Secondo l’Osservatorio nazionale Federconsumatori le spese per frequentare gli atenei nordisti risultano più care, in media, del 13,5% rispetto alla media nazionale: le tasse maggiori a Parma, con oltre mille euro l’anno. Grazie all’Isee gioiellieri, albergatori e ristoratori però si fermano quasi sempre a 500 euro: meno di quello che versa un genitore che opera alla catena di montaggio. Brutte notizie per gli studenti che si apprestano ad iscriversi ad una sede universitarie del Nord Italia: scorrendo il II rapporto sui costi delle tasse universitarie negli atenei italiani, realizzato dall’Osservatorio nazionale Federconsumatori, si evince infatti che le spese per l’iscrizione ed in generale la frequenza degli atenei nordisti risultano più alte, in media, del 13,5% rispetto alla media nazionale.
La differenza più marcata rimane comunque quella tra Nord e Sud: le Università sopra il Po sono più care, in media, del 28,3%. Divario che si fa ancora più evidente prendendo in considerazione l’ultima fascia, quella per i redditi più alti: gli atenei “del Nord – spiegano da Federconsumatori – risultano in questo caso più cari del 68% rispetto a quelle del Sud, di conseguenza non dover dichiarare il proprio reddito (rientrando automaticamente nella fascia più alta) costa di meno al Sud”.
L’ateneo italiano più esoso (prendendo in considerazione la prima fascia) è l’Università degli studi di Parma con una retta di 1005,87 Euro annui per le facoltà scientifiche e di 890,05 Euro per quelle umanistiche, pari al +103% in più rispetto alla media nazionale.
Al secondo posto si trova invece l’Università degli studi di Verona (con una retta annuale di 613,18 Euro per le facoltà umanistiche e 671,22 Euro per le facoltà scientifiche).
In termini generali, invece, sono gli atenei del Sud ad applicare tasse più basse, con l’Università Aldo Moro di Bari in testa alle università che costano meno (sempre considerando la prima fascia), anche se bisogna sottolineare che parte dell’importo della retta è dovuta al merito: una votazione media bassa o un basso numero di crediti conseguiti, quindi, si traduce in un aumento delle tasse.
A dir poco paradossale è la situazione che emerge guardando al raffronto generale sulle spese affrontate per far mandare i nostri giovani all’Università. La maggior parte delle famiglie monoreddito di lavoratori autonomi, come gioiellieri, albergatori e ristoratori rientrano infatti nella seconda fascia Isee considerata, e quindi pagano in media una tassa annuale universitaria pari a 515,82 Euro, esattamente come la famiglia monoreddito di un operaio non specializzato. “Anche qui, come in altri settori in cui si utilizza come parametro l’Isee, i figli degli operai alla catena di montaggio pagano di più dei figli dei gioiellieri”, ha dichiarato Rosario Trefiletti, presidente Federconsumatori.
La Tecnica della Scuola 04.10.11