Modena chiuderà a 12mila firme, Ravenna a 15mila, Bologna oltre 30mila. Alla festa del Pd di Modena anche ieri la coda al banchetto anti-Porcellum era più lunga di quella del (rinomatissimo) ristorante di Vignola. I referendari pensavano di chiudere a 10mila firme, un risultato già di per sé fuori dall’ordinario, invece gratteranno dal basso le 13mila. Alla festa dell’Unità di Bologna in poco meno di due settimane uno solo dei tre banchetti ospitati ha raccolto 5mila firme e da giorni la fila per sottoscrivere è lunghissima (fra Idv, Sel, Pli, Unione popolare, Democratici e Segni si pensa di superare quota 30mila).
Comunque vada a finire – e fra i cauti sostenitori del referendum contro il Porcellum comincia a diffondersi una scaramanticamente repressa euforia – l’Emilia-Romagna è già da record.
Un risultato spinto dai sei promotori a cui ha dato però un importante contributo l’atteggiamento del Pd emiliano al quale in tempi non sospetti ha reso merito il padre della consultazione referendaria, Arturo Parisi.
E del resto, nel Pd, il gruppo dirigente dell’Emilia-Romagna è stato il primo ad aprire le sue feste ai tavoli referendari: «Se venite senza bandiere per noi non c’è problema», era stata però l’antifona rispondendo alle richieste dei referendari.
Era fine agosto. Poi c’è stata una graduale evoluzione. E subito dopo Prodi (in comune, a Bologna) alla festa Pd di Ravenna ha firmato il ravennate Vasco Errani, presidente della regione e vicino al segretario Bersani. Sempre a Ravenna, Errani ha poi invitato a firmare.
Poco a poco hanno sottoscritto tutti i più importanti dirigenti del Partito democratico: il sindaco di Bologna Merola, il segretario del Pd locale Donini, tutti i segretari delle 11 unioni provinciali da Piacenza a Rimini e, a Modena, insieme al capogruppo alla camera Dario Franceschini, anche il segretario regionale Stefano Bonaccini.
Diversamente dal Pd sardo o da quello friulano, quello emiliano non si è impegnato come partito nella raccolta firme. Ma, come spiega Bonaccini, il messaggio era chiaro: «I nostri militanti ed elettori hanno capito che ci siamo mobilitati per dare una mano alla raccolta firme, senza metterci il cappello sopra. Con l’idea di costringere il governo a cambiare la legge elettorale».
E aggiunge: «Il Pd ha una sua proposta di riforma elettorale che io ho votato e che è preferibile al Mattarellum perché garantisce il bipolarismo, indica prima chi governa, fa in modo che in parlamento ci sia una identica percentuale di uomini e donne e impedisce i casi Scilipoti e Calearo: cambiare opinione è legittimo, ma se è così occorre dimettersi e ripresentari alle elezioni con altri partiti».
Infine, «poiché il centrodestra ha dimostrato di non voler cambiare il Porcellum, la consultazione referendaria può essere uno strumento di pressione per arrivare alla riforma in parlamento. O per far saltare il banco, visto che la Lega farebbe fatica a votare col Mattarellum».
Intanto, questo fine settimana sarà decisivo per raggiungere le 560mila firme di sicurezza.
Da qui al 30 i referendari hanno promosso 10 giorni di mobilitazione straordinaria.
E ieri, al banchetto di Campo de’ Fiori a Roma, è intervenuto il parlamentare democratico David Sassoli: «Dobbiamo compiere ogni sforzo per raggiungere un risultato necessario per l’Italia».
da Europa Quotidiano 17.09.11