Proprio mentre il sangue di San Gennaro si liquefaceva nel Duomo di Napoli, la magistratura decideva che la scienza avrebbe dovuto, se non prevedere, almeno dare indicazioni più precise relativamente al terremoto che ha distrutto l’Aquila nell’aprile del 2009.
È vero che negli Stati Uniti una disputa legale fra scienza e Genesi ha avuto una durata trentennale e che qualcuno vorrebbe elevare il creazionismo a disciplina scolastica attraverso i tribunali. Ma non si era mai visto in nessuna parte del mondo un processo a scienziati colpevoli di non aver preso le giuste misure precauzionali prima dell’unico evento catastrofico, per definizione, imprevedibile. Il tutto mentre la riforma del sistema universitario del ministro Gelmini rischia di maturare uno dei frutti più avvelenati: la sparizione di 25 dipartimenti di scienze della Terra (gli stessi dove si formano coloro che si occupano di sismi) su 31 perché non dotati di una massa critica sufficiente, dunque riassorbiti in altre strutture.
Era possibile prevedere il terremoto de L’Aquila? La risposta è decisamente no, in nessuna parte del mondo si sono mai previsti i terremoti, se si esclude il caso molto particolare del 1975 in Cina, nella lontana provincia di Haicheng. Lì, però, i segnali erano formidabili: sorgenti che si inaridivano, tremori diffusi, crolli e frane, tanto che le autorità cinesi sgombrarono l’intera provincia. Il terremoto effettivamente arrivò e fece «solo» un migliaio di vittime a fronte di centinaia di migliaia possibili. Il regime rese possibile un’operazione che in nessun altro Paese libero sarebbe stata nemmeno ipotizzabile. Tanto meno nel caso aquilano, in cui non c’erano segnali seri o univoci e anche chi preconizzava un sisma lo faceva per un’area generica, centrata peraltro su Sulmona, senza specificare né l’ora né il giorno: cosa si doveva fare, evacuare l’Abruzzo intero? E per quanto tempo? Prevenire certo si poteva, ma questa mancanza è da attribuire interamente agli amministratori che non hanno provveduto a risanare e rinforzare gli edifici o a chi ha operato malaccortamente o in malafede, sicuramente non ai ricercatori del comitato grandi rischi. E certo le cose non miglioreranno se non si rafforzano, invece che indebolire, le prerogative degli scienziati della Terra e dei geofisici, come invece si sta facendo con la riduzione dei dipartimenti.
Del resto questo è il Paese in cui centinaia di romani, nel maggio scorso, si sono allontanati dalla capitale per paura di un terremoto «previsto» da un orologiaio di Faenza, peraltro deceduto trent’anni prima. Ma non dovremmo stupirci più di tanto: alcuni magistrati ci inducono a pensare che si possano prevedere i terremoti (e non che sia basilare, invece, prevenirli costruendo per bene), magari come dovremmo prevedere le mosse della nostra giornata in base all’oroscopo quotidiano, considerato come scienza da milioni di connazionali. E milioni di fedeli in tutto il mondo credono nei miracoli di ogni religione, anche quando quei fenomeni possono essere spiegati scientificamente: nel caso del sangue di San Gennaro basta aggiungere sale da cucina a una soluzione di cloruro ferrico e polvere di marmo (tutti elementi già reperibili nel medioevo) per ottenere una gelatina rossastra che, se viene scossa, diventa liquida. Coltiviamo qualche dubbio sul fatto che questo sia il secolo del progresso scientifico: forse altrove, non in Italia.
La Stampa 25.09.11