«I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie sono in se stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà. Ammorbano l’aria e appesantiscono il cammino comune». Lo ha detto il presidente della Cei card. Angelo Bagnasco nella prolusione al Consiglio Cei. «Si rincorrono con mesta sollecitudine, racconti che, se comprovati, a livelli diversi rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica. Da più parti, nelle ultime settimane, si sono elevate voci che invocavano nostri pronunciamenti. Forse che davvero è mancata in questi anni la voce responsabile del Magistero ecclesiale che chiedeva e chiede orizzonti di vita buona, libera dal pansessualismo e dal relativismo amorale?».
«C’è da purificare l’aria, perchè le nuove generazioni, crescendo, non restino avvelenate». Davanti a «racconti che, se comprovati, a livelli diversi rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica», il cardinale Angelo Bagnasco punta il dito contro «i comportamenti non solo contrari al pubblico decoro ma intrinsecamente tristi e vacui» oggetto in queste settimane di inchieste giudiziarie e di molti articoli di giornali.
«Mortifica», dice il presidente della Cei aprendo il Consiglio Episcopale Permanente, «dover prenderne atto», così come «rattrista il deterioramento del costume e del linguaggio pubblico, nonchè la reciproca, sistematica denigrazione, poichè – spiega il porporato ai vescovi riuniti nella sede della Cei – è il senso civico a corrompersi, complicando ogni ipotesi di rinascimento anche politico».
«Non è la prima volta – sottolinea Bagnasco citando le prolusioni del settembre 2009 e dello scorso gennaio – che ci occorre di annotarlo: chiunque sceglie la militanza politica, deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda».
«Da più parti, nelle ultime settimane, si sono elevate voci che invocavano nostri pronunciamenti», osserva Bagnasco, per il quale, tuttavia, davvero non è mancata «in questi anni la voce responsabile del Magistero ecclesiale che chiedeva e chiede orizzonti di vita buona, libera dal pansessualismo e dal relativismo amorale».
La collettività guarda con sgomento gli attori della scena pubblica e l’immagine del Paese all’esterno ne viene pericolosamente fiaccata». Così il presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco. «Quando le congiunture si rivelano oggettivamente gravi, e sono rese ancor più complicate da dinamiche e rapporti cristallizzati e insolubili, tanto da inibire seriamente il bene generale – ha detto il porporato aprendo i lavori del Consiglio permanente dei vescovi italiani – allora non ci sono né vincitori né vinti: ognuno è chiamato a comportamenti responsabili e nobili. La storia ne darà atto».
Al punto in cui siamo – spiega Bagnasco – è essenziale drenare tutte le risorse disponibili, intellettuali, economiche e di tempo, convogliandole verso l’utilità comune. Solo per questa via si può salvare dal discredito generalizzato il sistema della rappresentanza, il quale deve dotarsi di anticorpi adeguati, cominciando a riconoscere ai cittadini la titolarità loro dovuta».
«È sull’impegno a combattere la corruzione, piovra inesausta dai tentacoli mobilissimi, che la politica di oggi è chiamata a vero esame».
