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"Aumentano le preoccupazioni tra gli iscritti di Cisl e Uil", di Rosaria Talarico

Non scioperano con la Cgil, ma bancari e metalmeccanici delle altre federazioni sindacali, Cisl e Uil in primis ma non solo, sparano a zero contro l’articolo 8 della manovra. In particolare diversi sindacati di categoria di Cisl e Uil ci vanno giù più duramente e lo dicono in maniera netta: «L’articolo 18 dello statuto dei lavoratori non si tocca». Non c’è traccia delle timidezze dei vertici delle confederazioni sindacali «madri» (che non aderiscono allo sciopero generale indetto per oggi dalla Cgil) nel commentare l’articolo 8 della manovra che consentirebbe ai singoli accordi aziendali di derogare ai contratti nazionali. Il rischio è che questo tipo di intese potrebbe prevedere un indennizzo economico in caso di licenziamento senza giusta causa, invece del diritto al reintegro nel posto di lavoro (previsto appunto dall’ articolo 18 dello statuto dei lavoratori). Tutte le sigle sono concordi nel definire la norma «inutile e sbagliata». Giovanni Luciano della FitCisl afferma che «nessun sindacalista farà mai accordi per licenziare i lavoratori». Anche la Uilca, il sindacato dei lavoratori di credito e assicurazioni «si impegna a non attivare alcuna deroga all’articolo 18», considerando la proposta strumentale e sbagliata perché inserisce in un provvedimento di finanza pubblica «un intervento in materia di lavoro che non ha alcuna attinenza con la necessità di sistemare i conti dello Stato», spiega il segretario Massimo Masi. Per Giuseppe Farina di Fim-Cisl il provvedimento serve «ad alimentare lo scontro ideologico tra le componenti più antisindacali del governo e quelle più radicali e politicizzate della Cgil, nell’intento di affossare il rilancio dell’unità sindacale tra Cgil, Cisl e Uil». Anche Fiba Cisl «non intende ricorrere a deroghe all’articolo 18». Per il sindacato dei bancari, Fabi, il provvedimento è «ingiusto e sbagliato». E pur senza aderire come sigla allo sciopero della Cgil (perché organizzato da una sola sigla sindacale), la Fabi lascia alle «personali valutazioni di ognuno la partecipazione a una legittima manifestazione di protesta». «Il governo semina zizzania. L’articolo è inutile e va ritirato», è la posizione di Uila Uil, che rappresenta il settore alimentare. Secondo il segretario Stefano Mantegazza si tratta di una «forzatura ideologica del governo e rischia di essere un grimaldello per scardinare diritti fondamentali nelle piccole aziende». Su posizioni di maggiore apertura sono invece i rappresentanti dei lavoratori del commercio: Uiltucs e Confcommercio. Francesco Rivolta, direttore di Confcommercio parla di «necessità di relazioni sindacali più moderne per fronteggiare la crisi e l’emergenza occupazione, abbandonando le vecchie logiche conflittuali». Mentre Bruno Boco di Uiltucs è favorevole a una deroga purché «parziale e a tempo. Sarebbe una possibilità necessaria per la produzione, specialmente in una situazione di crisi come questa». Infine, per Maurizio Arena segretario generale di Dircredito, il sindacato autonomo dei bancari l’articolo 8 «subordinando la contrattazione nazionale viola pesantemente l’autonomia delle parti sociali, che non è un fatto corporativo ma uno strumento di garanzia democratica per tutti».

