia di Napoli (Pomigliano, Casoria, Nola e Capodichino) ne chiuderà uno, quello di Casoria, nonostante abbia buoni livelli di produttività e goda del boom di commesse per gli Atr, gli aerei prodotti dalla joint venture fra Alenia e Eads; infine verrà trasferita la sede legale da Pomigliano a Venegono, nel varesotto, dove Alenia si integrerà con Aermacchi, altra azienda aeronautica ma molto più piccola, visto che il rapporto di forze è di sette a uno. Proprio quest’ultimo punto è quello che preoccupa i lavoratori e la classe politica campana, perché si teme che assieme alla sede legale possa successivamente passare nella patria di Reguzzoni e Maroni anche il reparto progettazione, la vera punta di eccellenza delle fabbriche napoletane di Alenia. Una prospettiva, questa, che finirebbe col privare il meridione di uno dei pochi poli industriali tecnologicamente avanzati: basta considerare che da decenni c’è una stretta collaborazione fra la facoltà di ingegneria napoletana e l’azienda aeronautica, sinergia che permette a tanti giovani ingegneri meridionali di trovare un posto di lavoro qualificato a pochi passi da casa.
Il nuovo piano però colpisce anche Roma, affondando il coltello su uno dei luoghi comuni che il sedicente partito padano non manca mai di alimentare: i romani che campano solo grazie agli uffici pubblici e parapubblici.
Il progetto di Alenia infatti prevede la chiusura della sede amministrativa della Capitale, per trasferire tutti gli uffici a Torino o Pomigliano. Cosa che ha provocato una prevedibile sollevazione bipartisan dei politici capitolini, capace di unire il sindaco Alemanno al presidente della provincia Zingaretti.
Non a caso il Campidoglio è stato unanime nel dare mandato al primo cittadino di chiedere il blocco del trasferimento.
Insomma, se si mette da parte la chiusura di una fabbrica a Venezia, la geografia della riorganizzazione non lascia dubbi: la polpa finirà sopra al Po, nonostante l’ad Giuseppe Giordo cerchi di minimizzare. E a sorridere saranno soprattutto i varesini dell’Aermacchi dove lavora, singolare coincidenza, la moglie di Maroni.
da Europa Quotidiano 05.10.11