Tra i deputati della maggioranza cresce l’ipotesi di un intervento tombale su edilizia e tasse. Sarà ancora il fisco il piatto ghiotto dell’inevitabile manovra che da qui a qualche settimana il Tesoro si accinge a varare nella legge di stabilità perché quella appena approvata e illustrata ieri dal ministro Tremonti all’Ecofin è già insufficiente? Difficile a dirsi, ma, nel giorno in cui scatta l’aumento dell’aliquota Iva dal 20% al 21%, è quantomeno singolare che non si escluda nella maggioranza la possibilità di un ricorso al condono. Anzi, molti segnali vanno proprio in questa direzione.
Non solo perché si tratta di un modo rapido per fare cassa, ma anche perché nelle ultime settimane sono molte le pressioni in tal senso emerse all’interno del Pdl. Pdl e non solo, visto che la Lega teme di non riuscire più a rinviare un intervento massiccio sulle pensioni con l’abolizione tout court di quelle di anzianità.
C’è chi, anche tra i lumbard, sarebbe disposto a chiudere un occhio sul condono pur di evitare misure ben più dolorose.
Se infatti il Carroccio non è in grado di sostenere le tensioni interne qualora si decidesse di intervenire nuovamente sulla previdenza, non c’è dubbio che il condono rappresenterebbe una risorsa. Tanto più in un momento in cui la politica economica del governo è in confusione.
Proprio ieri il il vice presidente dei deputati leghisti, Alessandro Montagnoli, ha sostenuto che pur essendo «sempre stati contrari all’ipotesi del condono, in questa fase economica e ad alcune condizioni precise», una sanatoria «potrebbe essere presa in considerazione».
In sostanza, i leghisti sarebbero disposti ad azzerare il contenzioso tra il fisco e i cittadini prima del varo della riforma fiscale: «Se ne ricaverebbero 4-5 miliardi di euro, da destinare alla crescita».
Quanto certo sia l’eventuale introito è difficile dirlo visto che, proprio questo mese, il direttore dell’agenzia delle entrate, Attilio Befera, ha sostenuto come dei circa 4 miliardi di incasso tuttora attesi dalle procedure del condono 2002 «circa 2,5-2,7 sono inesigibili».
Fatto sta, però, che in occasione della conversione in legge della manovra di Ferragosto, fra gli altri, è spuntato anche l’emendamento, presentato dal deputato Domenico Scilipoti, che impegna il governo a valutare se adottare un condono fiscale ed edilizio. Non stupisce che Scilipoti, non da oggi acceso sostenitore del condono tombale, intenda per questa via recuperare nuove misure economiche, magari anche con il ricorso non solo al condono fiscale ma anche a una sanatoria edilizia per tutti gli abusi realizzati fino al 31 dicembre 2010 per una volumetria non superiore al 25% dell’esistente.
È tuttavia quantomeno inconsueto che l’ordine del giorno sia stato accettato ufficialmente nell’aula della camera dal rappresentante del governo nella persona del sottosegretario all’economia Alberto Giorgetti.
È anche vero che, nelle stesse ore, un altro sottosegretario all’economia, Bruno Cesario, ha dichiarato che «allo stato non sono allo studio misure ricollegabili al cosiddetto condono».
Tuttavia sempre alla camera, per iniziativa del deputato napoletano Pdl Laboccetta, sono state raccolte oltre 40 firme a sostegno della proposta di condono fiscale.
Si capisce così come siano in molti ad accarezzare il ricorso a questa misura. Laboccetta, insieme al collega Mazzocchi, ha già inviato un documento al segretario Pdl Angelino Alfano per aprire una pacata riflessione nel partito sul ricorso al condono. «Siamo infatti convinti – ha spiegato l’esponente Pdl – che attraverso un nuovo concordato fiscale e un nuovo patto tra stato e contribuenti si possa dare un concreto impulso per il rilancio dell’economia».
«Il desiderio di favorire chi le tasse non le ha mai pagate, evitando che finalmente siano chiamati a versare quanto dovuto – ha osservato Antonio Misiani, tesoriere del Pd – è così forte da provocare nel centrodestra una vera e propria crisi di astinenza. Ma di condono in condono l’Italia rischia il fallimento».
da Europa Quotidiano 17.09.11