Mi mettono le spie dove vogliono, mi controllano le telefonate, ma non me ne fotte niente. Io tra qualche mese me ne vado via da questo Paese di merda, di cui sono nauseato. “La politica – diceva Rino Formica – è sangue e merda”. Oggi è sparito il sangue. Nel linguaggio pubblico ha da tempo fatto irruzione lo sterco. «All´erta, all´erta, siamo nella merta» cantava Mino Maccari in un´epistola in versi al suo amico Flaiano. Erano gli anni cinquanta, a loro modo spensierati, ma quando più tardi il ministro delle Finanze Visentini si ritrovò a ripetere questa buffa filastrocca, già le condizioni finanziarie dell´Italia si erano aggravate e la constatazione di Maccari aveva acquistato realismo.
«Chi la fa, la copra» esortava del resto Amintore Fanfani negli anni sessanta. Ma anche qui, a parte l´antica arguzia di storpiare o addirittura di silenziare quella parola così evocativa, si avverte una vertigine non solo linguistica, ma anche di senso rispetto al berlusconismo fecale. Che ormai del tutto sganciato dalla sua stessa affettatissima tele-cortesia («mi consenta») si risolve in scontato vittimismo e banale volgarità. Per cui, astutamente rifornito di scheda telefonica panamense intestata a un cittadino peruviano, il presidente del Consiglio ha confidato al suo personale consigliere per la Sicurezza Lavitola, ai pm di Napoli che l´ascoltavano in presa diretta e a milioni di cittadini e spettatori che l´Italia è un paese di … Esatto, di quella cosa lì.
L´innominabile argomento suscita una cupa allegria, al solito rinforzata dalle giustificazioni berlusconiane del giorno dopo: «Sono cose dette a tarda sera» (in analoga circostanza di autocommiserazione intercettatoria il Cavaliere fece prezioso riferimento a una presunta «sfera onirica»). Sennonché l´irruzione nel discorso pubblico della materia organica più ripugnante, dello scarto per eccellenza, del prodotto meno trattabile del metabolismo costringe i più diligenti e spregiudicati fra gli osservatori dell´immaginario politico a immolarsi alla ricerca delle ragioni per le quali, insomma, da qualche tempo quella cosa lì stia saturando, per non dire che ha già abbastanza imbrattato, ammorbato e intasato la vita pubblica italiana non solo sul piano astratto delle parole e dei simboli, ma anche nella sua pratica e disgustosa concretezza.
E si potrà a tale proposito richiamare Freud, la regressione di un intero paese a livello anale; come pure si potrebbe continuare almanaccando attorno al realismo grottesco e carnevalesco o all´abbassamento della festa stultorum teorizzato dal grande critico russo Michail Bachtin. Ogni opinione è libera, come s´intuisce d´altra parte soffermandosi su alcuni passaggi del discorso di Bossi a Pontida: «Berlusconi si era cacato addosso»; come pure a quell´altra recentissima perla barese di Gianpi Tarantini secondo cui lo stesso presidente, al pensiero che certi altarini venissero fuori, «stava cacato nelle mutande».
E´ che per restare ai fatti – e senza inoltrarsi necessariamente nel pur affollatissimo repertorio di illustri stanze da bagno che di recente hanno ospitato controversie e/o sono state filmate e anche fotografate di straforo – ecco che da una fredda indagine emerge che sterco, letame ed escrementi, tanto di origine animale che umana, sono stati segnalati: nell´ascensore del ministro delle Finanze (periodo Visco), sulle pareti degli uffici del gruppo parlamentare dell´Italia dei Valori a Palazzo Raggi, davanti al maestoso portone di Palazzo Grazioli e due anni dopo davanti al più modesto ingresso della sede del Pdl a via dell´Umiltà, ma con vaso da notte e volantino esplicativo e illustrato.
Poi, con diverse motivazioni, lo stesso odioso e rivoltante materiale che si trova nel XVIII canto dell´Inferno è comparso sotto casa del presidente della Lazio Lotito e del ministro dell´Istruzione Gelmini; quindi ha fatto inconfondibile mostra di sé sulla targa della segreteria di De Magistris a Catanzaro; e infine nei primi giorni della crisi finanziaria – ma l´elenco è sicuramente manchevole – varrà la pena di menzionare l´iniziativa di una signora, Vincenza Cavalluzzi, che con il l´incoraggiamento e il patronage di Sgarbi ha messo in vendita le proprie feci con l´etichetta «Merda fallita Lehman Brothers» nei pressi della Consob.
«La politica – scolpì a suo tempo Rino Formica – è sangue e merda». L´impressione, trent´anni dopo, è che il sangue sia definitivamente e forse anche fortunatamente evaporato, mentre la deriva bassa della biopolitica e del populismo vittimistico continuano a produrre quell´altro elemento in gran quantità. E non è giusto, né tanto meno è confortante sentirselo ripetere da chi ne ha tratto il più spregevole vantaggio.
