"Danimarca, la manovra di Helle", di Mariella Gramaglia
Quarantaquattro. Dieci. Novantasei. Tre numeri che, se in Danimarca esiste qualcosa di simile al lotto, le elettrici dovrebbero correre a giocare. 44 è l’età della nuova giovane primo ministro, Helle Thorning Schmidt. Dieci gli anni durante i quali i socialdemocratici, oggi guidati da lei, sono rimasti fuori dal governo. 96 quelli trascorsi dal primo suffragio davvero universale del Paese, quello femminile. Quasi un secolo, ma speso benissimo, si direbbe. Oggi Copenaghen sembra un gineceo. Una regina concede alla giovane Helle l’incarico di formare un nuovo governo di coalizione che, per reggersi in piedi, dovrà convincere della solidità del suo programma altre due signore: la leader dei social-liberali, più moderata di Thorning Schmidt, e quella assai più radicale della Lista per l’unità, una sorta di Sinistra e libertà in versione scandinava. Se tutte quante saranno all’altezza della sfida, lo dirà il futuro. Per ora Helle propone un programma classicamente di sinistra: più tasse sulle banche e sui redditi alti per finanziare la ripresa economica, la sanità e l’istruzione. Con un corollario inedito, però. Ogni danese dovrà …