La Stampa 06.09.11

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L’articolo 8 permetterà di sorvegliare e trasferire i dipendenti “scomodi”, di R. Gi.
Nel testo licenziato dalla Commissione bilancio si parla di “impianti audiovisivi e introduzione di nuove tecnologie”. Gli accordi «in deroga» si potranno applicare anche alle mansioni e all’inquadramento del personale. Licenziati semplicemente con una lettera, ricevendo qualche mensilità di stipendio aggiuntiva come benservito. Oppure, controllati durante l’orario di lavoro da vigilantes che girano in azienda; o meglio ancora monitorati elettronicamente da telecamere o dispositivi informatici. Oppure, trasferiti da una città all’altra senza indennità o preavviso. Oppure, costretti a ore di straordinario aggiuntivo obbligate. Tutto questo, e molto altro ancora potrebbe essere possibile una volta che cominceranno ad essere firmati gli accordi sindacali ispirati all’articolo 8 del decreto sulla manovra. Un articolo che consente che accordi sindacali potranno «derogare» – cioè stabilire liberamente regole – rispetto a quanto indicato nei contratti nazionali o alle leggi.
Come noto, l’articolo 8 stabilisce una serie di limiti alla «derogabilità»: non possono essere modificate le regole dei rapporti di lavoro che possono trovare una tutela costituzionale o difese da norme europee o convenzioni internazionali. I giuristi del lavoro già si dividono su quali esse siano: sicuramente non potranno essere toccati i diritti di associazione sindacale, quelli a tutela delle madri e dell’infanzia, quelli contro le discriminazioni politiche, di genere o razziali nei rapporti di lavoro. Già ci sono minori certezze sulle retribuzioni o sugli orari massimi di lavoro: la Costituzione si limita a parlare di «diritto a una retribuzione proporzionata e sufficiente», e stabilisce che l’orario massimo è stabilito per legge.
Sicuramente in ballo ci sono le norme sui licenziamenti. Parliamo dei licenziamenti «economici», quelli decisi perché l’azienda decide che ci sono degli esuberi, o che certi dipendenti non servono più o non «vanno bene». Oggi in base all’articolo 18 dello Statuto del 1970 se un lavoratore viene licenziato per queste ragioni (cioè non per «giusta causa», cioè se ruba o cose simili) può chiedere al giudice il reintegro nel posto di lavoro. Se si firmeranno accordi sindacali in base all’articolo 8 del decreto, le cose cambieranno. Tipicamente, come avviene anche nelle piccole imprese – questa norma il governo Berlusconi la propose anche nel 2001-2002, nel «libro Bianco» di Marco Biagi – si potrà «recedere» dal rapporto di lavoro (ovvero licenziare) semplicemente versando una indennità economica. Qualche mensilità di stipendio, e addio.
C’è una seconda area su cui potrebbero appuntarsi le attenzioni dei datori di lavoro: quella dei controlli sul personale. Non è casuale che proprio nel testo emendato dell’articolo 8 si faccia riferimento agli «impianti audiovisivi e all’introduzione di nuove tecnologie». Oggi lo Statuto dei Lavoratori stabilisce precisi limiti: niente vigilanti, perquisizioni all’uscita rigidamente ridotte, niente telecamere e altri strumenti che permettano il controllo a distanza dei dipendenti mentre svolgono l’attività lavorativa. E nemmeno fuori: i controlli per verificare se un dipendente è malato sono affidati per legge a organismi pubblici. È possibile invece che attraverso i nuovi accordi si possa stabilire regole diverse in deroga alla legge: controlli audiovisivi, o – per chi lavora su computer – verifiche sulla corrispondenza elettronica, sull’uso dei terminali per Facebook, sulla frequenza del ricorso al bagno, e così via. Altre materie definite per legge sono gli orari di lavoro massimi, gli straordinari, le regole per le assunzioni. Anche qui si potrà intervenire liberamente.
Tutto dipenderà dalla «creatività» di questi accordi sindacali aziendali, che potranno essere con relativa facilità imposti (a maggioranza) ai sindacati e alle rappresentanze di azienda. Basta immaginare uno stabilimento in crisi: meglio chiudere i battenti, o è meglio accettare un bel ridimensionamento di certi «privilegi non più sostenibili»? Certo è che l’articolo 8 apre campi potenzialmente sconfinati: gli accordi «in deroga» possono intervenire oltre che su leggi anche su materie su cui fanno testo i contratti nazionali di categoria. Si potrà cambiare la mansione del personale, le pause, l’inquadramento contrattuale, l’articolazione dell’orario di lavoro. Stabilire di assumere giovani con salario più basso, utilizzare collaboratori anche per lavori svolti da personale dipendente. Oppure, ancora, spedire in un’altra città lavoratori non più considerati utili o non particolarmente graditi.

La Stampa 06.09.11