La Repubblica 03.09.11
******
“Silvio ora deve stare attento sta per esplodere una bomba in casa sono arrivate le minorenni”, di DARIO DEL PORTO e CONCHITA SANNINO
Il direttore dell´Avanti tratta anche per la costruzione di alcune dighe in Albania con il premier Berisha
Il faccendiere sul premier “Tu non hai idea a che punto si arriverà con sta storia, io lo dovrò mettere spalle al muro”. «Questo sta proprio con il cervello da un´altra parte». Così Valter Lavitola, si riferisce al presidente del Consiglio Berlusconi in una conversazione del 14 luglio scorso con Angela Devenuto detta “Nicla” o “Ninni”, la moglie di Gianpiero Tarantini. Nella stessa telefonata la Devenuto, agitata per le difficoltà economiche in cui dice di trovarsi, esprime rabbia e amarezza nei confronti del premier, che lei stessa ha incontrato in compagnia del marito. Arrivando a riferire una dura espressione che «Gianpi», suo marito, avrebbe usato nei confronti del presidente: «Mi aiutasse a fare questa cosa e poi si togliesse dai coglioni, che mi ha rovinato la vita».
«IL CERVELLO DA UN´ALTRA PARTE»
V: «Hai capito? eh… stiamo parlando che io non lo so più che cosa fare con questo qua, l´unica cosa ti dico, la verità è andare con i piedi di piombo perché questo sta proprio con il cervello da un´altra parte…
N: «Ma io non ho capito…».
V: «Sarà sta storia della Fininvest, sarà ‘sta storia del governo che lui adesso dice che se ne va, sarà non si sa che cosa… allora il ragionamento non è che lui mi ha detto chi se ne fotte, così chi se ne fotte».
«PORTO TARANTINI AD ARCORE»
In un passaggio successivo Lavitola sostiene di aver parlato a Berlusconi di una richiesta di Tarantini di incontrarlo. Colloquio che, secondo i magistrati, Lavitola vuole evitare perché intende conservare il ruolo di intermediario con il premier.
V: «Io a lui gli ho detto me lo può fare un favore personale. Lui mi ha detto “sì” se io le faccio venire lì Giampaolo accompagnato dalla moglie in modo tale super sicuro all… di notte, di mattina. Lo faccio venire a Arcore lo faccio venire dove le pare, va bene? Lei lo può vedere? dice: “Ma per che cosa?”, niente semplicemente perché le vuole parlare perché ci sta bisogna andare a definire ‘ste cose e poi deve parlare pure di altri fatti che mò non mi va di parlarle a telefono, lui mi fa “ma che c… dobbiamo fare che cosa dobbiamo fare”. Io ho detto che ne so, cosa dobbiamo fare dobbiamo fare questo, “ma tu, non ho capito, per che c…., se dai tanto addosso a questi qua dice non ho capito gli stiamo facendo tutto”. Preside´ che gli stiamo facendo non gli stiamo facendo un cazzo. E lui dice come un c… stiamo facendo tutte queste cose, i soldi, quello quell´altro, l´avvocati. Dico, senti un´altra volta, allora dice “guarda basta io mi sono rotto i coglioni e…”. Insomma se la prendeva più con me che con lui allora rispetto a ciò io ti sto cercando di dire che io se…. oggi tra andargli a dire chiama Scaroni fallo venire là e vengo pure io piglio l´aereo vengo due giorni e torno va bene? a dirgli ricevi a Giampaolo quello ci fa un piacere più grosso a ricevere a Giampaolo che a fare andare a Scaroni là allora dico io siccome questo è uno stitico in tutte le cose a che c… serve fargli andare Giampaolo là che lui non lo vuole vedere?».
N: «Ma infatti Giampaolo sai cosa ha detto, sai cosa ha detto? ma facess… mi aiutasse a fare questa cosa si togliesse davanti ai coglioni ha detto perche mi ha rovinato solo la vita».
V: «Brava e quello che gli ho detto io».
N: «Ed è la verità».
V: «Brava…»
BERLUSCONI SPALLE AL MURO
Nella stessa telefonata, parlando della possibile «bomba» giudiziaria in arrivo da Bari, Lavitola manifesta l´intenzione di mettere Berlusconi «spalle al muro.
V: «Si… brava hai capito? allora quando lui (verosimilmente Tarantini n. d. r.) si sputtanerà io gli andrò addosso (secondo il giudice il riferimento è a Berlusconi n. d. r.) gli andrò a dire noi faremo il gioche…… i… i.. il coso io gli andrò a dire guarda che questo qui mo´ mi mette nella merda pure a me, perché questo si impazzisce si fa si dice, gli dico mo´ devi fare questa cosa se no mo´ scoppia la merda davvero perché mi incazzo pure io… Tu non hai idea a che punto si arriverà con sta storia, io lo dovrò mettere spalle al muro».
