La Camera dei deputati ieri ha dato il via definitivo alla manovra d´emergenza. E l´ha dato nel giorno stesso in cui la Banca d´Italia ha certificato l´ulteriore e inarrestato scivolamento del debito pubblico verso il nuovo primato negativo di 1.912 miliardi di euro. Si tratta di una cifra pesante. UNA cifra pesante che, da un lato giustifica ampiamente l´urgenza di ricorrere a provvedimenti severi ma, dall´altro lato, solleva un inquietante interrogativo sulla loro idoneità a restaurare la fiducia dei mercati verso il nostro paese.
Un interrogativo che la quotidiana oscillazione del fatidico “spread” fra titoli italiani e tedeschi lascia quanto mai sospeso nell´aria: anche ieri questo indicatore cruciale si è mosso su livelli non poi troppo lontani da quota 400.
Di questo passo – lo si è appena visto con le ultime aste dei titoli del Tesoro – alla crescita del debito si sta così sommando anche un rincaro progressivo dei suoi costi in una spirale che non promette nulla di buono.
Anche perché questa è la tipica situazione in cui sventura chiama sventura.
Come fanno presagire le voci secondo cui qualche agenzia di rating sarebbe prossima ad annunciare un ulteriore declassamento del nostro debito pubblico.
E in tale ipotesi, purtroppo, è certo che i conti della manovra appena entrata in vigore dovrebbero essere rifatti in tutta fretta perché l´obiettivo di raggiungere il pareggio di bilancio a fine 2013 – peraltro già incerto – risulterebbe fatalmente compromesso.
Non è stato davvero un bello spettacolo assistere ieri all´assedio violento del palazzo di Montecitorio da parte di alcuni gruppi di facinorosi.
Se qualcuno ha in animo di creare anche in Italia un clima da piazze infuocate, come quello che si è visto in Grecia nelle scorse settimane, è bene dire con nettezza che simili atti possono soltanto rendere più difficile la posizione del paese e, dunque, più costosa per tutti la ricerca di una via d´uscita.
Va, tuttavia, notato che il governo Berlusconi non ha da affrontare solo una caduta di credibilità sul fronte internazionale. Anche all´interno del paese – segnatamente nel mondo del lavoro e della produzione – si è creato un vasto malcontento anche spesso ben argomentato. Questo malcontento non pone problemi di ordine pubblico ma solleva serie questioni di fondo alle quali questo governo e la sua maggioranza non hanno dato finora risposta alcuna. E non si tratta stavolta dei soliti «comunisti» della Cgil. Giudizi duri e sferzanti sulle inadempienze del governo vengono, ogni giorno più netti, dai vertici della Confindustria e perfino da quei sindacati (come Cisl e Uil) che fino a ieri sembravano muoversi come gli alleati sociali più devoti del Cavaliere.
Il problema centrale sul quale non è stata data finora risposta è quello di interventi per il rilancio e la ripresa delle attività produttive.
Ce n´è abbastanza per concludere che ieri alla Camera si è solo voltata una pagina. Il libro su come salvare l´Italia – per dirla con le stesse parole di Berlusconi – è ancora tutto da scrivere. A quanto si vede manca in campo perfino l´autore.
La Repubblica 15.09.11