«Cari concittadini, scioperiamo per voi». I sindaci d´Italia oggi si fermano. Una «protesta simbolica senza interruzione dei servizi», spiega l´Anci, l´associazione dei Comuni che l´ha indetta, contro una manovra giudicata insostenibile. Uffici aperti e funzionanti, dunque, con brevi chiusure (anche pochi minuti) solo per le anagrafi, simbolo dello sciopero. E poi manifestazioni ovunque, sindaci in piazza a volantinare le ragioni del malcontento davanti a quelle stesse anagrafi (Fassino a Torino, Alemanno a Roma, Merola a Bologna, Delrio a Reggio Emilia), Consigli comunali tematici come a Roma e Milano, in molti casi aperti ai cittadini, cortei di sindaci con i gonfaloni pronti a privarsi della fascia tricolore, maratone web, addirittura una sorta di speaker´s corner nel centro di piazza San Marco a Venezia, con il sindaco Orsoni sul palchetto come ad Hyde Park di Londra a spiegare il perché di una iniziativa clamorosa, accompagnato dai 44 “colleghi” della provincia. I sindaci in sciopero restituiranno, simbolicamente, le deleghe dell´anagrafe ai prefetti (ma quelli toscani pensano di farlo sul serio e ostacolare il censimento in corso). Anche i presidenti delle Regioni oggi pomeriggio metteranno sul tavolo dell´incontro con il ministro Fitto i contratti con Trenitalia (il taglio ai trasporti locali è di 1,5 miliardi nel 2012).
Lo sciopero dei Comuni, e la contestuale protesta di Regioni e Province, è tutto contro la manovra, da ieri legge, bocciata senza appello perché mette a rischio i servizi (9,2 miliardi di tagli entro il 2013, ridotti di 3,6 miliardi grazie alla Robin tax). Come evidenziano le prime stime Ifel, l´Istituto per la finanza e l´economia locale, il rispetto del Patto di Stabilità e le manovre estive costeranno ad ogni cittadino, nel solo 2012, in media 136 euro a testa e ben 6,2 miliardi agli oltre 8 mila Comuni italiani. Ogni romano pagherà 172 euro in più, il milanese 227 euro, il napoletano 236 euro, il torinese 220 euro e il veneziano 327 euro. Tra i piccoli Comuni, la stangata è per Livigno (483 euro a testa), Cortina d´Ampezzo (423 euro), Sanremo (400 euro), Forte dei Marmi (397 euro).
L´impatto dei sacrifici si abbatterà con forza sui servizi. Secondo gli scenari tracciati dai ricercatori Ifel, nei tre anni di manovra le spese dei Comuni dovranno dimagrire di ben 7 miliardi: 2,3 miliardi dagli investimenti (-14,5%), un miliardo dall´amministrazione corrente, quindi anche licenziamenti (-9,7%), un miliardo da territorio e ambiente (-18,5%), un altro miliardo dal sociale (-17,6%), 634 milioni dai trasporti (-18,6%), 500 milioni dalla scuola (-15%), 178 milioni dalla cultura (-14,8%). Carne viva.
Ecco i perché dello sciopero trasversale. Aderiscono sindaci di Pd, Pdl, liste civiche. Non quelli della Lega che si sfilano per “ragion di partito”, pur condividendo le motivazioni. E´ il caso del sindaco di Varese, Attilio Fontana. Tra i promotori dello sciopero, da mesi in testa alla protesta dei sindaci, si dimette anche da presidente di Anci-Lombardia: «Sono innanzitutto un militante della Lega, però queste dimissioni mi pesano, perché continuo a condividere le battaglie dell´Anci», dice Fontana, definendo le proteste «giuste» e scusandosi di «aver deluso tanti colleghi».
La Repubblica 15.09.11
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“L’ultima tentazione di Giulio”, di Raffaella Cascioli
Oggi lo “sciopero” dei comuni contro i tagli della manovra insieme a province e regioni.
