Dario Franceschini esce dall`aula di Montecitorio amareggiato ma non sorpreso dal voto su Marco Milanese. «La Lega tuona sempre con minacce in Padania ma poi puntualmente sostiene le decisioni di Berlusconi – dice il capogruppo del Pd alla Camera dalle leggi ad personam al conflitto di attribuzione al no a questo arresto».
Per la settimana prossima avete presentato una mozione di sfiducia contro il ministro Romano, imputato per concorso esterno in associazione mafiosa: cosa vi aspettate?
«Vedremo se i leghisti sfileranno ad uno ad uno in Aula votando la fiducia a un ministro accusato di un reato che in qualsiasi altro Paese o in qualsiasi altra fase storica avrebbe portato automaticamente a doverose dimissioni, al di là della colpevolezza o dell`innocenza, per le quali bisogna attendere l`esito del processo».
Che idea si è fatto, qual è la strategia della maggioranza?
«Tirare a campare».
Tutto qua?
«Esatto, tutto qua, ed è questo il drammatico. Di fronte a un Paese che attraversa una grave crisi economica e sociale, abbiamo un governo che salvo nei voti di fiducia o in quelli riguardanti le vicende giudiziarie del premier non è in grado di garantire la maggioranza. Come si è visto nel voto dell`altro giorno».
La maggioranza è stata battuta ripetutamente, e però ieri ha dimostrato di avere i numeri, quando vuole.
«Ma non per governare, non per affrontare l`emergenza in cui si trova il Paese. Tutti capiscono, da Confindustria ai sindacati agli osservatori internazionali che la sola sostituzione di Berlusconi equivarrebbe a tre manovre finanziarie, che basterebbe a far scendere lo Spread di almeno cento punti. E questo perché non ha più credibilità. Ed è recidivo».
Recidivo?
«Non ha cambiato minimamente atteggiamento. Alla Camera la prossima settimana abbiamo in discussione la legge sulle intercettazioni. E poi il processo breve».
Assodato che lui a farsi da parte non ci pensa, cosa ha intenzione di fare l`opposizione per costringerlo?
«Da più parti c`è la speranza che l`opposizione abbia a disposizione il colpo del Ko definitivo. Purtroppo quando si tratta di salvaguardare la propria sopravvivenza la maggioranza ha i numeri. Non penso che i vari Scilipoti vengano improvvisamente colpiti da un senso dello Stato o da un orgoglio nazionale e facciano cadere il governo. Ma anche se non abbiamo il colpo del Ko diamo colpi ai fianchi. Sulle intercettazioni faremo una battaglia in Parlamento durissima, utilizzando tutti gli strumenti possibili. Il problema è che Berlusconi mostra di assorbire tutto. Una qualsiasi delle vicende in cui è implicato missioni. Ma noi dobbiamo mantenere un`opposizione incalzante e se arriva il momento del Ko politico, non esiteremo».
Ammettiamo che alla fine ci sia il passo indietro: pensa sia auspicabile andare al voto anticipato o dar vita a un governo di transizione?
«Intanto, dobbiamo tutti sapere che la fine del berlusconismo sarà più lunga di quello che sento a volte dire. Anche quando non sarà più premier, il sistema di potere, le tv, i giornali, restano. Non finirà tutto d`incanto come nelle favole. E allora dovremo farvi fronte, mentre saremo impegnati a rimettere a posto le regole e a bloccare l`emorragia economica. Per questo penso che adesso ci sarebbe bisogno di una parte finale di legislatura in cui un nuovo governo cambi la legge elettorale e rassicuri gli investitori con una fase in cui si chiude l`emergenza. Saranno necessarie operazioni difficili, anche impopolari, e lo potrà fare un governo che non ha il problema del consenso. Chiaramente, se non sarà possibile, si va ad elezioni anticipate».
Con quale alleanza, secondo lei: quella della foto di Vasto o quella con anche Casini, che però dice no alla “nostalgia dell`Ulivo”?
«Non mi fermo di fronte a un`intervista tattica o a una fotografia, a frenate o accelerazioni. La nostra prospettiva è mettere in campo un`alleanza il più larga possibile delle attuali opposizioni. Anche la prossima legislatura sarà di transizione, perché risanare l`economia, ricostruire il senso dello Stato, il rispetto delle regole, la credibilità della politica è lavoro che deve fare uno schieramento il più ampio possibile. Noi siamo un partito che rappresenta i due terzi di tutte le opposizioni, dobbiamo tenere aperta questa prospettiva. Anche perché sarà un lavoro biblico quello che ci sarà da fare per ricostruire sulle macerie del berlusconismo, sarà necessario avere un consenso sociale molto forte».
E la fine dei bipolarismo?
«Tutt`altro, l`approdo è un bipolarismo senza Berlusconi, tra progressisti e moderati, ma ora la priorità è la ricostruzione, per poi andare allo scontro politico tra avversari normali».
Qualcuno nel Pd è rimasto scandalizzato dalla foto di Vasto con Bersani in mezzo tra Di Pietro e Vendola: lei?
«Io non mi scandalizzo. È chiaro che si parte dal proprio campo. Ma non è sufficiente, quella foto, va allargato il campo».
Ma non temete che Casini, una volta che Alfano avrà trovato una via d`uscita per Berlusconi, ascolti le sirene di chi dice che la collocazione naturale dell`Udc è con i conservatori, come dimostra anche il fatto che Pdl e Udc in Europa stanno nello stesso partito?
«Non penso che il campo naturale dell`Udc sia la destra. L`Udc per sua natura sceglie il campo di volta in volta. E Casini sa perfettamente che se anche Berlusconi non sarà più il premier, nella la prossima legislatura tutti gli altri saranno gli stessi di ora, Bossi e tutti gli attuali ministri. Non è che di colpo cambiano tutte, le persone, restano tutte. E non è che di colpo, tolto Berlusconi, diventano dei conservatori inglesi o la Cdu tedesca. Rimarranno tutti i conflitti, tutti i collateralismi. Una legislatura di transizione servirebbe anche a dare tempo alla destra italiana di diventare una destra normale. Non si può fare in due ore, forse potranno farlo in una legislatura»