Quel pasticciaccio brutto dei quiz del concorso per dirigenti scolastici è davvero risolto? Il ministero dell’istruzione ha annunciato solenne ieri che la prova si svolgerà il 12 ottobre.
Salvo ulteriori intoppi o rinvii, aggiungiamo noi. E non per mancanza di fiducia ma perché il tanto atteso concorso per presidi finora ha vissuto un percorso un po’ accidentato, aggiungendo incertezza alla già incerta stagione scolastica.
Prima il rinvio per la presentazione della domanda di ammissione al concorso sulla quale molti candidati hanno equivocato e su cui pende già qualche minaccia di ricorso.
Poi il rinvio di una settimana causa imprecisioni ed errori nei test a risposta multipla predisposti dal Miur e che dovrebbero servire per una prima scrematura dei candidati.
Secondo il ministero guidato da Mariastella Gelmini si trattava di «pochissimi e marginali refusi». Secondo organizzazioni, esperti e sindacati si trattava di domande «opinabili».
Ora quindi, il Miur dovrà operare un bel taglio ma, soprattutto, dovrà evitare che anche uno solo dei quesiti possa scatenare migliaia e migliaia di ricorsi al Tar per l’ammissione con riserva al concorso vero e proprio.
E visto che le domande pervenute a viale Trastevere sono oltre quarantaduemila il lavoro non sarà facilissimo.
Un concorso che arriva proprio nell’anno in cui la scure dei tagli sulla scuola si abbatte proprio sulla poltrona dei dirigenti scolastici, che già da molto tempo gestiscono più di una scuola (i cosiddetti “reggenti”).
Molti i presidi, fenomeno presente su tutta la Penisola, con più di due istituti da gestire e, molto spesso, con sedi anche molto lontane.
Con la manovra bis di luglio il governo ha deciso la soppressione, oltre della figura del vice, di tutte le direzioni didattiche e di tutte le secondarie di primo grado per costituire per l’intero primo ciclo soltanto istituti comprensivi (in pratica elementari e medie insieme).
Inoltre, i nuovi e i vecchi istituti dovranno raggiungere una dimensione di almeno mille alunni contro i 500-900 previsti ora. Le scuole più piccole saranno affidati in reggenza a un altro dirigente perché privi della titolarità della direzione dirigenziale.
Una bella sforbiciata che dovrebbe portare alla chiusura di 1.100 scuole e alla riduzione degli organici amministrativi. I dirigenti scolastici potrebbero diminuire di oltre 3.100 posti. Per i presidi che resteranno la vita non sarà certo facile visto che si troveranno a dirigere scuole più grandi, con un numero maggiore di sedi – di cui circa 2000 in reggenza – con più docenti, alunni, organi collegiali da rinnovare e rappresentanze sindacali da rieleggere.
L’obiettivo dichiarato della manovra è quello di garantire una continuità didattica con gli istituti comprensivi, riuscire a contenere la spesa per la rete scolastica (circa 200 milioni di euro all’anno) e finanziare con i risparmi il sistema nazionale di valutazione. Questo secondo le intenzioni.
La ristrutturazione delle istituzioni scolastiche, però, oltre alla riduzione di organico comporterà anche una revisione dell’offerta formativa, la ricomposizione dei collegi docenti, il cambio dei revisori dei conti, nuovi bilanci e modificherà completamente la funzione dirigenziale. Chissà se questo è scritto nei test?
da Europa Quotidiano 20.09.11