L’ultima tentazione del ministro dell’economia Giulio Tremonti si chiama capitalismo municipale. Mentre oggi i sindaci (non senza qualche incrinatura al loro interno), i presidenti di provincia e i governatori delle regioni si mobilitano contro i tagli stabiliti dalla manovra appena convertita in legge, al Tesoro si stanno facendo i conti in vista di una nuova stagione di privatizzazioni.
Nel mirino non finirebbero le società quotate ancora partecipate dallo stato, che il Tesoro ha smentito categoricamente di voler mettere sul mercato, quanto piuttosto le municipalizzate.
Oggi in Italia, secondo uno studio della Fondazione Mattei e di Unioncamere, le municipalizzate sono 5.150 e in media ciascun ente (comune, provincia o regione) ne controlla circa 7,5. Di queste, circa un migliaio sono di dimensioni medio-grandi con oltre 250 mila dipendenti. Per di più una decina sono quotate come l’Acea.
In sostanza, un tesoro stimato in 100 miliardi di euro che, se messo sul mercato, al netto dei debiti potrebbe consentire di raccogliere circa 30-35 miliardi di euro a cui si aggiungerebbe un risparmio di circa un miliardo di interessi l’anno.
Come si ricorderà proprio il ministro Tremonti a metà luglio, in occasione dell’assemblea dell’Abi, aveva annunciato che i comuni «saranno spinti a vendere i loro asset (ma non l’acqua) da un meccanismo di incentivi e disincentivi che sarà introdotto nel loro patto di stabilità». Allora il ministro aveva avvertito che il nuovo processo di privatizzazioni sarebbe iniziato al termine della crisi perché «non si può privatizzare a prescindere dal mercato».
La precipitazione dell’ultimo mese avrebbe indotto Tremonti ad accarezzare l’ipotesi di rompere gli indugi. Proprio ieri la Banca d’Italia ha reso noto che il debito pubblico a luglio, prima dunque che si intensificasse la tempesta estiva sui mercati, è salito al livello record di 1.911,807 miliardi di euro, con un incremento di oltre 10 miliardi rispetto a giugno. E, quindi, occorre fare presto.
In un simile quadro, non basta più la moral suasion messa in piedi da Tremonti che si limita a dare incentivi ai comuni che privatizzano, ma si starebbe pensando ad un processo di trasformazione in spa.
Tanto più che, stando ai dati di una ricerca del Mulino, sarebbero in perdita il 70 per cento delle imprese pubbliche locali, la metà di quelle del Centro e il 30 per cento di quelle del Nord.
Se un’uscita degli enti pubblici dalle municipalizzate incontrerebbe il sostegno degli industriali, sarebbe uno sbaglio pensare a privatizzare in assenza di una regolamentazione che eviti di trasmettere l’abuso del potere di mercato di cui godono queste imprese tanto da alterare la concorrenza. Come si ricorderà un tentativo in questa direzione, effettuato con il ddl Lanzillotta sui servizi pubblici locali nel secondo governo Prodi, è andato a vuoto per i veti incrociati nel parlamento.
Mentre si intensificano i rumors su nuove misure, si spacca il fronte dei sindaci che per oggi hanno indetto uno sciopero per protestare contro gli effetti del decreto di ferragosto. Si tratterà di una protesta simbolica con i sindaci impegnati a restituire ai prefetti le proprie deleghe sulle funzioni di anagrafe e stato civile.
Contestualmente i municipi apriranno le porte ai cittadini per spiegare loro costi ed effetti delle nuove misure. Una mobilitazione decisa la scorsa settimana e alla quale hanno aderito province e regioni, che per oggi hanno convocato una riunione straordinaria.
Uno sciopero che tuttavia ieri ha registrato qualche defezione: il fronte si è infatti incrinato con parte dei sindaci leghisti che hanno compiuto un passo indietro dopo lo stop arrivato dal consiglio federale del Carroccio alla partecipazione allo sciopero. Attilio Fontana, primo cittadino di Varese e presidente dell’Anci Lombardia, che ha deciso di non aderire ha anche annunciato l’intenzione di rimettere quest’ultimo incarico.
da Europa Quotidiano 15.09.11