Praticamente nulla è previsto dalle manovre di luglio, agosto e settembre a favore dei giovani, salvo un paio di impegni generici e tutti da verificare, uno per neo-imprenditori e un altro per giovani coppie con figli. Nulla di strutturale e di decisivo, che dia il segnale di un impegno non propagandistico e mediatico per le future generazioni. Si parla di caccia all’evasione e qualcuno arrischia ipotesi e cifre sulle possibili entrate.
E allora, prendiamo sul serio la proposta in manovra e facciamo in modo che una cifra modesta ma significativa di risorse recuperate venga stanziata per favorire l’occupazione dei giovani. Attenzione. I diplomati e laureati al vertice delle loro preferenze mettono le grandi imprese. Forse non sanno che la domanda più dinamica di lavoro in Italia è quella delle piccole e medie imprese. Sono oltre 4,5 milioni le realtà di minori dimensioni che potrebbero essere aiutate a crescere. Come? Dando a ogni piccola impresa che assume stabilmente un giovane under 35 un bonus, uno sconto contributivo e fiscale. Si potrebbero ottenere almeno 100mila assunzioni coi soldi degli evasori.
Diventeranno una risorsa sempre più sottovalutata e con decrescenti occasioni di lavoro; e dovranno lottare per il ricambio generazionale, se non vorranno essere vittime della bomba previdenziale. Non si presenta sotto i migliori auspici il futuro delle nuove generazioni, nonostante la Carta europea dei diritti di Nizza, a meno che non vengano invertiti i trend e non si mettano i giovani al centro di una campagna di emergenza, trasformandola in una priorità. Ecco la radiografia di una generazione sprecata.
Demografia
Il fenomeno è diffuso, l’invecchiamento degli italiani, secondo l’ultimo Rapporto Iref-Acli sul «lavoro scomposto», è sotto gli occhi di tutti. L’indice di ricambio generazionale della popolazione attiva ne è molto influenzato, tanto da assegnare ai giovani il ruolo di vittime della bomba delle pensioni. Il mantenimento al lavoro degli over 60 aggraverà lo squilibrio tra entrate e uscite. Le uniche regioni con un indice di ricambio positivo sono quelle del Sud, che sono le meno protette dal lato occupazionale. Le più «vecchie» sono Piemonte, Toscana, Friuli e Liguria.
Occupazione
Anche se è in crescita la componente adulta (48% tra i 30 e 49 anni), la quota di lavoro atipico, temporaneo e spesso precario, colpisce fortemente i giovani (40%) e in particolare le ragazze. Se da un lato la disoccupazione giovanile viaggia verso il 30%, i tassi di occupazione dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni sono sotto la media Ue (37,6%): in Italia solo un giovane su quattro lavora (24,4%), contro il 52% dei ragazzi inglesi (52,4%), tedeschi (46,9%) e francesi (32,2%).
Retribuzioni
Anche i differenziali retributivi, conferma il Rapporto IrefAcli, rivelano una penalizzazione dei giovani. Un ragazzo con meno di 19 anni guadagna in media la metà della paga giornaliera del settore privato, che è di 83 euro. Tale differenza si riduce di 10 euro tra i 20 e i 24 anni e di 20 euro tra i 25 e i 29 anni. La parità retributiva si raggiunge solo dopo i 40 anni.
Sottoinquadramento
Alle difficoltà di accesso, alla precarietà del lavoro, agli stipendi più bassi e agli ostacoli alla crescita, per i giovani l’impatto con il primo impiego è spesso un declassamento. Le proposte di lavoro non sono in linea con la qualificazione formale. Eccessive le forme sinadeguate che vengono loro offerte, ciò che crea un circolo vizioso, che contribuisce a infoltire l’esercito degli scoraggiati e dei Neet (non studiano e non lavorano), oltre 2 milioni tra i 15 e i 29 anni, di cui oltre la metà ragazze e il 58% al Sud.
Canali di ricerca
Oltre che sprecati, ma anche spaesati sembrano i giovani di fronte ai canali di ricerca del lavoro. Nonostante la conclamata necessità di migliorare gli strumenti utili a trovare un’occupazione, oltre un giovane su due ha trovato il primo impiego grazie ad amici, parenti e conoscenti, a cui si aggiunge una quota superiore al 15% di invio diretto di candidature e curriculum. Scarso il peso di agenzie del lavoro e centri pubblici, a conferma della inadeguatezza dell’orientamento e del prevalere del fai da te nella ricerca del lavoro.
La Stampa 05.09.11