Ilda Boccassini, magistrato e “togarossa” celebre e sbeffeggiata, offesa, vilipesa dalla stampa berlusconiana, s’è presa la libertà,discutendo di mafia, di proporre alcune considerazioni a proposito di intercettazioni con grande schiettezza oltre che con equilibrio, intelligenza, competenza Lo ha fatto dopo una giornata passata in tribunale a sostenere le ragioni di un processo, quello per il caso Ruby, che si deve fare, malgrado i soliti tentativi dei soliti legali di rinviare, occultare, insabbiare. Considerazioni impreviste e forse imprevedibili nel momento in cui il presidente del Consiglio muove l’ennesima campagna censoria, per fortunatra molti ostacoli emolte opposizioni, giornalisti in prima fila. Ilda Boccassini, con naturalezza, ha detto una cosa semplice, che a legger certe cose sui giornali s’indigna, e ne ha detto un’altra difficile, lei magistrato rivolgendosi ad altri magistrati: che s’è fatto un cattivo uso di quel formidabile strumento da parte della magistratura, ovvero da parte degli uffici del pubblico ministero a livello nazionale, proponendole di fatto come il campo, l’occasione, di uno scontro politico senza autentica politica, contribuendo al degrado di una politica che degradata lo è già per conto proprio. Il giudizio è severo, pretenderebbe una seria riflessione, anche se qualcuno non mancherà di impugnarlo come un’ascia di guerra per fare a pezzi giornali e rotative o almeno per stendere pennellate di inchiostro nero, a propria discrezione, su dialoghi, conversazioni, confessioni. Ma non è così per Ilda Boccassini, che segnala invece l’importanza delle intercettazioni, indispensabili a qualsiasi inchiesta giudiziaria. Ci richiama però ad un uso sobrio e pertinente, ad un uso severo che non metta di mezzo chi non c’entra, il colpevole ipotetico di un delitto o il dirigente politico che parla senza inibizioni: perchè non sempre in ciò che è intercettato vi è, per fortuna, rivelazione di reato e comunque ad ogni presunto reato dovrebbero corrispondere prove certe.
Soprattutto, il magistrato Boccassini ci invita a sottrarre la politica alle tentazioni della chiacchiera, del retrobottega, del buco della serratura. A seconda dei casi e nella migliore delle ipotesi sul gossip si può costruire una immagine della morale dei tempi e un po’ di sociologia del costume. Anche per questo la stampa ha il diritto insuperabile di pubblicare tutto ciò che è pubblico, noi di leggere o di non leggere (più che l’indignazione spesso ci tocca la noia). La politica dovrebbe sollevarci, sottrarci alla china. Colpa di tutta la politica se non va così? Si torna sempre a quel punto, alla presenza diunpersonaggio che levandosi di torno aiuterebbe questo Paese a tornare, o almeno ad avvicinarsi, alla normalità. Forse anche a un uso normale delle intercettazioni.
L’Unità 05.10.11