"La carica dei costituenti per caso", di Michele Ainis
La notizia è che non fanno più notizia. Grandi riforme, piccoli titoli: anche l’ultimo esercizio d’ingegneria costituzionale (via le Province dalla Carta, dentro il pareggio di bilancio) è finito in un angolino a fondo pagina. Ma il troppo stroppia, e in conclusione nessuno ti prende più sul serio. Specie quando fai salpare un bastimento che viaggia in tempi biblici, come le leggi di revisione costituzionale. Perché allora dovrai avviare un dibattito fra i partiti e nel Paese, formalizzare una proposta condivisa, ottenere due approvazioni dalla Camera e altrettante dal Senato, probabilmente affrontare un referendum. Meglio farlo agli esordi della legislatura, c’è più tempo. E meglio mettere in mare un’imbarcazione alla volta, per evitare collisioni. D’altronde non è un caso che nelle ultime due legislature l’Italia abbia licenziato due soli emendamenti alla Carta del 1947 (e zero emendamenti in questa). Invece il governo Berlusconi è rimasto a braccia conserte nei primi tre anni della legislatura, poi ha sparato 4 colpi in 5 mesi. Nell’ordine: per abbassare l’età minima dell’elettorato attivo e passivo (marzo). Sulla giustizia (aprile). …