N: «Va bè Valter spalle al muro ma facesse che c….. ma ti posso dire una cosa ma andasse a fare in culo, cioè andasse pure lui a fare in c… e se la vedesse lui e il mese di marzo che alla fine dei conti noi non abbiamo più niente, quindi non abbiamo più niente da perdere, salvo il fatto di non avere i soldi la mattina per mangiare, lui invece c´ha da perdere tutto».
«LE MINORENNI IN CASA»
Angela Devenuto continua poi a sfogarsi con Lavitola.
N: «Io ti voglio dire una cosa, lui risolve i problemi a… ma va bè tu dici lui perché so´ femmina, ho capito gli compra le case le sistema gli trova il lavoro a quattro mignotte e che c… sto ragazzo fino a prova contraria l´ha preso e lo ha difeso davanti a tutta la stampa io non ho detto che nella vita c´ha una cosa e non deve essere per carità, non è che lui è obbligato, però voglio dire pure una coscienza di una persona di quella età che dice un ragazzo con tutta la vita davanti, cazzo gli do una mano».
E più avanti Angela Devenuto affonda.
N: «Ma se lui dopo Giampaolo, si è fatto arrivare in casa minorenni, ma vogliamo parlarne, ma perché il problema era Giampaolo».
LE DIGHE IN ALBANIA
Nei suoi affari Lavitola si muove ostentando grande influenza con il premier Berlusconi. Il 26 giugno conversa con un tale Roberto Guercio che gli chiede di attivarsi presso Berlusconi per un intervento sul presidente albanese Berisha.
R: «Walter.. allora serve che il presidente chiami Berisha e gli dica che vado lì a parlare per la questione delle dighe.. io ho trovato iso..».
V: «E vabbe´, questo…questo.. che tempi di urgenza c´ha?».
R: «Ma.. io pri.. prima ci vado e meglio è perché ho trovato i soldi e devo sistema´…».
V: «L´ho capito fratello mio, ma in questi giorni non è la cosa più facile da fare».
R: «No ma a me basta una telefonata sua o.. di qualcuno da presidenza che gli dice che vado lì per trattare questa cosa con una certa autorevolezza …, basterebbe pure Frattini forse…..».
V: «Ma voglio di.. ma secondo te avendoci tu già preso i contatti, non possiamo fare il contatto, non possiamo fare al contrario che tu ci vai e poi dopo facciamo chiamare da Berlusconi?».
R: «E vabbe´ ma come… il problema è che non abbiamo più il gancio lì per fa …. cioè che faccio gli telefono io da qua e ce vado..».
V: «C´è…».
R: «un minimo di cosa no?».
V: «Uh… e non lo so, io in questo momento non me la sento di chiama´ a Berlusconi e dirgli sta cosa almeno per qualche giorno, finche´ non si chiarisce tutto sto fatto».
R: «Vabbe´….».
V: «Secondo me, almeno…io dico una cosa, siccome noi siamo in grado sicuramente di far poi chiamare Berlusconi al 100%…io dico una cosa.. chiamalo, siccome tu ci sei già andato, lui ti ha ringraziato…tu chiamalo da parte di Berlusconi. Tu gli dici il presidente Berlusconi mi ha autorizzato a chiamare direttamente e chiede l´appuntamento.. tanto ho detto visti i rapporti che ci stanno mi potevo permettere».
“FAR DIMETTERE LETTA”
Il 5 luglio, discutendo con un non meglio identificato Roberto, che parla da un telefono intestato a Finmeccanica, Lavitola discute della situazione politica e del caso P4.
Lavitola: «Questo è un problema interno con Letta e che il casino grosso è fra Letta e Tremonti e una volta che si sono neutralizzati Letta e Tremonti i problemi non ci saranno più. Ci saranno altri pretendenti, ci saranno delle altre cose, ma il problema lì sono le mazzette».
Roberto: «Hai sentito che hanno pizzicato D´Alema».
Lavitola conferma ed aggiunge che «quella di D´Alema è un caso e che togliendo le sue manie di protagonismo questa è una cosa che ha innescato quello scemo di Marco Milanese (deputato del Pdl indagato a Napoli n.d.r.) contro di me, con quello scemo di Bisignani a Napoli e l´hanno fatta partire così, tant´è che all´inizio dell´indagine c´era solo lui (Lavitola) e siccome a loro è piaciuto fare casino lui lo ha fatto». Quindi aggiunge: «Vediamo che succede al tribunale del riesame, se il tribunale mi concede il fatto che hanno fatto associazione per delinquere (come poi accaduto, la parola passa ora alla Corte di Cassazione n.d.r.) e trasferisce in carcere Bisignani, Bisignani deve per forza raccontare cose di Letta, di Balducci e viene fuori l´ira di Dio».
Lavitola: «E a questo punto Berlusconi lo sa no? E quindi il discorso è non difendere a Letta ma farlo dimettere, io non ci riesco ma se ci riesco con me in Italia si mettono paura pure di guardarmi».
La Repubblica 03.09.11