Il nuovo anno scolastico ripropone, aggravati, tutti i problemi degli anni precedenti, dopo che sulla scuola pubblica si è scagliata la scure della Gelmini. In dieci anni la condizione della scuola italiana, e la qualità della vita al suo interno, è peggiorata davvero e sistematicamente. Il sistema culturale che ha nei media il centro di irradiazione ha rimodellato definitivamente l’economia degli affetti e del desiderio di un paio di generazioni. La cultura e l’intelligenza non interessano alla classe dirigente italiana, che al limite se ne riempie la bocca per promuovere le immagini delle aziende, o in chiave paternalistica per accreditare localismi e al massimo pubblicizzare il turismo. I genitori di alunni e studenti devono capire che non esistono più, per i loro figli, diritti acquisiti. Occorre difenderli. Di più: riconquistarseli, questi diritti, perché tanti sono stati già tolti. Insomma, oltre all’impegno che i genitori richiedono ai propri figli nello studio, in questi anni la scuola chiede più impegno anche a loro.
In questi tre anni c’è stata una narrazione bugiarda da parte del governo di quanto è successo a scuola. Affermare che con tagli a fondi e docenti, tagli epocali, la qualità della scuola potesse migliorare, non era solo una cosa impossibile ma un falso. L’ideologia del ritorno al passato come modello per il futuro della scuola ha avuto buon gioco sui genitori degli alunni di oggi perché faceva leva sul loro ricordo dell’infanzia, che però è molto diversa dall’infanzia di oggi. È un modello vecchio, anacronistico, classista, poco solidale verso chi ha più difficoltà di apprendimento. Il fatto è che il minore è visto – e lo dice anche la parola “minore” rispetto a un presunto “maggiore” – come un soggetto non ancora politico, come un progetto di adulto, un prototipo. E non come una persona in fase di crescita. Una persona a tutti gli effetti. Questo comporta tutta una serie di miserie. Occorre tornare a spiegare bene agli studenti, ma anche ai loro genitori, che tra apprendere e informare e/o convincere a fare qualcosa, per esempio comprare un prodotto o pensarla in un certo modo, c’è una grande differenza. Colpisce sempre pensare alla grande quantità di soldi che il mercato spende per convincere e alle somme sempre più esigue e esangui destinate a educare e istruire. Non credo sia un caso.
Il nostro sistema formativo è vecchio: prevede che basti conoscere e magari amare una materia, per saperla insegnare, come dicono Mastrocola e Gelmini. In realtà occorre sempre partire dalla didattica e dalla pedagogia. Se non si parte da lì, non si sta parlando di educazione, di scuola, ma di altre cose. Spesso noi docenti, in questi anni, ci siamo trovati ad insegnare valori e contenuti esattamente opposti a quelli dei politici: pensiamo alla questione immigrazione. Il fatto è che i valori costituzionali sono stati messi in discussione da questo governo in più casi. Molti docenti si sono trovati spiazzati. Non sanno più a chi dar retta: al governo o alla Costituzione? La scuola pubblica è il cuore di qualsiasi democrazia. E al ministero dell’Istruzione abbiamo “saggi” come Vittadini, gran capo di Comunione e Liberazione e fondatore della Compagnia delle Opere: gente che è contro la scuola pubblica e a favore delle private. Gelmini ha gridato mille volte «viva il merito», «premiamo il merito», ma ha fatto esattamente l’opposto con la sua controriforma: ha tolto alle scuole pubbliche italiane che i dati Ocse-Pisa del 2007 reputavano migliori delle private; e la scuola primaria italiana dal 2008 a oggi è scesa dal primo al tredicesimo posto in Europa. Di che merito parla? I genitori di alunni e studenti aprano gli occhi e, se per loro sono veramente la cosa che hanno più cara al mondo, difendano i loro figli da chi gli nega anche solo di sognare un futuro.
Il Manifesto 23.09.11