Abbiamo una grande responsabilità, quella di ricostruire il Paese, di liberarlo dalle macerie del berlusconismo. Su questo punto della relazione di Bersani si è registrato, e non poteva che essere così, un largo consenso. Nella società italiana cresce il malessere, l’indignazione, la rabbia per una condizione di insicurezza materiale, per il lavoro che manca, per un sistema pubblico che funziona male, per una politica che appare impotente… Il governo è parte del problema e non della soluzione. È insopportabile leggere ogni giorno che anche le opposizioni sono deboli e incapaci. Non è così, le nostre analisi e le nostre proposte per contrastare la crisi sono oggi divenute oggetto di un dibattito molto più ampio. Ma non possiamo considerarci soddisfatti, non possiamo non cogliere anche i limiti della nostra iniziativa. Non possiamo definirci per vicinanza o distanza dalle proposte della Bce o delle imprese. Serve un progetto che guardi al di là dell’emergenza e che offra una cornice di valori e di obiettivi verso cui tendere. Non più ricchezza materiale ma più equità e una migliore coesione e qualità sociale. Solo dentro questo disegno sarà possibile per i progressisti affrontare anche riforme scomode, perché toccano mondi che consideriamo “nostri”, come la modernizzazione della pubblica amministrazione e la riorganizzazione del mercato del lavoro.
Su questo il confronto nel Pd non è maturato a sufficienza e sento la tentazione di rifugiarsi dietro formule rassicuranti che dicono troppo o troppo poco: uscire dal neoliberismo conservatore va bene ma per andare dove? Verso un modello socialdemocratico che è in crisi anche dove ha dato il meglio di sé? Abbiamo le risorse e le capacità per disegnare un progetto progressista nuovo, originale, che faccia i conti con la dimensione inedita dei problemi che abbiamo davanti. Vorrei che la Conferenza programmatica che terremo all’inizio del nuovo anno diventasse un’occasione per coinvolgere intellettualità, competenze, esperienze anche esterne ai partiti.
La Direzione del Pd si è tenuta all’indomani della conclusione della raccolta delle firme per i referendum elettorali. Non ho condiviso i toni aspri – inutilmente e ingiustamente aspri – di Parisi. Il Pd ha la sua proposta, in tanti militanti e dirigenti hanno contribuito al successo della raccolta di firme, credo sia utile che si lavori tutti all’approvazione di una buona riforma elettorale o, in alternativa, alla celebrazione del referendum. Ritengo tuttavia che anche questa vicenda, dopo quella dei referendum su acqua e nucleare, evidenzi una certa timidezza del Pd a cogliere la spinta alla partecipazione diretta dei cittadini come una risorsa che non basta “guardare con simpatia”. Qualche volta è utile, a noi e alla società civile, lasciarsi attraversare da quella spinta, mescolarsi, fare le cose insieme.
Bersani ha detto più volte che il Pd vuole dare la mano ai movimenti della società, rispettandone l’autonomia.
Ecco, credo che in alcune occasioni – e il referendum contro il “Porcellum” poteva essere una di queste – valga la pena essere in modo trasparente parte di una mobilitazione civica diffusa che va oltre la dimensione dei partiti organizzati.
Infine sulla proposta politica. Mi auguro che il dibattito in direzione sul rapporto tra l’ipotesi di un governo istituzionale di emergenza e la prospettiva delle elezioni sia sufficiente ad evitare oscillazioni nel futuro.
È perfino ovvio che un partito di opposizione si prepari al voto e punti a conquistare il governo del paese. Nella condizione in cui siamo oggi in Italia tuttavia lavoriamo per l’immediato svolgimento delle elezioni o per un governo di responsabilità nazionale che faccia alcune riforme e affronti i problemi più urgenti sul terreno economico e finanziario? Se la crisi è davvero così dura come diciamo, se servono subito misure difficili e severe, se dobbiamo riscrivere le regole per uscire dal populismo di marca berlusconiana, allora serve una convergenza di forze diverse che da subito si misurino con questa emergenza. Oggi, e nella prossima legislatura, che non potrà che essere costituente e per la quale è necessaria l’alleanza tra progressisti e moderati.
Chi dice o dirà di non essere disponibile si assumerà la responsabilità di non corrispondere ai compiti che spettano ad una politica alta, capace di ridare speranza all’Italia.
da Europa Quotidiano 04.03.11