Sacconi ci riprova. In piena bufera finanziaria, economica e anche politica, torna sul tema pensioni sul quale, lo dice lui stesso, «le parti sociali sono spaccate». Se ne esce sostenendo che il governo ritiene «utile» un avviso comune tra le parti sociali per la definizione delle «transizioni » sul sistema previdenziale. In particolare, continua il ministro, sarebbe utile definire la transizione per quanto riguarda l’età delle donne, il contributivo, l’aspettativa di vita e le pensioni di anzianità. «C’è obiettivamente un problema intergenerazionale – aggiunge – Dobbiamo produrre un riequilibrio tra generazioni a favore dei giovani». Le parti sociali saranno anche spaccate, ma l’intempestiva proposta di Sacconi trova un invalicabile muro di «no». Quello della Cgil innanzitutto: il sindacato di Susanna Camusso boccia qualsiasi nuovo intervento sul sistema previdenziale e avverte in uno studio che già con le norme approvate finora le donne(tra incremento previsto per la pensione di vecchiaia, aumento legato all’aspettativa di vita e la cosiddetta finestra mobile) si troveranno ad andare effettivamente in pensione di vecchiaia nel 2031 a 68 anni e due mesi. Ma anche la Cisl respinge la proposta: «Non ha senso su una materia come le pensioni fare avvisi comuni. Qualsiasi riforma del sistema previdenziale passa attraverso un confronto concertativo leale e concreto tra governo e parti sociali», dichiara il segretario confederale Maurizio Petriccioli, responsabile del Dipartimento previdenza e fisco. «In ogni caso non abbiamo alcuna intenzione di discutere di pensioni ancor di più in un clima di concertazione sfilacciata come quella attuale – aggiunge Petriccioli – qualunque manovra previdenziale rischia di essere finalizzata a fare cassa e non porterebbe alcun beneficio al sistema pensionistico». PERMANENZA DANNOSA Dura anche la reazione delle opposizioni: «Il ministro Sacconi si dimostra ogni giorno più irresponsabile», dice Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro per il Pd. «Ma che ministro è? Dopo aver ricevuto due pesanti bocciature, prima sull’improvvisata e strampalata misura sul riscatto dei periodi militari e laurea, poi sull’art. 8, tenta di coprire le contraddizioni della maggioranza ». «Caro ministro – prosegue Fassina – abbia la dignità istituzionale necessaria alla sua funzione, avanzi lei a nome del governo una proposta, se è in grado. Altrimenti, vada a casa. La sua permanenza al ministero è sempre più dannosa per l’Italia». Il capogruppo Pd in Commissione lavoro, Cesare Damiano,
L’Unità 24.09.11
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Pensioni, Sacconi riapre lo scontro “Avviso comune sulla riforma”, di Roberto Mania
Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro, ci riprova. Punta a dividere il fronte delle parti sociali che con la firma dell´accordo sulla contrattazione ha ritrovato una unità di intenti oltre che di critica all´immobilismo del governo. Questa – a freddo – la mossa del ministro: un invito a Confindustria e sindacati perché propongano un avviso comune per aggiornare il sistema pensionistico sapendo che, in questo momento, le rispettive posizioni sono incompatibile. Da Cgil, Cisl e Uil è arrivato, infatti, un no secco alla proposta; nessun commento, invece, dagli industriali che però nel manifesto che stanno scrivendo insieme alle altre organizzazioni imprenditoriali “Per salvare l´Italia” diranno che è, tra l´altro, necessario cancellare l´anomalia italiana delle pensioni di anzianità e accelerare l´aumento dell´età per le donne.
«Le parti sociali – ha detto il ministro – dovrebbero parlare tra di loro di lavoro e pensioni. Se fossero capaci di trovare un punto di incontro sulle pensioni aiuterebbero il governo». In particolare Sacconi auspicherebbe una proposta per gestire la transizione verso l´aumento a 65 anni dell´età pensionabile delle donne, verso il progressivo incremento dell´aspettativa di vita, verso il graduale superamento delle pensioni di anzianità.
Con la sua proposta, dunque, Sacconi ha voluto dimostrare come sia fragile l´asse tra Emma Marcegaglia, presidente degli industriali, e i leader sindacali. E che dunque sia possibile prevedere che al primo ostacolo le loro strade si divideranno. Nello stesso tempo, però, l´uscita di Sacconi sta lì a confermare il fastidio con cui il governo, e in particolare proprio il titolare del Lavoro, abbia vissuto la riconcilazione tra le parti sociali (dopo la serie di accordi separati senza la Cgil) che all´inizio di questa settimana hanno firmato l´intesa sulla contrattazione definita il 28 giugno scorso (integrata da una postilla che nei fatti congela l´articolo 8 della Manovra finanziaria, quello che permette di derogare allo Statuto dei lavoratori). Una indiretta conferma di questa tensione tra governo e parti sociali è arrivata ieri dalle parole sempre di Sacconi: «L´articolo 8 non è stato sterilizzato, è operoso, è a disposizione di chi vuole usarlo». Ma il punto è proprio questo: Confindustria, Cgil, Cisl e Uil hanno detto e scritto che non intendono utilizzarlo. Si vedrà quanto reggerà l´alleanza sindacati-imprese. Perché, certo, lo stesso segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, ha riconosciuto ieri come con la Confindustria vi sia una sorta di «fronte comune» sulla necessità di imprimere una crescita al Pil nazionale, ma come siano diverse le ricette con cui conseguirla. Ha infatti aggiunto Camusso: «Se Confindustria insiste sull´idea che lo strumento è quello delle pensioni, continuiamo a non condividere e pensare che sia la strada sbagliata».
Ieri, però, Sacconi ha fatto anche una marcia indietro. Perché sarà rivisto il regolamento approvato dal Consiglio dei ministri sulla composizione del Cnel. Regolamento che dimezza i componenti delle rappresentanze sociali, ma non i membri tecnici di nomina politica, né i rappresentanti delle associazioni del volontariato. «La norma sarà presto corretta – ha detto Sacconi – imprese e sindacati non hanno ragione di preoccuparsi».
La Repubblica 24.09.11