attualità, pari opportunità | diritti, politica italiana

"Un giorno di guerra a Lampedusa caccia ai clandestini dopo la rivolta", di Attilio Bolzoni

Senza patti chiari Lampedusa salta in aria. Se l´Italia non riuscirà a trovare un altro accordo con i nuovi signori che comandano dall´altra parte del Mediterraneo, di barconi ne arriveranno sempre di più. E sarà invasione. Negli ultimi dieci giorni ne sono sbarcati quasi milleduecento di tunisini, all´improvviso. Una settimana prima il ministro Maroni aveva parlato di «un bilancio totalmente positivo della collaborazione bilaterale in materia di sicurezza» con la Tunisia, poi sono approdati in massa e in queste ultime ore a Lampedusa è scoppiata la guerra. Lo scenario del Mediterraneo è molto complicato ma molto confusa e incerta è anche la nostra politica. Non bastano più gli slogan governativi e le rassicurazioni continue del ministro degli Interni («L´accordo con la Tunisia funziona, l´impegno di Tunisi per la lotta ai clandestini ha dato frutti», 12 settembre), non bastano più annunci e promesse. Adesso c´è bisogno di qualcosa d´altro o Lampedusa rischia di diventare un campo di battaglia permanente fra l´Africa e l´Europa.
I ponti aerei o i rimpatri forzati non risolveranno mai la vicenda dei barconi e dei disperati che raggiungono le scogliere e le spiagge dell´isola più a sud dell´altro mondo, per ogni rientro di trenta «clandestini» il lunedì e il giovedì (come era previsto dagli accordi del 5 aprile) ci saranno altri cento o duecento disperati al giorno in avvicinamento o con i piedi già sul suolo italiano. Tutti schedati e poi rinchiusi, per una settimana o per un mese, nel famigerato “centro di accoglienza” divorato ieri dalle fiamme. I conti non tornano, i numeri sono numeri: ne arrivano di più di quanti ne possiamo – secondo le intese stipulate – mandare indietro. È proprio questo il punto: l´accordo siglato nell´aprile scorso con Tunisi, subito dopo la “rivoluzione dei gelsomini”, non regge più. Ne è prova la rivolta di Lampedusa e non solo di Lampedusa, ma anche di Restinco, di Brindisi, di Montecampione. Le lunghe e le lunghissime permanenze in quei “centri” scatenano ribellioni e tumulti.
«Saranno intensificati di molto i rimpatri», dichiarava appena quattro giorni fa il ministro della Difesa Ignazio La Russa in visita a Lampedusa «per portare il ringraziamento del governo ai militari impegnati nell´emergenza immigrazione». Neanche ventiquattro ore dopo un aereo carico di 100 magrebini è atterrato a Tunisi ma le autorità locali ne hanno fatti scendere solo 30 – i vecchi accordi erano quelli – costringendo i piloti della nostra Aeronautica a riportare tutti gli altri in Italia. Nuovi patti. Ecco cosa servono ora. Senza quelli Lampedusa s´incendia.
Sdrammatizzano tutti i nostri ministri, si dicono «soddisfatti», parlano di «efficaci misure», ma nell´isola di frontiera c´è lo stato d´assedio e la caccia all´uomo. Gli accordi fatti sono diventati carta straccia perché non hanno tenuto conto della disperatissima situazione che c´è oggi in Tunisia, soprattutto nel sud di quel paese – al confine con la Libia – dove tutto è crollato. Chiusi gli alberghi (principale fonte di reddito per quella popolazione), il commercio fermo, una disoccupazione totale che ha provocato l´esodo di migliaia di ragazzi verso Capo Bon e con l´obiettivo di arrivare qui, a Lampedusa, in Italia, in Europa. Il ministro Maroni va e viene da Tunisi per prendere contatti con i nuovi governanti, qualche giorno fa è riuscito a strappare la “quota” 100 di “clandestini” a settimana da riportare indietro. Basterà? Basterà mai raddoppiare o triplicare il numero dei naufraghi da rimpatriare per non trasformare Lampedusa in un inferno?
Sull´isola è “emergenza” a singhiozzo. A Roma se ne accorgono solo quando c´è il fumo e quando c´è il fuoco. Lo fanno apparire solo un problema di ordine pubblico, di poliziotti e di carabinieri che caricano, di «delinquenti tunisini che vanno mandati via e arrestati in Tunisia» (dichiarazione della vicesindaco di Lampedusa e senatrice della Lega Nord Angela Maraventano), di «tensioni» fra la popolazione locale e gli altri, gli invasori. Per l´Italia e il suo governo è veramente un´isola lontana, Lampedusa. E pensare che soltanto pochi mesi fa il premier voleva comprarsi una villa – mai comprata – proprio lì. L´aveva promesso, però. Come aveva promesso parchi e casinò. A Lampedusa sono arrivati solo naufraghi pronti a tutto pur di sopravvivere.

