Il faccendiere chiamò il premier dalla Bulgaria dopo la fuga di notizie e chiese: mi presento ai giudici? “No, resta all’estero”. Ecco l’ultima telefonata tra i due prima della latitanza Il faccendiere Valter Lavitola suda freddo, non tanto per il caldo di Sofia in cui si trova il 24 agosto, ma per le notizie che apprende dai siti Web che rilanciano lo scoop di “Panorama”, il settimanale della Mondadori. Ha appena scoperto che contro di lui c’è un’inchiesta pesantissima della procura di Napoli: lo accusano di estorsione nei confronti del presidente del Consiglio. E quell’articolo è pieno di dettagli giudiziari: ci sono particolari sulle intercettazioni dei dialoghi tra lui e Giampaolo Tarantini, il Giampi che nel 2008 portava prostitute e amiche a casa del Cavaliere. Nell’indagine è coinvolta anche la moglie di Giampi, Angela Devenuto, che gli amici più intimi chiamano “Ninni” o “Nicla”.
La donna ha una relazione con Lavitola nata tra i fornelli di casa del faccendiere, mentre lui le cucinava il coniglio. Oggi Lavitola è diventato lepre in fuga per il mondo, mentre i coniugi Tarantini sono stati arrestati. E la sua latitanza è cominciata, forse per coincidenza, dopo aver parlato al telefono proprio il 24 agosto scorso con Silvio Berlusconi, che già in quel momento sembra essere a conoscenza – come lo erano i giornalisti del settimanale mondadoriano – del lavoro riservato dei pm napoletani e della richiesta di arresto che avevano presentato al gip Amelia Primavera.
Il faccendiere è a Sofia per concludere affari per conto di Finmeccanica ma si rende subito conto del pericolo. Per questo si attacca al telefono e comincia a comporre ripetutamente il numero di Marinella Brambilla, la storica assistente personale del premier. Dall’inchiesta emerge come la Brambilla conosca perfettamente lo stretto rapporto che lega Lavitola al Cavaliere. La donna spiega che “lui” è impegnatissimo tra crisi economica e turbolenze politiche: non può rispondere. Lavitola dalla Bulgaria però insiste e, preso dall’ansia per le notizie che rimbalzano su tutti i media, continua a chiamare. E dopo vari tentativi, gli passano al telefono Silvio Berlusconi.
Il premier si mostra calmo, la voce è serena: rassicura Lavitola, spiega che tutto sarà chiarito e gli dice di “stare tranquillo”. A quel punto – come se fosse un’anticipazione della sua autodifesa – gli espone quella che sarà la linea: la stessa in parte pubblicata alcuni giorni dopo sullo stesso settimanale autore dello scoop sull’inchiesta. Berlusconi ricorda a Lavitola che attraverso lui ha “aiutato una persona e una famiglia con bambini che si trovava e si trova in gravissime difficoltà economiche”. E sottolinea: “Non ho nulla di cui pentirmi, non ho fatto nulla di illecito”.
Da Sofia Lavitola sembra comprendere: capisce quale è la linea difensiva e concorda su questi punti. Appare però sconfortato e in qualche modo anche dispiaciuto per le intercettazioni. E’ rammaricato per essere stato registrato mentre parlava con il premier. Lavitola, a quanto sembra, aveva assicurato a Berlusconi che le utenze panamensi usate per i loro dialoghi telefonici erano a prova di intercettazione e quindi sicure. Ma così con è stato. La Digos di Napoli è riuscita a captarle tutte su delega dei pm Piscitelli, Woodcock e Curcio. Il premier anche in questo caso mantiene un tono di voce calmo e risponde a Lavitola in modo sarcastico: “Te lo avevo detto che ci avrebbero intercettati”.
A quel punto il faccendiere è “giudiziariamente” con le spalle al muro, e chiede consiglio al premier: “Che devo fare? Torno e chiarisco tutto?”. Berlusconi risponde: “Resta dove sei”. Il messaggio è chiaro, non richiede commenti. Già pochi mesi fa Lavitola si era rifugiato a Panama dopo avere saputo dell’arresto di Luigi Bisignani per l’inchiesta sulla P4: lui stesso ammette, parlando con la moglie di Tarantini, di avere responsabilità penali in questa storia collegata a Finmeccanica. E anche dopo la telefonata con Berlusconi i piani di viaggio dell’ex direttore dell'”Avanti” cambiano improvvisamente. Organizza la fuga, cercando la meta più ostica per la giustizia italiana: il Brasile. Lui aveva già in tasca un biglietto per Roma, destinato a non essere usato perché compra di corsa un volo per il Paese sudamericano scelto per trascorrere la latitanza.
La procura napoletana sostiene che lo scoop del settimanale di casa Berlusconi ha favorito gli indagati. E forse anche Berlusconi che in questa vicenda compare formalmente come parte offesa. Per il procuratore aggiunto Francesco Greco che coordina l’inchiesta, le indagini sono state “fortemente compromesse” proprio “dalla criminosa sottrazione di numerosi e rilevanti contenuti della richiesta di misura cautelare ad opera di ignoti a cui ha fatto seguito la pubblicazione degli stessi su alcuni giornali nazionali”.
Secondo il procuratore capo, Giovandomenico Lepore pubblicare notizie del genere “è come avvisare l’indagato del suo arresto. Vogliamo andare fino in fondo perché è un fatto gravissimo e non è la prima volta che accade”. I pm hanno aperto un fascicolo di indagine sulla fuga di notizie, in cui viene ipotizzato il favoreggiamento: la pubblicazione di ampi stralci della richiesta di custodia cautelare può aver agevolato gli indagati.
Lavitola ha evitato l’arresto ed è latitante ma resta il sospetto che dopo la diffusione della notizia molte persone abbiano potuto far sparire prove compromettenti. Tarantini e sua moglie hanno avuto il tempo di concordare una linea difensiva, tanto da stilare una memoria poi consegnata in carcere al giudice.
Insomma, tutti i protagonisti al momento della retata sapevano cosa dire; compreso Berlusconi, indicato come vittima di un’estorsione che lo ha portato a sborsare in un anno 850 mila euro. Soldi diretti ai coniugi Tarantini ma deviati in buona parte nelle casse di Lavitola, che ne ha intascati ben 400 mila. Per il faccendiere – ritenuto dagli inquirenti la mente del ricatto – la coppia rappresentava la gallina dalle uova d’oro che avrebbe permesso di mettere “con le spalle al muro” Berlusconi. E costringerlo a pagare per far tacere Tarantini su quelle serate nelle residenze romane e milanesi del premier allietate da prostitute ed amiche pronte a tutto. Insomma, un silenzio che vale oro.
Ora dalla latitanza Lavitola parla attraverso i giornali e annuncia che vuol tornare in Italia per farsi arrestare, ma prima lancia un messaggio: “Ho una famiglia da mantenere. Quando entrerò in cella come vivranno mia moglie e mio figlio?” Non è difficile ipotizzare che la domanda sia rivolta a qualcuno che ha già “aiutato una persona e una famiglia con bambini che si trovava e si trova in gravissime difficoltà economiche”.
L’Espresso 08.09.11