Come una biglia che corre lungo un piano inclinato, l´Italia si sta avvicinando alla resa dei conti, al momento in cui la crisi economica e quella politica si daranno la mano. Negli ultimi due anni Silvio Berlusconi e una schiera di opinionisti strabici e compiacenti hanno fatto ogni sforzo per occultare questo fatale appuntamento, ma il cambio di passo che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha imposto alla sua azione è il miglior indicatore della drammaticità raggiunta dalla situazione
Rimini, Cernobbio e Palermo sono state le tappe in cui il sismografo presidenziale si è impennato con un´intensità direttamente proporzionale alla gravità della crisi in cui versa il Paese. Il presidente della Repubblica sta svolgendo con equilibrio una preziosa funzione di supplenza, punto di riferimento condiviso a livello popolare, ma anche argine di contenimento dell´emergenza nazionale.
Il capo dello Stato ha parlato anzitutto ai mercati internazionali, spendendo tutta la propria autorevolezza personale come già fece il suo predecessore Ciampi ai tempi dell´ingresso dell´Italia nell´euro. Speriamo che basti perché il punto di incrinatura è rappresentato dal perdurare della tutela franco-tedesca sul piano finanziario, ma lo scontro che in queste ore si è aperto in seno alla Bce con le dimissioni del rappresentante tedesco purtroppo non lascia ben sperare. Tanto più perché l´ultima variante della manovra approvata in questi giorni non contiene provvedimenti in favore della crescita (su questo punto concordano Confindustria e sindacati) e gli osservatori attendono con preoccupazione i mesi di ottobre e di novembre quando sarà chiara la necessità di ulteriori interventi correttivi. In questo quadro recessivo il timore che l´Italia non riesca a ripagare il suo debito è destinato a crescere.
A Rimini Napolitano ha ricordato la necessità di non nascondere la gravità della crisi e di parlare il linguaggio della verità. Questo è stato il principale errore di Berlusconi e di Tremonti, divisi su tutto, ma non nella pratica di questa originale arte prestigiatoria: far sparire la crisi, prima negandola e poi sottovalutandola, irridendo il Pd, che la denunciava, come antinazionale e menagramo. Invece di creare le condizioni per una politica condivisa, si è fatto di tutto per provocare lo scontro nella convinzione, sbagliata, che questo avrebbe portato consenso.
A Cernobbio Napolitano si è rivolto anche al sistema politico, in una situazione di debolezza dell´esecutivo che non è mai stata così evidente. Egli, come sempre, ha rammentato le prerogative del proprio ruolo per arginare la tendenza che induce a chiedere al presidente della Repubblica atti e prese di posizione che esulano dalla sua responsabilità istituzionale. La crisi politica del governo Berlusconi è manifesta perché mancano possibilità di autorigenerazione al suo interno: non si ricorda, negli ultimi decenni, un momento in cui l´autonomia e la libertà delle forze che compongono la maggioranza sia stata così bassa. La fronda di Maroni non riesce a trasformarsi in azione politica, Scajola è stato nuovamente azzoppato dalla magistratura alla vigilia di una possibile azione del suo congruo gruppo di fedelissimi, Pisanu rilascia interviste piene di buon senso, ma il dissenso interno rimane un mormorio senza coraggio.
A Palermo Napolitano ha parlato anche al cuore degli italiani, invitandoli a un esame di coscienza collettivo, dal Nord al Sud del Paese, senza distinzioni, facendo appello alla coesione sociale (che significa soprattutto ridurre le disuguaglianze), il prerequisito necessario per avviare il risveglio nazionale sul piano civile e politico.
Il problema principale è costituito dalla credibilità dell´Italia con questo governo e siamo arrivati al punto in cui qualunque nuovo esecutivo sarebbe migliore dell´attuale. Berlusconi è il problema e un atto di discontinuità appare sempre più necessario. Se il Cavaliere si facesse da parte, peraltro, farebbe il bene anche del suo schieramento, consentendo di individuare per tempo un nuovo candidato credibile per le prossime elezioni: non è possibile rimanere legati al grintoso narcisismo di un uomo solo, ormai troppo debole per aiutare l´Italia, ma ancora sufficientemente forte per impedire che altri lo facciano al suo posto. Fare politica significa trovare ogni volta gli equilibri possibili per favorire il bene comune: bisogna riuscirvi presto, prima che l´intero sistema sia travolto.
La Repubblica 10.09.11