La grande presenza di spettatori in una piazza del Popolo gremita è il principale segno dell’importanza reale e percepita del dibattito “La cultura per ripartire”. Intervengono Matteo Orfini responsabile per il Partito Democratico dell’area cultura e informazione, Massimo Ghini attore e doppiatore, Pietro Giovanni Guzzo archeologo ed ex incaricato della Soprintendenza Speciale di Napoli e Pompei, Livia Potolicchio Segretaria Nazionale Fillea CGIL, Arnaldo Colasanti scrittore e critico letterario, Nicoletta Robello attrice e regista teatrale. Coordina il dibattito Cristiano Bucchi.
La discussione si apre con una battuta amara di Massimo Ghini: “la forza comica del provvedimento di incarcerare esclusivamente chi evade il fisco a partire dai 3 milioni di euro supera fortemente quella dei cinepanettoni. Se non succederà qualcosa di forte il paese resterà addormentato.”
Orfini, in merito alla manovra economica rilancia: “Oggi è Sabato, speriamo che almeno la Domenica quelli del governo si riposino. Da giorni ormai c’è un escalation di provvedimenti sempre peggiori. La situazione è drammatica, il paese non è governato proprio nel momento in cui ha più bisogno di esserlo. Servono provvedimenti urgenti che prevedano sacrifici per chi non li hai mai fatti fin’ora.” In un contesto del genere “ La cultura non è minimamente presa in considerazione, le numerose finanziarie che si sono susseguite lo dimostrano, cosi come l’assenteismo continuo del ministro Bondi e del suo successore.”
Si può quindi ancora vivere di cultura oggi in Italia?
“Tra le difficoltà innegabili cerchiamo di reagire”, spiega Nicoletta Robello, “ma ad oggi non é possibile fare cultura, nel mio caso spettacoli dal vivo, come si faceva in passato. I tagli sono stati devastanti ma ovunque in Italia c’è chi nel nostro mondo prova a programmare il futuro in attesa di una ripresa globale, come accade da mesi al Teatro Valle di Roma”.
Spetta in seguito ancora a Ghini, alla luce di una più che decennale esperienza ai vertici del sindacato attori, la spiegazione del fenomeno di declino dei contesti culturali: “il sistema spettacolo italiano si è adagiato sul Fondo Unico per lo Spettacolo senza progettare un’economia alternativa che supplisse ad eventuali necessità”. Un intero mondo che ha prestato il fianco, unitamente a una iniqua distribuzione dei fondi, a favore degli enti lirici che attualmente se ne assicurano il 48%, lasciando la restante parte a tutti gli altri segmenti del settore.
Ultimo ma non meno importante fattore di crisi è rappresentato da una totale mancanza di progettazione strategica, che ha fatto si che il sistema saltasse.
L’attore romano lancia pertanto una proposta diretta: “assicuriamoci innanzitutto di mandare a casa questo governo e in seguito presentiamoci al paese facendo chiarezza e proponendo provvedimenti ispirati al modello francese e che possano incentivare la produzione all’interno del paese, con fondi agevolati di origine privata per non gravare esclusivamente sullo stato”.
A questa si affianca quella dell’esponente del Partito Democratico: “lo stato dovrà investire più soldi sulla cultura, ma gestirli meglio. Si dovrà contrastare l’immagine creata dalla propaganda di centro-destra di una cultura luogo di parassiti. E infine sbloccare quelle risorse rimaste bloccate negli enti previdenziali per fornire delle garanzie minime ai lavoratori di queste categorie.
Non dimentichiamo che la cultura è anche lavoro: restituiamo dignità e autonomia ai 3 milioni di lavoratori che sono impiegati nel settore tra diretto e indotto ”.
“E’ necessario uniformarsi all’Europa”, sostiene la Robello, “il paese è indietro, mentre al di fuori di esso si progettano modelli culturali 3.0 che intervengono direttamente nelle varie società. Interroghiamoci sulla funzione della cultura, e di come possiamo ottimizzarne la forza educativa e sociale anche grazie a nuove figure professionali.
Perché attraverso la cultura si trasmette informazione e conoscenza.”
In chiusura, tre significativi flash da parte dei restanti ospiti. In primis la citazione di un aneddoto sul premio nobel Pasternak da parte di Colasanti, che aggiunge: “abbiamo bisogno di ritrovare l’amore per la cultura, in un paese che disprezza tutto”.
A cui segue l’opinione di Guzzo, secondo cui “alla cultura tecnica va affiancato un apparato di informazione e comunicazione che assicuri una mediazione in favore del pubblico.”
Conclude il dibattito Livia Potolicchio affermando che “la cultura è un diritto da garantire lungo tutto il corso della vita. Chi la attacca compie un attacco alla democrazia stessa”.
Redazione web Feste Democratiche – Francesco Gennari
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