LA QUESTIONE MORALE
«La questione morale non è una debolezza esclusiva di una parte soltanto e non riguarda semplicemente i singoli, ma gruppi, strutture, ordinamenti, a proposito dei quali è necessario che ciascuna istituzione rispetti rigorosamente i propri ambiti di competenza e di azione, anche nell’esercizio del reciproco controllo». Lo afferma il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, invitando tutti a riconoscere che «la questione morale complessivamente intesa non è un’invenzione mediatica: nella dimensione politica, come in ciascun altro ambito privato o pubblico, essa è un’evenienza grave, che ha in sè un appello urgente». «Nessuno – riconosce – può negare la generosa dedizione e la limpida rettitudine di molti che operano nella gestione della cosa pubblica, come pure dell’economia, della finanza e dell’impresa: a costoro vanno rinnovati stima e convinto incoraggiamento». Ma, aggiunge, «l’improprio sfruttamento della funzione pubblica è grave per le scelte a cascata che esso determina e per i legami che possono pesare anche a distanza di tempo». «Non si capisce – continua Bagnasco in una prolusione che ha davvero i toni della requisitoria – quale legittimazione possano avere in un consorzio democratico i comitati di affari che, non previsti dall’ordinamento, si auto-impongono attraverso il reticolo clientelare, andando a intasare la vita pubblica con remunerazioni – in genere – tutt’altro che popolari. E pur tuttavia il loro maggior costo sta nella capziosità dei condizionamenti, nell’intermediazione appaltistica, nei suggerimenti interessati di nomine e promozioni. Al punto in cui siamo, è essenziale drenare tutte le risorse disponibili, intellettuali, economiche e di tempo, convogliandole verso l’utilità comune. Solo per questa via si può salvare dal discredito generalizzato il sistema della rappresentanza, il quale deve dotarsi di anticorpi adeguati, cominciando a riconoscere ai cittadini la titolarità loro dovuta».
LA CRISI ECONOMICA
«Chi rientra oggi nella classe dirigente del Paese deve sapere che ha doveri specifici di trasparenza e economicità: se non altro, per rispettare i cittadini e non umiliare i poveri. Specie in situazioni come quella attuale, ci è d’obbligo richiamare il principio prevalente dell’equità che va assunto con rigore e applicato senza sconti, rendendo meno insopportabili gli aggiustamenti più austeri». Lo ha detto il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco.
I vescovi italiani danno voce «alle preoccupazioni che pulsano nel corpo vivo del Paese» riguardo alle conseguenze della crisi economica in atto, e non sfugge loro «quel che, a più riprese, si è tentato di fare e ancora si sta facendo per fronteggiarle».
«L’impressione tuttavia – afferma il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco – è che, stando a quel che s’è visto, non sia purtroppo ancora sufficiente». «Colpisce – denuncia il cardinale – la riluttanza a riconoscere l’esatta serietà della situazione al di là di strumentalizzazioni e partigianerie; amareggia il metodo scombinato con cui a tratti si procede».
«È nota – rileva il porporato – la difficoltà a innescare la marcia di uno sviluppo che riduca la mancanza di lavoro, ed è noto il peso che i provvedimenti economici hanno caricato sulle famiglie; non si può, rispetto a queste dinamiche, assecondare scelte dissipatorie e banalizzanti. La collettività guarda con sgomento gli attori della scena pubblica e l’immagine del Paese all’esterno ne viene pericolosamente fiaccata. Quando le congiunture si rivelano oggettivamente gravi, e sono rese ancor più complicate da dinamiche e rapporti cristallizzati e insolubili, tanto da inibire seriamente il bene generale, allora non ci sono nè vincitori nè vinti: ognuno è chiamato a comportamenti responsabili e nobili. Solo comportamenti congrui ed esemplari, infatti, commisurati alla durezza della situazione, hanno titolo per convincere a desistere dal pericoloso gioco dei veti e degli egoismi incrociati». Il problema della crisi economica, ricorda però il cardinale presidente, non è nata in Italia e non riguarda solo il nostro Paese.
Ma, denuncia, «nessuna nuova istituzione internazionale è stata nel frattempo messa in campo col potere di regolare appunto la funzionalità dei mercati allorchè questi risultino anomali». Così «le agenzie che classificano l’affidabilità dei grandi soggetti economici hanno continuato a far valere la loro autarchica e misteriosa influenza, imponendo ulteriori carichi alle democrazie», mentre «l’Europa ha fatto fronte in ritardo e di malavoglia alle emergenze, incapace di esprimere una visione comunitaria inclusiva dei doveri propri della reciprocità e della solidarietà, soprattutto rivelando ancor di più lo squilibrio tra l’integrazione economica, di cui l’euro è espressione, e un’integrazione politica, ancora inadeguata, pesantemente burocratizzata e invasiva».
