Da ieri le ombre lunghe del Terzo Reich sono di nuovo a processo, questa volte alla corte internazionale dell’ Aja. Come in uno strano corto-circuito della storia, sui banchi opposti stanno sedute Germania e Italia: alle prese con i fantasmi del passato ma anche con il diritto internazionale, con i massacri compiuti dalle Ss ma anche con la realpolitik degli Stati sovrani, in bilico tra il diritto al risarcimenti delle vittime ed i sempre più delicati equilibri europei.
La richiesta tedesca è perentoria: Berlino chiede all’ Aja che vengano annullate le sentenze dei tribunali civili italiani sugli indennizi alle vittime di crimini nazisti. Si parla di cifre ingenti: per i tre procedimenti attualmente passati in giudicato, siamo a complessivi 51 milioni di euro, secondo un’interrogazione rivolta al governo federale dal partito di sinistra Die Linke. Tuttavia, solo limitandosi 47 procedimenti in corso, a quanto scrive la Süddeutsche Zeitung, non è improbabile che la somma finale da esborsare alle vittime e ai loro familiari si aggiri intorno ai 150 milioni di euro.
C’è poi chi pensa che i soldi teoricamente in ballo siano molti, molti di più: le richieste di risarcimento sono più di ottanta, e riguarda circa 500 ricorrenti. Il governo italiano, a quanto pare, spera anch’esso nell’ Aja per cavarsi d’impiccio. «Siamo qui per ottenere una decisione da parte vostra su una questione giuridica di grande importanza non solo per le due parti presenti, ma per l’intero diritto internazionale e la sua evoluzione futura», è stata la lapide che la consigliera giuridica del ministero tedesco degli esteri, Susanne Wasum-Rainer, ha lanciato addosso alla corte. Aggiungendo: «I governi di Italia e Germania ritengono che solo una vostra decisione permetterà di uscire dall’impasse».
Roma l’ha detto: la decisione dell’ Aja «sarà utile ad un chiarimento». Un modo per non esporsi più di tanto. La vicenda del ricorso al massimo organo giudiziario delle Nazioni Unite comincia con la sentenza della Cassazione del 21 ottobre 2008, che riconobbe la Germania responsabile per essere stata il ‘mandante’ dei militari nazisti che – il 29 giugno del 1944 – uccisero 203 abitanti di Civitella, Cornia e San Pancrazio (Arezzo), sparando un colpo alla nuca di donne, bambini, uomini e vecchi, compreso il parroco del paese.
Ovviamente il governo federale, come afferma una nota dell’Ambasciata tedesca a Roma, ribadisce che il ricorso alla corte dell’ Aja «non si rivolge contro le vittime del nazionalsocialismo», la cui sofferenza il governo federale «ha riconosciuto illimitatamente», né vi è l’intenzione «di mettere in qualche modo in dubbio e relativizzare la particolare responsabilità tedesca per i crimini della seconda guerra mondiale».
Ma il fatto è che secondo Berlino l’Italia, permettendo l’avvio delle azioni civili contro la Germania, «viola i suoi obblighi giuridici internazionali». Wasum-Rainer ieri ai giudici della corte l’ha detta ancor più chiaramente: «L’oggetto della procedura è unicamente la violazione dell’immunità degli Stati da parte di tribunali italiani». Il fatto è che il principio dell’immunità degli Stati «vieta che uno Stato possa giudicare su un altro Stato». Punto e basta. Ma è proprio su questo che il dibattito in Germania è accesissimo. Da sinistra, si teme che se l’ Aja dovesse dar ragione a Berlino si creerebbe un precedente, sinanche in caso di futuri conflitti, negando alle vittime ogni prospettiva di risarcimento. «La questione, alla fine, e se gli Stati possano essere considerati responsabili civilmente per crimini di guerra», scrive ancora la Süddeutsche.
Negli ultimi anni diversi tribunali italiani (e greci: non a caso anche Atene è coinvolta nel procedimento davanti alla corte internazionale) avevano dato risposta affermativa, condannando la Germania a pagare. Amnesty International addirittura teme che un’eventuale vittoria tedesca al processo dell’ Aja possa portare «ad un grande passo indietro per quello che riguarda la difesa dei diritti umani».
Berlino risponde di avere già erogato non pochi indennizzi e ricorda un accordo italo-tedesco del 1961 in cui il Bel Paese aveva accettato di rinunciare a tutte le richieste di riparazione concernenti la seconda guerra mondiale. «Se la Germania dovesse fallire all’ Aja, le conseguenze sarebbero imprevedibili», scriveva ieri la Frankfurter Allgemeine, il più autorevole quotidiano tedesco, prefigurando una violazione sistematica dell’immunità nazionale, con conseguenze disastrose nei rapporti fra gli Stati. «Arroganza tedesca», la chiama, di contro, la Tageszeitung.
La verità, scrive il giornale della sinistra, è che il governo federale vuole assicurarsi la non-applicabilità di sentenze che feriscano la sovranità tedesca. «Una posizione anacronistica e destrorsa», picchia duro la Taz, che non esita a parlare di un «feticismo della sovranità degno di un’epoca passata». Oggi toccherà all’Italia esporre il proprio punto di vista di fronte alla corte internazionale. Chissà se citerà i principi ratificati dall’Assemblea delle Nazioni Unite nel marzo del 2006 circa il risarcimento delle vittime di gravi violazioni delle norme internazionali sui diritti umani. Entro la settimana l’ Aja dovrà decidere. Chissà se saprà diradare le ombre lunghe della storia.
L’Unità 13.09.11