Le ultime modifiche sono attese per oggi, quando la manovra bis correttiva dei conti pubblici sarà all’esame dell’aula del senato. Saranno poche e ben ponderate, promettono dalla maggioranza di governo. Dopo il via vai di modifiche, che hanno caratterizzato finora il percorso del decreto legge varato il 13 agosto scorso, non sono ammessi stravolgimenti. I rumors di palazzo raccontano che tra via XX Settembre, via Veneto e viale Trastevere si starebbe esaminando anche una proposta per rimodulare il rinvio di un anno delle pensioni nella scuola.
Un correttivo, quello prospettato dal ministro dell’istruzione, Mariastella Gelmini, ai colleghi dell’Economia e del Lavoro, rispettivamente Giulio Tremonti e Maurizio Sacconi, che sarebbe dettato dalla necessità di non penalizzare eccessivamente la scuola, dove per il particolare sistema della finestra unica a settembre l’attesa potrebbe arrivare a 20 mesi; e al tempo stesso di non compromettere i prossimi due anni del piano triennale di assunzioni approvato con la precedente manovra.
Il testo in ingresso del decreto legge n. 138, all’articolo 1, comma 21, dispone che dal 2012, e con esclusivo riferimento ai soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento dal primo gennaio 2012 (sono dunque salvi coloro i quali maturano entro fine 2011), i lavoratori della scuola accederanno al trattamento pensionistico non più alla data di inizio dello stesso anno scolastico ma dall’inizio dell’anno scolastico successivo. Il che significa per esempio che un docente che matura i requisiti a gennaio prossimo non potrà andare in pensione a settembre 2012 (come sarebbe avvenuto con la vecchia normativa) ma a settembre dell’anno successivo. Una misura che i tecnici del Tesoro hanno stimato possa riguardare tra i 15.500 e i 17 mila soggetti, tanti quanti avrebbero la «propensione» ad accedere al pensionamento nel periodo 2012-2015 «con i requisiti minimi», precisa la relazione tecnica.
Si evince così che non sarebbero nel mirino del legislatore tutti i papabili a pensione, ma solo coloro che hanno meno di 65 anni di età (età alla quale scatta obbligatoriamente la pensione di vecchiaia, con 20 anni di servizio minimi). Insomma, la misura è diretta a disincentivare le pensioni di anzianità, quelle che si realizzano con i 60 anni di età e i 36 anni di contributi, ovvero 61 anni di età e 35 di contributi.
I risparmi stimati dal Tesoro, sulla base di una pensione media di 26 mila euro annui, sono di 100 milioni di euro per il 2012, che diventano 415 milioni nel 2013, per salire a 548 mln nel 2017.
Il prezzo del rinvio di un anno della pensione dovrebbe dunque essere accettato nel 2012 da circa 3800 pensionandi.
Tutti gli altri dovrebbero decidere di restare. Ma quanti sono gli altri? Secondo alcune stime ufficiose, solo un pensionato su tre della scuola ha i requisiti di vecchiaia, gli altri hanno i «requisiti minimi». E così tra quanti non faranno domanda di pensione, perché è più conveniente continuare a lavorare anche per avere un assegno più alto in futuro, e gli altri che vogliono andare via ma restano per un anno ancora, per colpa del blocco, i posti per nuove assunzioni (dopo l’infornata record di oltre 65 mila immissioni in ruolo di quest’anno) sarebbero ridimensionati, giusto quelli delle pensioni di vecchiaia e degli accantonamenti. E questo sarebbe il secondo effetto negativo.
da ItaliaOggi 06.09.11