Nell’appiccicaticcio settembre torinese, Mirafiori èun gigante abbandonato. Nelle settimanein cui proverbialmente riaprono scuole e fabbriche, i cancelli di Corso Tazzoli, tornati celeberrimi nei giorni del referendum di gennaio, rimangono desolatamente vuoti. Riapriranno martedì per una delle quattro volte nell’intero mese di settembre. Da buon sabbaudo, Edi, funzionario Fiom, tiene i conti e le percentuali: «Dal primo gennaio al 31 agosto i lavoratori delle Carozzerie che costruiscono Idea e Musa hanno lavorato solo 29 giorni su 170 totali giorni lavorativi, con l’83% di giorni di cassa integrazione. Quelli che producono la MiTo, più fortunati, hanno lavorato 72 giorni, con 57% di giorni di Cig». Considerare agosto come mese lavorativo non è forviante. Lo spiega Rosa, decana delle carrozzerie: «Primo perché le ferie per farle le devi accumulare e con così pochi giorni di lavoro, molti di noi non lo hanno fatto. In più con 830 euro al mese in ferie non ci vai». Lei, capello nero e accento del Sud, come Gianfranco fa parte dei «fortunati» della linea Mi- To, la berlina che «ancora si venducchia ». Cristian e Nina invece degli sfortunati:«Ma siamo tutti sfigati a lavorare in Mirafiori oggi», dicono in coro. «Poi ci sono quelli ancora più sfigati, quelli che hanno inidoneità per malattie da lavoro, soprattutto tendiniti e tunnel carpale per le ripetizioni dei gesti. Ce ne sono alcuni che da gennaio hanno fatto solo uno o due giorni di lavoro, anche perché i capi hanno la regola di non chiamarli mai», racconta Nina. Ormai in loro, come gli altri 5400 operai delle Carrozzerie e in generale nei 15mila di Mirafiori, c’è «assuefazione» a questa situazione. «Le cose vanno avanti così dal 2009, da quando sulla scia degli incentivi abbiamo fatto gli ultimi sabati di straordinario per costruire la Punto, ora passata a Melfi, e le ultime Multipla ».Da due anni dunque si va avanti con la cassa e sarà così anche per l’anno prossimo, visto i ritardi di Fiat nel decidere il futuro dello «stabilimento più importante in Italia» (Marchionne docet). «Anche se decidessero il modello da produrre domani, bisogna cambiare le linee e ci vorrà quasi un anno. Per ora hanno solo liberato la lastratura, un casermone gigantesco che vuoto fa paura e che solo a scaldarlo fa spendere milioni», spiega Nina. Niente Suv («Non ci abbiamo mai creduto,non ci voleva ungenio a capire che portare i motori dall’America sarebbe stato troppo costoso», fa notare Rosa), forse un utilitaria, qualcuno sussurra addirittura l’Ypsilon dismessa a Termini Imerese (sussurra Giorgio Airaudo). Il loro futuro è legato alle decisioni di Marchionne. Lo chiamavamo «maglioncino blu», «ma ormai il signorino ci ha raccontato un sacco tale di frottole che lo chiamiamo molto peggio fra di noi. Da anni non vediamo i modelli nuovi promessi e oramai la situazione è zero futuro, dice sconsolato Gianfranco, l’unico dei quattro che lavora al montaggio. Nonostante i richiami del «governatore » leghista Cota, chi lavora a Mirafiori da 30 anni come Rosa «questa volta» ha «veramente paura di veder chiudere la fabbrica. È molto peggio del 2002 quando arrivò la voce che volessero chiudere Termini e Mirafiori. Qua da tre anni non si vede via d’uscita». «La speranza per molti è arrivare all’età giusta per la mobilità e poi il prepensionamento: è triste ma è l’unica prospettiva possibile”, commenta amaro Gianfranco. El’orgoglio di lavorare alla Fiat, a Mirafiori, dove c’è la storia dell’auto in Italia? «Non c’è più, non siamo più gratificati », rispondono in coro. L’idea di quello che «era» lavorare qui e «non è più« la dà l’esperienza di Cristian, unico single del gruppo. «Sono andato a chiedere un mutuo: se anche solo 10 anni fa dicevo che ero un tempo indeterminato Fiat mi facevano ponti d’oro, mesi fa invece il direttore di una filiale Unicredit mi ha negato un mutuo ed erano solo 60 mila euro». La cicatrice del referendum rimarrà a lungo. «Ci hanno già tagliato le pause: erano due da 15’ e una da 10’ e ora sono 3 da 10’ e giuro che a fine giornata la differenza si sente, mentre la mensa a fine turno non l’hanno ancora messa. Fra noi operai c’è sempre rispetto e si discute come prima. Con qualche delegato invece non si parla più. Noi capivamo chi ha votato “Sì” perché credeva che ci sarebbe stato lavoro», spiega Rosa. «Oggi in tanti hanno capito che era tutto un inganno e conosco molti che hanno tolto la delega ai sindacati firmatari. A volte ti viene voglia di urlargli: “Te l’avevo detto”, poi però capisci che stiamo tutti sulla stessa barca che affonda», conclude amaro Cristian. Sul futuro di Mirafiori (e della Fiat) anche l’ex sindaco Sergio Chiamparino, salvatore della patria nel 2002 e mediatore con la Fiom nel 2010, è disilluso. «Se la stella di Marchionne è eclissata lo decideranno le vendite di auto. A Marchionne vorrei solo dire che anche nella disastrata Italia le aziende che funzionano sono quelle che hanno rapporti positivi con gli operai. Mio padre era orgoglioso di avere la mutua Fiat, ora per loro non c’è più niente ».
L’Unità 18.09.11