«D’altronde – conclude con amarezza Bagnasco – l’Italia non si era mai trovata tanto chiaramente dinanzi alla verità della propria situazione. Il che significa, tra l’altro, correggere abitudini e stili di vita. Qualcosa di facile a dire, ma estremamente difficile ad applicare, anzitutto per sè».
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Bagnasco: «Comportamenti tristi e vacui non compatibili con il decoro istituzioni».
Il presidente della Cei parla di moralità della politica. Ma senza mai citare espressamente Berlusconi. Davanti a «racconti che, se comprovati, a livelli diversi rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica», il cardinale Angelo Bagnasco punta il dito contro «i comportamenti non solo contrari al pubblico decoro ma intrinsecamente tristi e vacui» oggetto in queste settimane di inchieste giudiziarie e di molti articoli di giornali. Il presidente della Cei si è richiamato in maniera decisa all’attualità politica nella prolusione con cui ha aperto il Consiglio episcopale permanente. Ma non ha mai fatto nomi e non ha mai citato neppure indirettamente il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, le cui vicende sembrano tuttavia aleggiare nel documento letto davanti ai vescovi di tutta Italia. E ha esteso il suo ragionamento all’intera classe politica del Paese. «Mortifica» ha detto «dover prenderne atto», così come «rattrista il deterioramento del costume e del linguaggio pubblico, nonchè la reciproca, sistematica denigrazione, poichè – ha spiegato il porporato – è il senso civico a corrompersi, complicando ogni ipotesi di rinascimento anche politico».
«PURIFICARE L’ARIA» – «I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie sono in se stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà – ha detto ancora il cardinale – . Ammorbano l’aria e appesantiscono il cammino comune». Per questo motivo, «c’è da purificare l’aria, perchè le nuove generazioni, crescendo, non restino avvelenate».
«NON E’ LA PRIMA VOLTA» - «Non è la prima volta – ha sottolineato Bagnasco citando le prolusioni del settembre 2009 e dello scorso gennaio – che ci occorre di annotarlo: chiunque sceglie la militanza politica, deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda». «Da più parti, nelle ultime settimane, si sono elevate voci che invocavano nostri pronunciamenti», ha osservato Bagnasco, per il quale, tuttavia, davvero non è mancata «in questi anni la voce responsabile del Magistero ecclesiale che chiedeva e chiede orizzonti di vita buona, libera dal pansessualismo e dal relativismo amorale».
I TEMI ECONOMICI – Bagnasco ha parlato anche della situazione economica, richiamando tutti a comportamenti «responsabili e nobili» di cui poi «la storia darà atto». Ha richiamato la necessità di un «patto intergenerazionale che, considerando anche l’apporto dei nuovi italiani, sia in grado di raccordare fisco, previdenza e pensioni avendo come volano un’efficace politica per la famiglia». Ha criticato la globalizzazione «non governata» e ha concentrato l’attenzione sulla finanza e sulla speculazione che, citando il Papa, ha definito «senza limiti» e sulle agenzie di rating: «Le agenzie che classificano l’affidabilità dei grandi soggetti economici – ha sottolineato – hanno continuato a far valere la loro autarchica e misteriosa influenza, imponendo ulteriori carichi alle democrazie».
IL DIRITTO AL LAVORO – Un pensiero particolare il presidente dei vescovi lo ha poi rivolto ai giovani alle prese con la ricerca di un’occupazione: «La situazione del lavoro, la disoccupazione, il precariato, l’inattività di molti giovani: sono un nostro assillo costante». Il lavoro, ha detto Bagnasco, non è «una degnazione del mercato: il lavoro è un diritto-dovere iscritto nell’ordine creaturale, e dunque la società ha l’obbligo di porre le condizioni perchè esso possa esplicarsi per tutti». E ancora: La «dignità della persona» «passa per il lavoro riconosciuto nella sua valenza sociale».
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