La Repubblica 22.09.11

******

“È saltato l´accordo con Tunisi ora ci sarà un´ondata di sbarchi”, di Vladimiro Polchi

Il Pd: il ministro venga a riferire in Parlamento. Le organizzazioni dei rifugiati: è la conseguenza di una politica miope fatta solo di repressione. Salta il tappo della Tunisia: chiusa una falla, se ne apre un´altra. Se con l´ingresso dei ribelli a Tripoli i flussi di migranti dalla Libia hanno rallentato fino quasi ad arrestarsi, è la rotta tunisina che torna a far paura. A non girare a pieno regime è sia la macchina delle espulsioni che quella dei respingimenti e del controllo alle frontiere: i due capisaldi dell´accordo Italia-Tunisia del 6 aprile scorso. «La crisi economica e l´instabilità politica di Tunisi – spiega una fonte qualificata del Viminale – stanno facendo traballare l´intesa, nonostante gli sforzi di Maroni». Il rischio? «L´accordo ridotto a carta straccia e una nuova imponente ondata di sbarchi». Le testimonianze dei migranti lo confermano: «Stando ai loro racconti – sostiene Flavio Di Giacomo, portavoce in Italia dell´Oim (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) – nei porti tunisini e sulla rotta per l´Italia non c´è più alcun controllo».
Un passo indietro. A Lampedusa sono arrivati dall´inizio dell´anno 50.403 migranti, più della metà dalla Tunisia e il resto dalle regioni sub-sahariane, via Libia. «Oltre ventimila tunisini – ricorda Di Giacomo – sono arrivati da metà febbraio ad aprile, poi il flusso si è arrestato in seguito all´accordo con il governo italiano. A inizio agosto gli sbarchi di tunisini sono però ripresi: più di duemila fino a oggi». Sul tavolo degli imputati è proprio l´accordo in base al quale l´Italia ha donato al Paese nordafricano 6 motovedette, 4 pattugliatori e un centinaio di fuoristrada e la Tunisia si è impegnata a «rafforzare i controlli per evitare nuove partenze e accettare la riammissione rapida degli sbarcati».
«La sensazione – sostiene Oliviero Forti, responsabile immigrazione della Caritas italiana – è che gli accordi fra i due governi sul controllo dei flussi di immigrati in questo momento non funzionino». Ad incidere è anche l´instabile quadro politico tunisino, in vista delle elezioni dell´assemblea costituente fissate per il prossimo 23 ottobre. «Quanto sta succedendo – dichiara il direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati, Christopher Hein – è la conseguenza di una politica miope. Gli accordi fatti dal governo italiano non hanno considerato la particolare condizione socio-economica della Tunisia». E così, nonostante la visita di Maroni a Tunisi il 12 settembre, tanto i controlli ai porti d´imbarco da parte dei militari tunisini, che le intercettazioni in mare supportate dalla marina militare italiana rischiano di saltare. Non è tutto.
I tunisini presenti a Lampedusa sono destinati al rimpatrio forzato. Non rientrano infatti tra i potenziali richiedenti asilo (a differenza di quanti partono dalle coste libiche), né tra quanti hanno diritto a un permesso di soggiorno temporaneo. Lo ribadisce il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli: «Il problema di Lampedusa riguarda cittadini tunisini che non possono essere inseriti nel circuito dell´accoglienza come stabilito dall´accordo del 6 aprile». L´accordo prevede infatti la concessione di un permesso speciale solo a chi è sbarcato “dall´1° gennaio 2011 alla mezzanotte del 5 aprile”. Per tutti gli altri “viene disposto respingimento o espulsione”. Ma anche qui la macchina va a rilento, nonostante la promessa di passare da 30 rimpatri al giorno a 100: «Un ritmo – fanno sapere le fonti del Viminale – che finora difficilmente è stato mantenuto, anche perché non sempre Tunisi autorizza i trasferimenti».
Sul caso Lampedusa si riaccende lo scontro politico. «Il ministro Maroni venga immediatamente in Senato a riferire su ciò che sta avvenendo – chiede Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Pd – perché la situazione degli sbarchi non è assolutamente governata». Mentre per Luciano Dussin, vicepresidente vicario dei deputati della Lega Nord, «i messaggi di buonismo del centrosinistra e le reticenze della magistratura nell´applicare le nostre leggi sono un mix pericoloso che lascia intravedere la possibilità di arrivare nel nostro Paese senza regole».

La Repubblica 22.09.11